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Vangelo e riflessione

Che fa Dio per consolarci? | Vangelo del giorno, 17 novembre

By 13 Novembre, 2024No Comments


Vangelo secondo San Marco 13,24-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
»Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Che fa Dio per consolarci?

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 17 novembre 2024 | XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

Daniele 12, 1-3; Lettera Ebrei 10, 11-14.18; Marco 13, 24-32

Una delle peggiori frasi che si possa dire ad una persona che soffre un dolore spaventoso e prolungato, o che improvvisamente si indebolisce, è: Non preoccuparti, presto tornerai a star bene.  

Il problema non sono le parole, ciò che succede è che devono essere accompagnate da altri segni, per esempio, il viso fiducioso di un medico, o un’analisi che dia speranze sulla sua salute. O forse la sicurezza che qualcuno la seguirà incondizionatamente al suo fianco, sia se la situazione migliora o se arriva alla fine della vita, lentamente o rapidamente.

Questo accadde al ladrone crocifisso vicino a Gesù; quando Cristo constatò la fede che quel delinquente metteva in Lui, gli rispose con un gesto di affetto che non possiamo immaginare e gli assicurò che avrebbe continuato a stare con lui (non che “si sarebbe ricordato di lui”) senza limiti, oltre la morte.

Nel Vangelo di oggi, Cristo ci dà la consolazione dell’eternità che ci attende, ma non ammorbidisce le sue parole, annunciando guerre, terremoti, tribolazione e persecuzioni, come preludio della fine del mondo. Più di una persona, in questi mesi di conflitti mondiali generalizzati e di catastrofi naturali, si domanda se tutto questo non sarà il segnale di quello che annuncia il Vangelo.

È inutile discutere su questo tema, perché Cristo aggiunge che, in quanto al giorno e all’ora, nessuno lo sa, nemmeno gli angeli del cielo, né il Figlio, ma solo il Padre. Questo è qualcosa che può sembrare sorprendente (non si suppone che ci sia una comunicazione perfetta tra Cristo ed il Padre?), ma la nostra povera logica umana non mette in primo luogo il messaggio più importante di questa frase: Non abbiamo bisogno di soddisfare la nostra curiosità, neanche la più legittima, per essere fedeli a quello che andiamo scoprendo della volontà divina per la nostra vita personale.

Perciò, e per consolarci, Cristo invia sempre lo Spirito in mille modi al fine di dare la fortezza a chi ha fede. Come fece con Perpetua e Felicita, una nobile romana e la sua domestica, martiri a Roma nel secolo III. Felicita gridava di dolore mentre partoriva in prigione. Il carceriere la ridicolizzò crudelmente: Se ora senti dolore, come sarà quando ti getteranno alle fiere? Felicita rispose: Allora sarà differente. Egli starà in me.

Nel racconto della morte di Perpetua si dice che entrò nell’arena del colosseo come vera sposa di Cristo, svergognando col suo sguardo  tutti quelli che la guardavano. Si rivolse al procuratore che presiedeva il tribunale: Tu ci giudichi noi, ma Dio giudicherà te. Gettate ai leoni e prima di essere sgozzate, si diedero il segno cristiano della pace.

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Nel nostro caso, anche se probabilmente non abbiamo bisogno di essere fortificati per essere divorati dai leoni, per noi quali sono i segni che accompagnano le parole di Cristo, la promessa che fa oggi di “riunire i suoi eletti”?  Potremmo rispondere che Dio pone nel nostro cuore sapienza, fortezza e buone intenzioni, ma il segno più intimo, la prova più contundente che ci permette di assaporare qualcosa dell’eternità che ci aspetta, è l’intima presenza delle Persone Divine.  

Alcuni possono pensare che questo sia qualcosa di astratto, perfino illusorio, ma lo stesso Cristo lo ha espresso così per farci comprendere che si tratta di qualcosa che si realizza ora; come ci dice il Vangelo di oggi: Non passerà questa generazione fino a che tutto questo succeda. Come molti studiosi della Bibbia hanno suggerito, Cristo sta parlando tanto della sua venuta finale come del suo permanente arrivo nei nostri cuori, ieri, oggi, sempre.

Questa presenza divina in noi è tanto chiara che, perfino le persone che dichiarano il loro ateismo o la loro incapacità di arrivare a Dio, hanno un modo di pregare che è a volte paradossale, come l’insulto, o la supplica “ad un Dio che non credono che esista”. Un esempio famoso è il filosofo e scrittore spagnolo Miguel de Unamuno (1864-1936), che scrisse un poema intitolato L’orazione dell’Ateo, nel quale dice:

                                               Soffro a tue spese,

               Dio che non esisti, perché se Tu esistessi

                                              Esisterei davvero anch’io

In realtà, come accadde a San Paolo, la presenza di Dio è tanto vigorosa che si trasforma nella vera esistenza della persona: “… non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me….” (Gal 2, 20). La sua presenza è tanto potente da travolgere le nostre convinzioni, le nostre preferenze ed il potere delle passioni.

Questa è la liberazione dal peccato. Abbiamo paura e dubbi, soffriamo la tentazione, cadiamo frequentemente… ma contemporaneamente sentiamo che se ci neghiamo alla vita di servizio, alla croce che Cristo ci offre, tutto perde il suo senso: il dolore, il successo, le gioie, lo sforzo…di questo, tristemente, abbiamo esperienza anche quando siamo infedeli e ci troviamo, come dice la Prima Lettura, assaggiando qualcosa di quello che è l’ignominia ed il disprezzo eterno.

Se in realtà ci lasciamo incendiare (che espressione tanto azzeccata di Cristo in Lc 12, 49!) sentiremo la consolazione di cui abbiamo bisogno e la contageremo a tutti. Essere incendiato è molto di più che essere illuminato…

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Ritornando al geniale Unamuno, nel 1900 pubblicò sul quotidiano un breve racconto intitolato la Benda, una storia su una donna che era stata cieca e, in modo inaspettato per tutti, viene curata da un medico con un intervento portentoso. Ma lei rifiutava di servirsi della vista e copriva i suoi occhi con una benda, continuando ad utilizzare un bastone per camminare per le strade con abilità ineguagliabile.

Un giorno, le comunicarono che suo padre stava per morire e si precipitò, sempre col suo bastone e la sua benda, fino alla casa paterna.

La famiglia le diceva:

Ma non vuoi vedere tuo padre? Per la prima, forse per l’ultima volta..… 

Ed ella rispose:

Io voglio vederlo… ma mio padre… il mio…,  colui che nutrì di baci le mie tenebre, è proprio perchè voglio vederlo che non mi tolgo dagli occhi la benda… 

Non aveva bisogno dell’informazione che ora potevano offrirle i suoi occhi; conosceva il suo amato padre in un altro modo, più intimo, più significativo, come “colui che nutrì di baci le sue tenebre”, colui che veramente seppe consolarla con la sua presenza.

È un racconto che ci ricorda come il discepolo di Cristo, l’autentico aspirante ad essere apostolo, non ha bisogno di condizioni ideali, o di qualità prodigiose per servire il prossimo; gli basta semplicemente sentirsi figlio.

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L’immagine del fico non rappresenta un annuncio fatidico, bensì tutto il contrario. Qui non si  sta parlando di punizioni, né di distruzione. L’agricoltore sa vedere in molti segni la promessa di un frutto, di un’occasione che non deve essere sprecata. Si tratta di un invito ad essere preparato per raccogliere il meglio che la Natura offre. Nel nostro caso, la presenza di Dio nelle nostre vite spinge noi – coloro che hanno molta o poca fede – a nuove opere di misericordia, all’unico che veramente cambia il mondo, nonostante tutte le calamità che non possiamo cancellare intorno a noi.

In questo senso, possiamo capire la Prima Lettura quando si riferisce all’annuncio dell’arrivo dell’angelo Michele. Nel linguaggio della Bibbia, gli “angeli” non erano sempre  gli spiriti puri, quelle creature che accompagnano Dio e hanno missioni specifiche, compreso l’accompagnamento degli esseri umani, com’è il caso di quelli che chiamiamo angeli custodi. Per esempio, San Michele era il nome dato all’angelo custode d’Israele.

In senso più ampio, un angelo è chiunque prepara la strada e protegge  chi cerca di servire Dio ed il regno dei cieli. Per questo motivo, il Vangelo di San Marco parla così di San Giovanni Battista: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada (Mc 1, 2).

I segni che sono rappresentati dal fico non sono solo quelli che la natura ci offre, ma in modo particolare la vita del nostro prossimo. Da ogni essere umano dobbiamo imparare qualcosa di prezioso per il nostro cammino spirituale. Evidentemente, la vita di coloro che chiamiamo santi ci avvicina a Cristo, come fece esemplarmente il Battista. Ma  quelli che contempliamo, facendo qualche tipo di bene o commettendo azioni mediocri, volgari o depravate, anche quelli ci parlano di Dio e ci confermano che possiamo farci sensibili alla sua continua chiamata o, al contrario, andare perdendo la sensibilità alla voce divina.

Questo spiega che, perfino i segni diabolici, – quelle orme del diavolo, che tenta di mettere a fuoco la nostra attenzione sulla nostra fragilità e a dare valore assoluto alle nostre difficoltà, – possono avere un valore purificativo per nulla disprezzabile.

Per questo motivo, non come semplice ironia, bensì per la sua paradossale utilità nella nostra vita spirituale, il diavolo in certe occasioni viene chiamato “angelo di luce” (2Cor 11, 14), mostrando come certamente i piani divini non possono essere minacciati dal maligno.

Ricordiamo come le religioni più importanti hanno intuito questa lotta tra alcuni esseri malvagi e gli angeli che Dio invia in nostro aiuto. Oggigiorno, non è frequente parlare del diavolo, sicuramente per un’ignoranza della sua vera natura e della sua influenza nella nostra vita spirituale. Nel nostro mondo cristiano, gli artisti di tutte le epoche non si sono sbagliati rappresentando proprio l’arcangelo San Michele, in molti modi, come un guerriero che abbatte il diavolo.

Per tutto ciò, non dobbiamo leggere testi come la Prima Lettura ed il Vangelo di oggi, con l’arroganza e la presunzione che “quelle cose” si riferiscono ad altri tempi. Il mondo passerà, ma le parole di Dio non passeranno, ci ricorda oggi il Maestro.

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus

Presidente