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Santo

Sant’Alonso de Orozco, 19 settembre

By 18 Settembre, 2024No Comments

“Religioso agostiniano spagnolo. Una figura unica del secolo XVI. Grande apostolo, predicatore e scrittore. Benefattore dei poveri, stimato dalle grandi personalità della sua epoca”.

Lasciò un’incancellabile impronta nella Madrid del secolo XVI come insigne predicatore ed instancabile apostolo. Nacque il 17 ottobre 1500 a Oropesa, località toledana integrata nella diocesi di Avila (Spagna), e del cui castello era governatore suo padre, Hernando de Orozco. Doveva il suo nome ad una profonda convinzione di sua madre che, trovandosi incinta e pensando come chiamare il figlio che attendeva, sentì che la Vergine Maria le suggeriva il nome di Alonso in onore di san Ildefonso, dato che desiderava che il bambino fosse il suo “cappellano”. I suoi tre fratelli abbracciarono, come lui, la vita religiosa. Anche la sua infanzia si caratterizzò per il suo amore a Dio e la chiara volontà di consacrargli la sua vita.

Frequentò studi elementari a Talavera de la Reina, dove fu chierichetto, e a Toledo della cui cattedrale fu “seise” (bambino di coro). In questa epoca nacque la sua inclinazione per la musica e non perse mai la sua predilezione per essa. Gli studi universitari li realizzò a Salamanca. La sua intenzione era frequentare legge come suo fratello Francesco ed assecondandola entrò nel convento degli eremiti di Sant’Agostino, un luogo che avevano nobilitato con la loro virtù venerabili ed insigni figure, tra gli altri: san Giovanni de Sahagún e san Tommaso de Villanueva. Alonso prese l’abito dalle mani di quest’ultimo nel 1523.

Dopo essere stato ordinato sacerdote, completò i suoi studi nell’università di Salamanca, ma il suo cammino non avrebbe seguito il versante accademico, bensì la via della predicazione che gli affidarono, prestigioso ministero nell’epoca. Non si destinava chiunque per questa missione poiché richiedeva una solida formazione, oltre ad alcune qualità per l’oratoria che non erano alla portata di tutti. Orbene, non era solo questione di talento o condizioni; era un tema di virtù. Siccome Alonso la possedeva, Dio gli diede la grazia di arrivare al cuore delle genti di diversa provenienza, ed ottenere innumerevoli conversioni attraverso le sue parole e le azioni apostoliche che lo resero molto popolare. Per lui era lo stesso stare con la corte e la nobiltà, frequentando già scrittori immortali come Quevedo e Lope de Vega, che farsi in quattro nel popolo. Erano le genti umili e semplici che si sentivano identificate per la testimonianza della sua vita austera e la sua ardente carità con i malati, gli abbandonati ed i reclusi.

Donna Giovanna, figlia di Carlo V, l’ammirava profondamente per averlo ascoltato predicare a Valladolid; l’accolse come predicatore reale, missione ratificata da suo padre nel 1554 e da Filippo II. Ma prima di impregnare Madrid, Alonso aveva già svolto l’incarico di priore dei conventi di Medina, Soria, Siviglia, Granada e Valladolid. Inoltre, fu visitatore dell’Andalusia e definitore provinciale. Un’artrite gottosa frustrò il suo anelito di evangelizzare ed ottenere la palma del martirio in Messico; aveva già intrapreso la strada, ma arrivato alle Canarie si vide obbligato a ritornare al convento.

Nel 1561, quando Filippo II lo chiamò a Madrid, aveva già una lunga carriera come religioso e come scrittore, perché trovandosi a Siviglia nel 1542 aveva sentito che la Vergine lo sollecitava a farlo: “scrivi!”, gli disse. E dalla sua penna sorsero numerosi trattati di spiritualità, libri, sermoni, opere poetiche ed una notevole corrispondenza. Di modo che, tra la sua capacità come predicatore per elevare il cuore delle genti a Dio, le sue doti musicali (suonava il clavicordo), che erano acclamate da spiriti scelti, e la sua ingente produzione letteraria, incorniciate dalla sua virtù, amore per la preghiera e devozione per l’Eucaristia e per Maria che erano il centro della sua vita, si comprende l’attesa con la quale si accoglieva la sua parola e l’affetto del popolo semplice che lo chiamava “il santo di San Filippo”, alludendo al nome del convento madrileno nel quale viveva.

Quelli che a lui ricorrevano ignoravano la battaglia interiore che stava combattendo. Per trent’anni soffrì alcuni scrupoli tali che cessavano solo durante la confessione e la celebrazione della Santa Messa. In una tappa della sua vita dovette lottare per difendere la sua vocazione sentendosi attratto dal mondo, ad ascoltare la chiamata dell’amore umano e dovere accettare le difficoltà del giorno dopo giorno dentro la vita religiosa. “Oh quante volte fui determinato a lasciare la vita santa che avevo cominciato!”, confessò dopo. In particolare, gli costò sempre dovere accogliere per obbedienza le missioni di governo che gli affidarono: “Se a volte, avendolo ordinato i vostri ministri, sentii dispiacere nell’accettare […], infine, litigando con la mia volontà, mi sottomettevo al giogo dell’obbedienza, nella quale Voi, bontà infinita, mi foste sempre favorevole, per fortuna trovavo nuove forze dove non pensavo”. Tutto superò con una insistente preghiera, mortificazione e vivenza della radicalità evangelica. Dalla sua intensa preghiera estrasse la sapienza che versava nei suoi numerosi testi.

Nel 1570 fondò il convento delle agostiniane della Maddalena di Madrid, nel 1576 quello delle agostiniane e degli agostiniani di Talavera, e nel 1588 quello delle agostiniane della Visitazione, anche a Madrid. Sempre preoccupato per la santità di tutti, e sapendo la portata che ha la missione sacerdotale, diceva ai presbiteri: “non vi ingannate dicendo non mi sento devoto per celebrare, perché è come dire che arda la lampada senza gettare olio o fuoco senza legna. Il santo David dice che i carboni freddi sono accesi alla presenza di questo santissimo fuoco. Andiamo dunque a lui; che se deboli siamo, egli è la nostra forza; e se peccatori, egli è la nostra salute e rimedio; e se tiepidi, egli stesso si chiamò fuoco bruciante per la sua immensa carità ed amore”. A 90 anni, risiedendo insieme ad un gruppo di agostiniani nella casa di Donna Maria dell’Aragona, si ammalò gravemente. Lì lo andarono a visitare Filippo II, Isabella Chiara Eugenia ed il cardinale Quiroga, tra gli altri. Morì il 19 settembre 1591.

Leone XIII lo beatificò il 15 gennaio 1882. Giovanni Paolo II lo canonizzò il 19 maggio 2002.

 

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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