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Santo

Sant’Alberto Magno, 15 novembre

By 14 Novembre, 2024No Comments

Acclamato vescovo, dottore della Chiesa e dottore universale. Uno dei più insigni maestri della teologia medievale. Patrono della Giornata Mondiale della Gioventù, della scienza e degli scienziati

Nacque nel 1206 nel castello di Lauingen (Baviera, Germania). Era figlio dei conti di Bollstädt che si trovavano al servizio del re Federico II. Aveva 16 anni quando iniziò gli studi universitari di diritto. Passò per Bologna e Venezia, e infine si fermò a Padova, dove risiedeva un suo zio. In quel momento la città era sede di una delle più prestigiose università. Fece provvista di una vasta preparazione con preferenza per le scienze naturali. Normalmente andava alla chiesa dei domenicani e nel 1223 conobbe il beato Giordano di Sassonia che era allora il secondo maestro generale dell’Ordine dei predicatori. L’inquieto giovane, profondamente commosso dalla testimonianza di vita e parola del beato, non dubitò di seguire l’appello di Cristo che sentì dentro di sé, e nel 1224 abbracciò questo carisma, insieme ad altri nove novizi, uno di essi figlio di un nobile, come era lui.

La commozione familiare che si scatenò al conoscere la notizia raggiunse quote preoccupanti. Suo padre, in particolare, era tanto infuriato che decise di applicare la forza, se necessario, per toglierlo dai frati mendicanti. Alberto non pensava di dubitare. Ma, in ogni caso, e con la più che probabile idea di evitare mali peggiori, i superiori lo trasferirono a Colonia. Lì diede lezioni nel 1228 e nel 1229; in questo ultimo anno prese l’abito. Per quell’epoca la collera paterna si era placata. Era un professore tanto brillante che i suoi allievi traboccavano dalle aule, tanto nella università di Colonia, come in quelle di Hildesheim, Friburgo, Ratisbona, Strasburgo, e alla Sorbona di Parigi, luoghi dove insegnò. Inoltre, a Parigi aveva studiato teologia. A volte, quando l’auditorio cresceva al punto di eccedere lo spazio dell’aula, si vide obbligato ad impartire le lezioni all’aperto. Il testo che aveva come basi era il “Liber Sententiarum”, di Pietro Lombardo. A Colonia, dove fu inviato nel 1248 per dirigere come rettore la nuova università avviata dai domenicani, ebbe come discepolo l’Aquinate, il suo più eccelso alunno, per il quale ebbe una predilezione. Cosciente del suo valore, fece notare: “Voi chiamate Tommaso ‘bue muto’, ma io vi dico che i muggiti di questo bue si ascolteranno in tutto il mondo.”     

Ma se notabili furono le qualità intellettuali di Alberto, insigne scienziato, teologo e filosofo, autore di numerose opere, le sue eccelse virtù non impallidivano davanti ad esse. Viveva pieno di gioia perché era un uomo di intensa e continua orazione. La sua penetrante analisi sulla scienza e la filosofia erano incarnate in essa, e per questo la sua magistrale esposizione infiammava i suoi infervorati seguaci. Lo si considera propulsore della scolastica. Ma non si lasciò tentare dalla vanagloria e, con spirito semplice ed umile elevò le sue suppliche a Dio: “Signore Gesù chiediamo il tuo aiuto per non lasciarci sedurre dalle vane parole tentatrici sulla nobiltà della famiglia, sul prestigio dell’Ordine, su quello che la scienza ha di attraente.”

Si lasciò guidare da questo sentimento di piena acquiescenza con la volontà divina: “Volere tutto quello che io voglio per gloria di Dio, come Dio vuole per la sua gloria tutto quello che egli vuole”. Emergeva per il suo amore all’Eucaristia e la sua devozione per Maria. Si racconta che nella sua gioventù, sperimentando grande difficoltà per lo studio, pensò di fuggire della scuola attraverso una scala che pendeva dalla parete. E la Vergine, andandogli incontro, gli offrì la sua protezione vaticinando quello che gli sarebbe successo alla fine dei suoi giorni: “Alberto, perché invece di fuggire dalla scuola, non preghi me che sono ‘Causa della Sapienza’?. Se hai fede e fiducia per me, io ti darò una memoria prodigiosa. Ed affinché tu sappia che sono stata io a concedertela, quando sarai sul punto di morire, dimenticherai tutto quello sapevi”. Ella era stata colei che aveva guidato i suoi passi all’Ordine domenicano. Gli dedicò il “Mariale”.

Nel 1254 fu designato provinciale della Germania e cominciò a percorrere a piedi il vasto territorio mentre mendicava. Il pontefice gli affidò diverse missioni e dovette combattere gravi tendenze ed abusi. Difese il diritto all’insegnamento degli “ordine mendicanti”, e fu incaricato di redigere il piano di studi per tutti i domenicani. Quando si accettò la sua rinuncia, si incentrò nello studio, la docenza e la scrittura. Nel 1260 fu nominato vescovo di Ratisbona, luogo dove intraprese la riforma del clero e sradicò le abitudini licenziose. Non ottenne che il papa Alessandro IV lo liberasse dall’incarico, ma lo fece Urbano IV chiedendogli di predicare la Crociata dal 1261 al 1263. Fu un grande pacificatore. Nel 1274 partecipò al Concilio di Lyon convocato da Gregorio X e, tra le altre cose, ebbe occasione di uscire a difesa dalle tesi del suo amato Tommaso d’Aquino tesi che erano state oggetto di critiche infondate.

Nel 1278, mentre impartiva lezione a Colonia, perse la memoria. E da quel momento si recluse nella sua cella, in orazione. Giornalmente andava alla tomba che si fece erigere per pregare la Messa dei defunti. Nel 1279 redasse il suo testamento. Morì serenamente il 15 novembre 1280, seduto al suo tavolo.

Fu beatificato nel 1622 da Gregorio XV, e canonizzato da Pio XI il 16 dicembre 1931 che lo proclamò dottore della Chiesa. Nel 1941 Pio XII lo dichiarò patrono degli scienziati. Ha ricevuto il titolo di “magnus” (grande) e di “dottore universale” per l’estensione del suo sapere che ingloba le discipline filosofico teologiche e quelle scientifiche.

Come segnalò Benedetto XVI, Alberto “ha ancora molto da insegnarci […] mostra che tra fede e scienza non c’è opposizione, nonostante alcuni episodi di incomprensione che si sono registrati nella storia […] ricorda che tra scienza e fede c’è amicizia, e che gli uomini di scienza possono percorrere, attraverso la loro vocazione allo studio della natura, un autentico ed affascinante percorso di santità.”

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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