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Santo

Santa Paolina dal Cuore Agonizzante Di Gesu’, 9 luglio

By 8 Luglio, 2024No Comments

“Era italiana, ma fu la prima canonizzata in Brasile, paese nel quale una moltitudine di poveri, anziani, schiavi e malati furono gratificati dalla sua carità. Fondò le Piccole Sorelle della Immacolata Concezione”

Una malata di cancro in fase terminale accolta da Amabile fu all’origine della fondazione delle Piccole Sorelle dell’Immacolata Concezione, creata da questa grande donna, nata il 16 dicembre 1865 a Vígolo Vattaro, (provincia di Trento, Italia) allora austriaco. La sua scarsissima formazione non era dovuta a brevità di mire. Al contrario. Ebbe la visione di creare la struttura precisa affinché i diseredati, mancanti di affetto, di salute e di risorse materiali, trovassero quanto necessario per sopravvivere con la massima dignità possibile.

Crebbe nel seno di una famiglia che si vide obbligata ad emigrare in Brasile insieme ad altri compatrioti. Cercavano una migliore qualità di vita, come legittimamente continuano a perseguire i milioni di persone che abbandonano il loro paese. Le centinaia di italiani che accompagnarono in questo forzato esilio la famiglia Wisenteiner portavano inchiodato nel cuore le profonde radici ereditate dai loro antenati. Quando nel 1876 si stabilirono nello stato brasiliano di Santa Caterina, a Nueva Trento, diedero alla nuova città il nome di Vígolo. Forse era un modo di perpetuare emotivamente gli indimenticabili legami che li avrebbero legati per sempre al luogo che li vide nascere. Allora Amabile aveva 10 anni, ed aveva già sperimentato nella sua terra quello che significa lavorare duramente in una fabbrica di seta; cominciò a 8 anni, un’età nella quale avrebbe dovuto giocare alle bambole. Neppure da dire che i suoi genitori non desideravano questo futuro per i loro figli.

Attorno ai 12 anni ricevette la prima comunione e, con essa, incominciò il suo itinerario spirituale. Innanzitutto collaborò nella parrocchia come catechista dei bambini, visitava i malati e si occupava anche di mantenere pulita la cappella. A ciò aggiungeva i compiti della casa che soddisfaceva aiutando sua madre. Ma questa morì in un parto difficile nel 1886, ed Amabile che pensava già alla vita religiosa, si trovò con l’enorme responsabilità di curare i suoi dodici fratelli; fu il loro punto di riferimento. Quando suo padre contrasse le seconde nozze ebbe via libera di compiere il suo anelito.

Nel 1890, insieme ad un’altra amica che normalmente visitava malati come lei, iniziò una vita in comune d’accordo col padre Rossi che assumeva la direzione spirituale di entrambe. Comprarono una casa a Nueva Trento e tracciarono un semplice programma spirituale. Fu lì dove accolsero ed assistettero la malata di cancro. Il gruppo di donne crebbe mosso dalla virtù che apprezzavano in Amabile, e lei e il padre Rossi giudicarono che era il momento di istituire una Congregazione. La fondazione fu accolta dal prelato di Curitiba, monsignor Camargo. Tre dei suoi membri, compresa la santa, professarono nel 1895 ed ella prese il nome religioso col quale sarebbe passata alla posterità.

Nel 1903 si trasferirono a Ipiranga, São Paulo. Da lì Amabile avrebbe dato impulso alla creazione di cinque province, riuscendo ad estendere la sua azione caritatevole a molti malati e poveri brasiliani. Quell’anno fu eletta superiora generale “ad vitam”. Ma sorsero gravi problemi interni dentro la Congregazione, e nel 1909 l’arcivescovo monsignor Duarte Leopoldo e Silva la convocò per annunciarle che era destituita. Il suo direttore spirituale, padre Rossi, narrò che in quell’istante ella “si inginocchiò… si umiliò… rispose che era totalmente disposta a consegnare la congregazione… si offriva spontaneamente per servire nella congregazione come suddita”. La risposta dell’arcivescovo fu: “Viva e muoia nella congregazione come suddita”. Il suo desiderio preferito era che Dio “fosse conosciuto, amato ed adorato da tutti in tutto il mondo”; insieme a lui la preoccupava la sopravvivenza della fondazione. Per ciò proseguì nascosta nella preghiera e nel lavoro, avvolgendo nell’Eucaristia le sofferenze. Nessuno nell’ospizio di San Vincenzo de Paoli in Bragança Paulista, São Paulo, dove fu destinata a lavorare con gli anziani ed i malati, poté conoscere la profondità dei suoi patimenti. La diffamazione e le mormorazioni non indebolirono la sua fede neppure di un apice. Neanche i suoi sforzi diminuirono. La sua ardente carità fu ricompensata con l’affetto, il rispetto e l’ammirazione di coloro che andavano conoscendola, molti dei quali erano debitori dei suoi gesti servizievoli, generosi.

Nel 1918, la superiora generale Vicência Teodora, d’accordo con l’arcivescovo Don Duarte, la trasferì a Ipiranga, alla casa madre. Il suo incarico fu assistere le religiose che si trovavano malate. Al di fuori di ciò passò il resto della sua vita senza notorietà alcuna, pregando, piena di fede e di fiducia in Dio, sostenuta dall’Eucaristia. Aveva una grande devozione per l’Immacolata e per san Giuseppe. In un’occasione confidò a padre Rossi: “La presenza di Dio mi è tanto intima che mi sembra impossibile perderla, e questa presenza dà alla mia anima un’allegria che non posso spiegare”.    

Era diabetica, e a partire dal 1938 la malattia cominciò a peggiorare dopo essersi leso un dito della mano quando tagliava legna. Si incancrenì e glielo amputarono, ma la necrosi continuava ad invadere il braccio ed in un secondo intervento chirurgico si dovette tagliare la mano. Non ci fu modo di mettere limite definitivo alla cancrena ed in una terza operazione sezionarono il suo braccio destro. Infine, rimase cieca. Il 12 Luglio 1940 redasse il suo testamento spirituale. Quello che diceva era frutto della sua esperienza: “Siate molto umili. Confidate sempre e molto nella Divina Provvidenza; mai, mai, dovete scoraggiarvi, anche se verranno venti contrari. Nuovamente vi dico: Confidate in Dio e in Maria Immacolata; mantenetevi fermi e avanti! “. Morì a Ipiranga il 9 Luglio 1942 dicendo: “Sia fatta la volontà di Dio”.

Giovanni Paolo II la beatificò il 18 ottobre 1991. Egli stesso la canonizzò il 19 maggio 2002.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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