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Santo

Santa María Rosa Molas y Vallvé, 11 giugno

By 10 Giugno, 2024No Comments

“Maestra di umanità la chiamò Paolo VI. Giovanni Paolo II commentò la sua figura ricordando che fu consolatrice dei poveri, datrice di pace. Valente e generosa fu anche fondatrice delle Sorelle di Nostra Signora della Consolazione”.

Paolo VI sintetizzò quello che diede di sé la vita di questa santa donna per tanti indifesi, riconoscendo in lei la sapienza divina che batteva nella sua eccelsa azione caritatevole. Fu, secondo le sue parole, “maestra di umanità, che visse la sfida umanizzante della civiltà dell’amore”. A sua volta, Giovanni Paolo II concretizzò il suo lavoro dicendo che: “consolava sostenendo la speranza dei poveri, difendendo la loro vita ed i loro diritti, curando le ferite del corpo e dell’anima; consolava lottando per la giustizia, costruendo la pace, promuovendo la donna; consolava con umiltà, con mansuetudine, con bontà e misericordia: consolava con la libertà dei figli di Dio che nulla temono.”

Nacque a Reus, Tarragona, Spagna, il 24 marzo 1815 nella transizione dal giovedì al venerdì Santo, un fatto sottolineato dal suo biografo che vide in ciò un segno anticipatorio di quello che sarebbe stato il suo divenire. I suoi genitori erano catalani, benché il capofamiglia avesse ascendenza andalusa; si guadagnavano da vivere come artigiani. Al loro fianco forgiò il suo carattere energico, tenace, sensibile, intuitivo e generoso; non le passavano inosservate la sofferenza di coloro che la circondavano. La prima comunione segnò l’inizio di una vita spirituale che sarebbe andata maturando progressivamente al punto di esclamare: “Chi arriva a provare quanto dolce è Dio non può smettere di camminare nella sua presenza.”     

A 16 anni decise di diventare religiosa. Suo padre, credente impegnato, non seppe vedere la portata della sua richiesta e le negò il permesso. La santa aspettò una decade. Trascorso quel tempo fece il passo definitivo, benché dovesse lasciare di nascosto la sua casa. Arrivò all’ospedale di Reus diretto dalla “Corporazione di Carità” e si integrò in essa. E carità ne offrì a fiumi, dando inequivocabile testimonianza di fede, mettendosi dalla parte dei deboli. Questa donna valorosa, quasi emulando l’eroina Agostina d’Aragona, quando nel giugno 1844 caddero le bombe su Reus non dubitò di attraversare la linea del fuoco insieme ad altre sorelle e di presentarsi davanti al generale Zurbano chiedendogli clemenza per la popolazione, richiesta che fu accolta. Cinque anni più tardi il municipio di Tortosa pensò all’idoneità delle religiose per gestire la Casa di Misericordia che attraversava un momento delicato. La servirono in quattro, capeggiate da Maria Teresa. Nuovamente ella brillò per il suo mirabile lavoro e zelo verso gli indifesi, anime frammentate senza riparo e con numerose carenze.

Prima di trovarsi in possesso del titolo di studio di magistero che ottenne nel 1852, diresse una scuola pubblica di bambine. Seguendo l’indicazione dei suoi superiori, frequentò gli studi in gran segreto. Quando il fatto diventò pubblico, ricaddero su lei le sanzioni pertinenti che culminarono con la sua separazione dal centro scolare. Paziente e generosa, non si lamentò, non albergò risentimento alcuno, né rimase colpita dalle numerose critiche ed attacchi che ricevette. Mise la sua esperienza al servizio degli altri dando luogo all’apertura di un lazzaretto. Nel 1852, essendo già professionista accreditata, diresse l’ospedale della Santa Croce. Carità e giustizia furono uguali nella sua vita. Si rifiutò di giurare davanti alla massima autorità locale per presupposti lesivi contro la Chiesa. Con coraggio difese le madri lattanti e i discriminati nei loro lavori. Non arretrò quando dovette affrontare un medico che pretendeva di utilizzare mostruosamente la scienza per esperimenti chirurgici con bambini abbandonati dai loro genitori; si espresse con tanta forza che riuscì ad impedire questo grave ed immorale sproposito.

Da quell’anno 1852 fu maturando un’idea che metteva ai piedi di Cristo. La corporazione alla quale apparteneva non era sotto l’autorità ecclesiale; era un tema che aveva trattato con la superiora senza trovare eco. Il fatto la inquietava perché voleva vivere sotto la protezione della Chiesa, e non vedeva che lo stava facendo. Allora cominciò una tappa di discernimento che portò alla sua orazione. Dopo avere realizzato diverse consultazioni, e benché le costasse molto la decisione, si separò dalle sorelle di Reus. Il 14 marzo 1857 sorgeva la fondazione della nuova congregazione. In quella data chiese l’ammissione delle tredici sorelle entranti “sotto l’obbedienza e direzione dell’autorità ecclesiastica diocesana”. Nel novembre dell’anno seguente, una volta che furono autorizzate, presero il nome di Sorelle di Nostra Signora della Consolazione. E così si completava un altro passo in più della vita di questa santa donna innamorata di Dio.

Quello “Sposo dolce” che teneramente chiamava anche “la mia dolcezza”, in numerose occasioni si “nascose”, e camminava avvolta nella nebbia dell’aridità, come è successo a tanti seguaci di Cristo. L’oscurità e il “silenzio di Dio” furono uno stimolo per vivere l’umiltà, la dimenticanza di sé e il rinnegamento eroico per amore a Lui e al prossimo, sentimenti che sintetizzò dicendo alle sue sorelle: “Tutto sia per la gloria di Dio. Tutto per il bene dei fratelli. Niente per noi”. Vedeva chiaramente che quello che si offre generosamente torna in benedizioni su sé stessi. Cioè che il soggetto di qualunque azione caritatevole è il primo che percepisce la sua ricchezza. Questa convinzione la trasmetteva alle sue figlie: “Il misericordioso fa bene a sé stesso”. Sperimentava la forza ed il potere che Dio concede a coloro che lo seguono con cuore sincero.

La coscienza della sua piccolezza era viva dentro di sé, ma sapeva che al di sopra predomina la volontà di Dio, che ha scelto di agire attraverso i suoi deboli figli. Per questo motivo diceva alle sue figlie, con la certezza che proviene dalla fede che a dispetto di essere insignificanti tutte potevano essere “strumenti della sua misericordia”. Morì l’11 giugno 1876 dopo avere sollecitato il permesso del suo confessore, dicendogli: “Mi lasci andare!”.

Paolo VI la beatificò l’8 maggio 1977. Giovanni Paolo II la canonizzò l’11 dicembre 1988.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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