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Santo

San Pasquale Baylon, 17 maggio

By 16 Maggio, 2024No Comments

“Patrono dei congressi eucaristici, perché visse innamorato dell’Eucarestia. Ricevette favori soprannaturali che furono visibili da altri. Non poteva evitare certe manifestazioni esterne della sua gioia spirituale che causavano sorpresa”.

Nacque il 16 maggio (qualcuno dice il 17) del 1540 nel giorno di Pentecoste (da lì il suo nome di Pasquale), nella località di Torrehermosa, Saragozza, Spagna. Fu il secondo di sei figli. I suoi genitori Martin ed Isabel erano umili agricoltori e non poterono finanziare i suoi studi. Per questo,  a 7 anni cominciò a lavorare come pastore, mestiere che mantenne fino ai 24 anni. Ma era furbo; fu autodidatta ed imparò a leggere unendo le lettere. Era allegro, parco di parole, rispettoso, sincero, umile e generoso, tra le altre virtù che risaltarono già durante la sua infanzia. Con una certa timidezza in alcuni momenti, come tutti i bambini fece le sue marachelle, benché quella che si ricorda sia relazionata con l’ideale religioso che avrebbe abbracciato. Nel corso di una visita ad un cugino che si trovava malato e che vestiva normalmente un abito, gli venne in mente di metterselo. Non era la prima volta che l’abito aveva richiamato l’attenzione, sentendo il desiderio di averne uno uguale e appena ebbe l’occasione lo prese.  Molto costò ai suoi far sì che lo restituisse, ma quando lo fece notò che da grande sarebbe diventato frate. Come tante persone aveva anche tendenze che, senza essere immorali, gli avrebbero potuto impedire di raggiungere la perfezione, ma le fu trasformando progressivamente.

Era di costituzione robusta e da bambino si sentì attratto per le penitenze. Non esistevano per lui “bugie pietose”, seppe scegliere il migliore boccone per gli altri, non si vergognò mai del suo umile saio, che preferiva rammendato piuttosto che nuovo, non tenne niente per sé, e cercò di compiere sempre la volontà di Dio prima della sua. Non può essere giudicato come puerile il suo gran senso della giustizia, bensì frutto della sua sensibilità spirituale. Così quando le pecore pascolavano in un campo altrui, col suo piccolo salario pagava il padrone per quello che avrebbero potuto consumare. Il padrone del bestiame che pascolò in Alconchel ebbe per lui grande affetto. Pensò perfino di farlo suo erede, ma Pasquale aveva deciso di essere frate ad ogni costo e rinunciò ai beni.

Uno dei suoi amici col quale condivideva lo stesso lavoro era Juan de Aparicio. Ambedue univano le loro preghiere per elevarli al Santissimo e alla Vergine intonando cantici mentre Pasquale suonava il rabel, uno strumento che egli stesso aveva fabbricato. Appena compiuti i 18 anni andò a lavorare a Monforte del Cid ed Elche, entrambe località di Alicante, dove conobbe i francescani alcantarini. Fu la prima volta che vide da vicino la vita religiosa. Ma continuò a curare le pecore. Si tratteneva col gregge in un posto dove potesse scorgere il campanile di qualche chiesa. Così fece con l’eremo di Nostra Signora de la Sierra en Alconchel, e quella di Nostra Signora di Loreto in Orito, al cui architrave normalmente andava di notte a pregare aspettando l’albeggiare del giorno per assistere alla messa. Il proprietario del bestiame che curava sapeva bene quello che significava per lui poter partecipare alla funzione durante la settimana. Perché la cosa peculiare di Pasquale fin dalla tenera età fu il suo straordinario amore per l’Eucaristia. Perfino trovandosi nel campo adorava il Santissimo.

In un’occasione, nell’istante della consacrazione annunciata dall’allegro scampanio di campane, i pastori che lavoravano vicino a lui lo sentirono dire: “Lì viene!, lì sta!”, mentre si gettava in ginocchio. Gli era stata concessa la grazia di vedere il Corpo di Cristo. Molti fatti straordinari gli accadevano. Non gli piaceva stare nella palestra, e tuttavia, sollecitato da una forza interna non poteva evitare certe manifestazioni esterne della sua gioia che, per essere inusuali, richiamavano l’attenzione di coloro che li vedevano. Inoltre, i favori soprannaturali che riceveva erano visibili da altri.

A 24 anni chiese di entrare nel convento dei Frati Minori di Orito, Valencia, benché lo mandarono a Elche dove si trovava la persona che doveva accoglierlo. Professò nel 1564 e fu trasferito ad Orito dove fu caritatevole. Poi fu destinato a Villarreal, Jumilla, Almansa, Valencia, tra le altre. In qualunque località che attraversava, trovò sempre un momento per visitare il Santissimo. Lo incaricarono di diversi compiti; fu portinaio, cuoco, incaricato e spazzino. Dormiva accoccolato contro la parete e gli piaceva sedersi accoccolato. Le difficoltà che si presentavano nella convivenza le risolveva con buon senso dell’umorismo e carità.

Non perdeva mai il tempo. Come aveva riempito le ore mentre esercitava il pascolo con preghiere, composizioni per Maria, la confezione di rosari o di qualche strumento musicale, nei piccoli istanti di vacanza che sorgevano nella vita conventuale lo si poteva vedere pregando e adorando l’Eucaristia con le braccia in croce. Cercava il modo di aiutare i sacerdoti a messa per essere più vicino al Santissimo, al quale dedicò bellissime preghiere, e proseguiva la sua adorazione durante la notte, arrivando alla cappella prima del resto della comunità.

Dovette andare a Parigi a consegnare una lettera al generale dell’Ordine, padre Cristobal di Cheffontaines, e nel tragitto difese con coraggio la fede nell’Eucaristia di fronte ai calvinisti che lo affrontarono e l’attaccarono. Sapeva appena leggere e scrivere, ma quando si trattava di parlare della presenza di Cristo nell’Eucaristia, non c’era chi lo battesse. Era capace di penetrare con profondità, acutezza e giudizio certo in questioni di indole teologica. Morì a Villarreal, Castellón, il 17 maggio del 1592, domenica di Pentecoste, ascoltando lo scampanio della campana che avvisava dell’elevazione dell’Eucaristia nella Santa Messa. Nel confermarlo, bisbigliò: “Ah che bel momento!”, ed il momento successivo rese la sua anima a Dio. Durante la funzione funebre la bara era aperta, e mentre l’officiante realizzava la doppia elevazione aprì e chiuse i suoi occhi in due occasioni. Gli sono stati attribuiti numerosi miracoli in vita e dopo morto.

Paolo V lo beatificò il 29 ottobre 1618. Ed Alessandro VIII lo canonizzò il 16 ottobre 1690. Leone XIII lo dichiarò patrono delle associazioni e congressi eucaristici.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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