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Santo

San Jose’ de Anchieta, 9 giugno

By 8 Giugno, 2024No Comments

“Apostolo del Brasile. Difensore dei diriti degli indios, portò avanti un lavoro apostolico mirabile. Autore di varie opere nelle lingue dei tupi e guarani ed è considerato iniziatore della storia letteraria brasiliana”.

Nacque il 19 marzo 1534 a San Cristobal de La Laguna, Tenerife, Spagna. Fu il terzo di una numerosa famiglia. Suo padre fu sindaco della città; era imparentato con san Ignazio di Loyola. A 15 anni inviarono José, insieme ad uno dei suoi fratelli, in Portogallo, dove studiò nella scuola di Artes, istituzione dell’università di Coimbra. Alcuni segnalano che su questa decisione poté avere influenza l’ascendenza ebrea di sua madre. Inviarlo lì si intenderebbe come una prevenzione per la sua vita, dato che in quel paese la temuta Inquisizione che faceva stragi in Spagna, non aveva la stessa rigidità. Il suo percorso accademica fu brillante. Si apprezzarono allora le sue singolari doti per la poesia. Fu un’epoca di cruciali decisioni cominciando dalla consacrazione della sua verginità davanti ad un’immagine di Maria.

Nel 1551, incoraggiato dalle notizie che san Francesco Saverio trasmetteva nelle sue lettere, si sentì chiamato alla vita missionaria e si legò alla Compagnia di Gesù. Ma soffriva per una severa scoliosi da quando era bambino e si aggravò con la missione che gli affidarono: aiutare i sacerdoti che officiavano la messa, più di una decina giornaliere. Tanto tempo in piedi andò aggravando la lesione e portò per tutta la vita dolori osteoarticolari. Benché non si lamentasse -portava solamente una fascia per un miglior sostegno-, alcuni commenti che ascoltò circa la sua indisposizione gli fecero temere che avrebbe potuto vedersi obbligato a lasciare il convento. Il provinciale Simón Rodríguez, compagno di san Ignazio, lo tranquillizzò; non aveva niente da temere. Alla fine, come egli desiderava, fu trasferito in Brasile insieme ad altri gesuiti.

Arrivò a Baia nel 1553 pieno di ardore apostolico, con l’anelito di portare la croce in quelle terre che amò in anticipo. Cristo benediceva quel segno del genuino missionario che parte con entusiasmo, pieno di fede. Tanto è vero che in alcuni mesi, vicino al provinciale Manuel di Lugubre, fondò Piratininga. Determinato ad evangelizzare gli indios, si stabilì con loro. Con l’aiuto del padre Auspicueta familiarizzò con la lingua dei tupi e guaranì. Accolse, come se fossero suoi, costumi e leggende. A sua volta, insegnò loro grammatica come faceva coi figli dai portoghesi. Fu pioniere, tanto nel notare una radice comune tra tutte le lingue che si parlavano, che denominò tupi, come nel dare alla luce una grammatica, un dizionario e un catechismo tupi-guaranì; non furono le sue uniche opere. Il versante pastorale era presente almeno in due testi: uno dedicato a confessori ed un altro dedicato all’assistenza di coloro che si trovano sul punto di morire. In uno dei suoi lavori incluse un insieme di sermoni e canti. Fu drammaturgo ed autore di manuali di medicina, fauna e flora. Aumentano il suo lavoro letterario, poesie e drammi in diverse lingue. E’ considerato iniziatore della storia letteraria del Brasile.

Si trasformò in grande difensore dei diritti degli indios ai quali diede tutto il suo aiuto. Nella festività di san Paolo del 1555 inaugurò la scuola che fece costruire. Fu l’origine della città di Sâo Paulo. Nel 1563 fu designato ambasciatore di pace tra i portoghesi ed i Tamoyos. Era un popolo pericoloso che praticava l’antropofagia e lo tenne come ostaggio per cinque mesi nel villaggio di Iperoig. Insegnò loro il vangelo senza smettere di raccomandarsi insistentemente a Dio ed a Maria nel cui onore scriveva sulla sabbia – e registrava nella sua memoria – un esteso poema latino, edito nel 1663 a Lisbona. Mentre arrivava la pace, minacciarono di ucciderlo in varie occasioni. Ma egli diceva: “Io so che non mi ucciderete perché non è arrivato ancora il tempo della mia morte”. alla fine, vedendo i prodigi che realizzò, fu molto stimato dalla tribù. Nel 1565 fu ordinato sacerdote. Quell’anno, insieme a Nóbrega, mise le fondamenta della fondazione di Rio de Janeiro.

Per una decade fu rettore della scuola di San Vincenzo, ed in questo tempo non solo predicò i portoghesi con gran frutto, ma si incaricò anche di evangelizzare i vicini indios Tapuyas, una tribù difficile e feroce. Il suo intenso apostolato con gli indios si svolse tra le colonie portoghesi di Rio e di Espiritu Santo. Il dominio della lingua, la sua valentia e l’amore che professava per quei popoli, che alfabetizzò e a cui insegnò diverse arti guarendoli umanamente e spiritualmente, fu mirabile ed eroico. Affrontò situazioni difficili, piene di angoscia ed altamente pericolose. Transitando con un fratello coi piedi scalzi per un pantano, commentò: “Alcuni desiderano che la morte li sorprenda in varie parti o scuole, secondo l’affetto di ognuno, per passare quell’ultimo momento con maggiore coraggio e consolazione, aiutati della carità dei loro fratelli; ma io dico che non c’è genere di morte migliore che lasciare la vita allagata tra il fango e l’acqua di queste lagune, camminando per obbedienza e per il bene dei nostri prossimi.”   

Il suo lavoro come provinciale si caratterizzò per il trattamento caritatevole e delicato che dispensò a tutti. Si muoveva con tanta rapidità per visitare i fratelli, specialmente se doveva ristabilire la pace tra alcuni che si è visto in ciò un fatto miracoloso. Fu un uomo di profonda orazione; a volte perfino mentre mangiava rimaneva tanto preso dalla presenza di Dio che si dimenticava del cibo. Fu un maestro della povertà e dell’obbedienza, servizievole, umile ed instancabile lavoratore, molto devoto della Passione di Cristo. Ricevette vari carismi e doni, tra gli altri quello dell’estasi e della profezia. Alla fine gli suggerirono di scegliere un posto per il suo ritiro. Lo ricusò. Era andato in missione in Brasile e lì voleva morire. Partì per Reritiba nel 1587 insieme al padre Guarapari, e traendo forze dalla debolezza continuò evangelizzando gli indios. Aveva debolezza per i malati. Una notte si alzò per assistere uno di essi, e soffrì una caduta. La sua salute si andò aggravando per sei mesi e morì il 9 giugno 1597, come egli stesso vaticinò. In onore del santo, Reritiba modificò il suo nome prendendo quello di Anchieta che mantiene attualmente.

Giovanni Paolo II lo beatificò il 22 giugno 1980. Francesco lo canonizzò il 3 aprile 2014.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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