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Santo

San Ignazio Da Laconi, 11 maggio

By 10 Maggio, 2024No Comments

“Il padre santo, così era conosciuto questo virtuoso frate laico cappuccino, originario della Sardegna, che superò la sua debole salute, mettendosi sotto la protezione di Maria. Fu gratificato con numerosi doni, in particolare, quello dei miracoli”.

Questo umile laico che fu un modello di virtù, nacque a Láconi, Sardegna, il 18 dicembre 1701. Era il secondo di nove fratelli. Crebbero in una casa priva di risorse materiali, ma di grande ricchezza spirituale. Nel battesimo gli imposero tre nomi: Francesco, Ignazio e Vincenzo, prevalendo questo ultimo nella sua famiglia. Dal cielo piovvero attraverso di lui, un tale cumulo di grazie che, come hanno detto alcuni dei suoi biografi, si trasformarono anche nel suo martirio in vita, e “disturbo” dopo la sua morte per il riconoscimento della sua santità. Sua madre, devotissima di san Francesco, gli narrava la sua biografia e i miracoli, e Vincenzo si entusiasmava, facendo i suoi primi passi per imitarlo. Una volta di più, gli insegnamenti materni erano la via sicura per incoraggiare il cammino di una grande vocazione. Questo figlio che l’ascoltava imbambolato evidenziando la sensibilità e tenerezza per la cosa divina non lasciava nessuno indifferente. Richiamava l’attenzione non solo della sua famiglia ma anche del vicinato. Lo conoscevano svisceratamente come “il santarello”. Questa aureola di virtù l’avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Suo padre era agricoltore e pastore, ed egli seguì le sue orme. La preghiera ed il digiuno che realizzava erano tanto intensi che il suo organismo ne soffrì e nel suo ambiente si allarmarono perché era di costituzione debole e malaticcia.

All’inizio della sua gioventù ipotizzò la vita religiosa, ma era indeciso e lasciò da parte l’idea. Tuttavia, a 17 anni ebbe una grave malattia che quasi gli costò la vita, e promise a Dio che se fosse guarito sarebbe entrato nell’Ordine cappuccino. Recuperò la salute, e per due anni dimenticò la sua promessa. Fino a che un giorno il suo cavallo si impennò, ed alterato alzò la voce chiedendo soccorso a Dio, rinnovando allo stesso tempo l’impegno, che questa volta fu definitivo. Aveva 20 anni ed un aspetto tanto malato che il provinciale non volle ammetterlo pensando che non avrebbe sopportato la durezza della vita conventuale. Vincenzo non si scoraggiò. Con la mediazione dei suoi genitori ottenne la raccomandazione del marchese di Láconi, e nel 1721 si integrò nella comunità di San Benedetto, di Cagliari, realizzandosi così il suo desiderio.

Il noviziato richiedeva tempra, certamente. Ma egli sapeva già quello che erano il digiuno e la penitenza. Orbene, prese con tanto brio le mortificazioni che fu sul punto di cadere svenuto. Non aveva misurato adeguatamente le sue forze e ricorse a Maria: “Madre mia, aiutami, che non ce la faccio più”. Ella l’accolse e lo sollecitò a proseguire con rinnovato impeto: “Coraggio, frate Ignazio; ricordati della passione dolorosa di mio Figlio divino; ed anche tu porta la tua croce con pazienza”. Il fatto fu che in sessanta anni di consacrazione non tornò a sperimentare tale fatica. Emise i voti nel 1722 e continuò a progredire nell’amore a base di orazione continua, silenzio e vivenza delle virtù evangeliche. Nel suo giorno per giorno non ebbe fatti straordinari, ma si distinse per la sua eroicità nella perfezione, cercando l’unione con Dio. Viveva meravigliosamente la povertà. Tanto distaccato era da tutto che si vedeva perfino nel penoso stato dell’abito e dei suoi malconci sandali che gli provocavano sanguinanti ferite nei talloni.

Passò per vari conventi ed alla fine fu trasferito a quello di Buoncammino, a Cagliari. Era stato prima cuoco, ed in questo ultimo luogo cominciò lavorando al telaio, fino a che i superiori gli raccomandarono il lavoro di elemosiniere, collettore di alimenti e fornitore delle necessità materiali della comunità. La gente lo stimava perché vedevano in lui il vero discepolo di Cristo. Si mescolava con quelli che stavano nelle taverne e nelle piazze del porto mosso dall’affanno di soccorrere i poveri, ed aiutare tanti peccatori che si convertirono col suo esempio. Era paziente, grato, gentile; possedeva le qualità del buon elemosiniere. Con la sua prudenza conquistò l’anima di un ricco usuraio e prestatore che si sorprese che non gli chiedesse mai niente, non fermandosi mai davanti alla sua porta. Un giorno, quando il santo andò a casa del commerciante, come gli indicarono i suoi superiori, raccolse un carico di beni che lungo la strada si trasformarono in una massa sanguinolenta. Arrivando al convento, disse: “Vede, reverendo padre, vede il sangue dei poveri impastato coi furti e con l’usura di quell’uomo: queste sono le sue ricchezze… “. Conosciutosi il prodigio in città, lo speculatore si pentì della sua avarizia, si distaccò dai suoi beni e non commerciò più.

Ignazio cercava di nascondere le grazie che Dio gli concedeva con stratagemmi che, sicuramente, fecero sì che molti lo considerassero una specie di mago. A volte, ricorrendo perfino a rimedi naturali, faceva credere che le cure miracolose erano in realtà frutto delle ultime formule della medicina. In mezzo ai fatti soprannaturali che gli sono stati attribuiti, la sua vita, come quella di tutti i santi, fu impastata di intime rinunce; per la sua condotta quotidiana fu riconoscente come uomo di Dio. I cittadini di Cagliari lo denominarono “il padre santo”, una qualifica testimoniata dai suoi contemporanei. Giuseppe Fues, pastore protestante che risiedeva nell’isola, in una missiva inviata ad un amico tedesco gli diceva: “Vediamo tutti i giorni girare per la città chiedendo elemosina un santo vivente, il quale è un fratello laico cappuccino che si è guadagnato coi suoi miracoli la venerazione dei suoi compatrioti”.

Nel 1779 perse la vista e riempì la sua attività con l’orazione. Seppe in anticipo l’ora della sua morte, il che gli permise di dispensare i religiosi della loro presenza davanti al suo letto, pregandoli che andassero ai Vespri. Morì a 80 anni l’11 maggio 1781 con fama di santità tra le genti che l’avevano acclamato per le sue numerose virtù. I prodigi che tanto bene conoscevano, si moltiplicarono dopo la sua morte.

Pio XII lo beatificò il 16 giugno 1940, e lo canonizzò il 21 ottobre 1951.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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