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Santo

San Guglielmo Di Montevergine (Da Vercelli), 25 giugno

By 24 Giugno, 2024No Comments

“Abate. Fondatore di monasteri. Molto stimato dal Re normanno Ruggero II di Napoli. Un grande penitente che ricevette la grazia di attrarre moltitudini di persone; realizzò numerosi prodigi”.

Nacque a Vercelli, Italia, nel 1085. Procedeva da una famiglia piemontese di nobile ascendenza. Non poté godere dei suoi genitori perché lo lasciarono orfano molto presto; allora si fecero carico di lui alcuni parenti. La vita austera col suo sacrificio lo chiamava invitandolo ad intraprendere quella via quanto prima. Tanto lo spingeva che, ancora adolescente, con un tratto di maturità inusuale a quell’età, rinunciò all’eredità che gli corrispondeva e decise di andare in pellegrinaggio a Compostela; come tanti pellegrini voleva prostrarsi davanti alla tomba dell’apostolo Giacomo. Arrivare in Spagna in quell’epoca era tutta un’impresa, come egli constatò. Tuttavia, dovettero sembrargli una minuzia le difficoltà poiché, alle inclemenze meteorologiche e alle penalità della strada, aggiunse uno strumento di penitenza che cinse al suo collo per mortificarsi: due cerchi di ferro forgiati da un abile fabbro con una molla che gli permetteva di staccarsi da essi quando lo desiderava.

Più di un lustro tardò ad arrivare al suo destino. Un periodo che gli permise di approfondire l’amore di Dio, mantenendone la sua presenza costante nella mente, e di condividere le delizie dell’unione con Lui con le numerose persone che trovò lungo la strada. Progrediva nella sua vita ascetica e con essa andava incrementandosi la sua devozione e pietà, una simbiosi coronata dalla preghiera che aveva la sua espressione nel più completo abbandono. I piedi nudi, pane ed acqua come alimento, o, come molto, qualche verdura condita esclusivamente con aceto, ed il minimo riposo effettuato all’aperto; questo era tutto quello che si permetteva. E si fortificò, vedendo come si accresceva vertiginosamente l’anelito di dare se stesso per amore di Dio.

Dopo un periodo di tempo impreciso di permanenza in Spagna, ritornò in Italia. Allora si propose di intraprendere una nuova peregrinazione per arrivare in Terra Santa. Di passaggio percorse diversi luoghi dell’Italia. Normalmente si fermava nei templi delle città condividendo la devozione degli abitanti per i santi venerati in essi. A Taranto soffrì un grave contrattempo; fu attaccato da alcuni ladri. Il fatto che giudicò provvidenziale, gli fece comprendere che forse il suo destino era un altro. Mentre si riprendeva dall’assalto ebbe occasione di chiarirlo. Andò da san Giovanni di Matera che aveva fondato a Taranto una congregazione diretta dalla regola benedettina, e lo rese partecipe della sua inquietudine. Giovanni convenne con lui nella provvidenzialità di quell’episodio che sembrava nascondere un segno della volontà divina. Dopo qualche giorno Guglielmo decise di rinunciare al viaggio e rimanere in Italia. La decisione fu corroborata da una visione nella quale gli fu fatto vedere che sarebbe stato l’artefice di una nuova congregazione dedicata alla Vergine. Liberato da ogni dubbio, cercò il luogo più conveniente per dedicarsi alla meditazione adottando lo spirito del deserto.

Dopo avere convissuto vicino a san Giovanni di Matera, attraversò la Basilicata ed arrivò in Irpinia. Indietro lasciava una ben guadagnata fama che lo seguì anche per qualche prodigio realizzato a Monteserico e nel Sasso Barisano, vicino a Matera. Fuggiva da acclamazioni popolari; ma sarebbe stato uno dei segni che lo avrebbero sempre accompagnato. Dove arrivava, con la sua virtù attraeva le moltitudini. Quello che poi gli successe sul monte Partenio, benché lo scegliesse cercando la solitudine, rifugiandosi in una delle sue cime allo scopo di nascondersi in orazione e penitenza. Gli anni di permanenza in quel luogo non gli permisero di riuscire pienamente nel suo proposito. Era un’epoca fiorente per la vita eremitica, e non tardarono ad unirsi a lui nuovi aspiranti che integrarono la prima comunità. A questa si deve la costruzione della chiesa dedicata alla Vergine le cui opere terminarono nel 1124; da allora, il monte cominciò a denominarsi Montevergine.

Questo uomo austero, celebre anche per la sua forma di comparire in pubblico -provocante per la maggioranza- incatenato con catene e ceppi come un carcerato, aveva come modello Cristo Redentore; pensava agli atroci supplizi che soffrì per il genere umano. Dato che non lo spaventavano le penitenze di qualunque grado, la regola che diede ai suoi discepoli per seguirla giorno per giorno, impregnata da questo sentimento, e basata su quella di san Benedetto, non accontentò tutti. E quello che aveva fornito ai suoi, modelli chiari, semplici, ispirati nel vangelo, come i seguenti: “Sono dell’opinione, fratelli, che lavorando con le nostre mani ci guadagniamo il cibo ed il vestito per noi e per i poveri. Ma ciò non deve occupare tutto il giorno, poiché dobbiamo trovare tempo sufficiente per dedicarlo alla cura della preghiera con la quale ci guadagniamo la nostra salvezza e quella dei nostri fratelli”.

Guglielmo perseguiva la quiete richiesta per dialogare con Dio. Quattro anni più tardi abbandonò il Partenio e si diresse a Goleto. Lì creò un monastero per donne, seguite spiritualmente da uomini. Fu un’altra stazione di passaggio. A partire da lì, intraprese una costante peregrinazione per Irpinia, Sannio, Lucania, Puglia, dove, insieme a Giovanni di Matera, fondò Monte Laceno, e Sicilia. In tutti i posti rimaneva marcata l’impronta delle sue molte virtù. I monasteri che erigeva avevano la stessa regola. Una volta che erano in funzione li lasciava sotto la custodia di un priore, e si incamminava a realizzare una nuova fondazione; quello fu sempre il suo criterio.

Il re normanno Ruggero II di Napoli che riuscì unificare Sicilia, Calabria e Puglia, l’ebbe in grande stima; lo nominò consigliere. In ogni momento godé della sua protezione e generoso aiuto per le sue fondazioni, e Guglielmo si fece carico di altre che il monarca mise sotto la sua protezione. Morì in fama di santità a Goleto il 25 giugno 1142. Il suo culto fu approvato dalla Santa Sede nel 1728 e lo diffuse nella Chiesa nel 1785. Nel 1807 i suoi resti furono trasportati a Montevergine. Pio XII lo dichiarò patrono della Irpinia nel 1942.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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