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Santo

San Giovanni Della Croce, 14 dicembre

By 13 Dicembre, 2024No Comments

Figura unica, senza pari, dell’Ordine carmelitano. Grande asceta, mistico e poeta, insigne dottore della Chiesa Ammirato da credenti e non credenti. Giovanni Paolo II lo scelse per realizzare la sua tesi dottorale e lo dichiarò patrono dei poeti”

La mirabile esistenza di Giovanni de Yepes – questo eccezionale carmelitano, acclamato nel mondo intero, considerato con ogni proprietà “il più grande dei poeti di lingua castigliana” è un’eroica gesta d’amore a Dio dall’inizio fino alla fine. L’ascetica ha in lui uno degli illustri esempi di quello che significa la donazione genuina; è una delle figure più rappresentative della mistica che siano passate per questa sezione di ZENIT. Credette a piè pari che tutti coloro che offrono la loro vita per Cristo la salvano, e non arretrò, facendo della sua attività un mirabile compendio di rinunce e sacrifici fino a soffrire lo sdegno di alcuni dei suoi. Dio l’illuminò sempre, e, in particolare, nel momento più algido della sua oscurità.

I suoi genitori, Gonzalo de Yepes e Catalina Álvarez, tessitori di professione e residenti a Fontiveros (Avila, Spagna), ricevettero con gioia questo secondo dei tre figli che avrebbero composto la famiglia, quando nacque nel 1542. Suo padre e suo fratello soccombettero a causa della fame. Una grande e tragica scuola per il santo. Catalina, rimasta vedova, si trovò in una situazione economica di grande precarietà, e per tentare di superarla, si stabilì coi suoi figli prima ad Arévalo, Avila, e poi a Medina del Campo, Valladolid. Grazie alla carità altrui, Giovanni poté formarsi nella scuola dei Bambini della Dottrina, in cambio di prestare il suo aiuto nella messa, nei funerali, nei lavori, e nel chiedere elemosina. Nel 1551 la generosità di altre caritatevoli persone gli permise di continuare gli studi nella scuola dei gesuiti. Doveva fare uno spazio per lavorare nell’ospedale delle Pustole, dove si curavano i contagiati da malattie veneree, fino a che decise di diventare carmelitano. Se avesse continuato con i gesuiti possibilmente avrebbe avuto altre opzioni più vantaggiose per lui e per la sua famiglia, ma prese un’altra via, quella che era destinata per lui.

A 21 anni era stato un allievo esemplare ed aveva la base idonea per entrare nell’università di Salamanca. Era professo quando cominciò i suoi studi nel 1564. Lì contò su eccezionali professori della taglia di Francisco de Vitoria, frate Luís de Leon e più tardi Melchor Cano, tra altri, e tre anni dopo diventò un consumato diplomato nelle Arti. L’anno 1564 fu significativo nella sua vita. A parte l’essere stato prefetto di studenti, fu ordinato sacerdote e conobbe santa Teresa di Gesù. Era da anni che praticava severe mortificazioni corporali, iniziate quando era allievo dei gesuiti, ed entrando nell’Ordine carmelitano chiese il permesso di continuare a realizzarle. Uomo di intensa orazione, amava tanto la solitudine che, in un momento dato, non scartò il diventare certosino. Portava già inciso nel suo spirito la pregiata convinzione che ci ha trasmesso: “Alla sera ti esamineranno sull’amore; impara ad amare come Dio vuole essere amato e lascia la tua condizione”.

La santa di Avila che aveva sentito parlare della sua virtù, lo reclamò affinché l’aiutasse nella riforma carmelitana che pensava di portare a termine. Egli che aveva preso il nome di Giovanni di Mattia, lo cambiò allora in Giovanni della Croce. Molto impressionata conoscendolo, Teresa non ebbe dubbi che era davanti ad un santo. Egli l’accompagnò e furono uguali nell’eroica consegna ed ardore apostolico. Giovanni lasciò la scia del suo amore per Dio in Castiglia ed Andalusia, così come un futuro splendido a Salamanca che avrebbe accolto con gusto la sua sapienza. Fondò a Valladolid, Duruelo, Mancera e Pastrana, portando avanti incarichi di vice-priore e maestro di novizi. Fu rettore ad Alcalá de Henares, vicario e confessore delle carmelitane del monastero abulense dell’Incarnazione, a richiesta di santa Teresa, tra altre missioni rilevanti.

I suoi stessi fratelli si levarono contro lo zelo apostolico dal santo, resistendo ad una riforma che pretendeva solo di raggiungere una maggiore fedeltà al carisma. In un’impalcatura di segrete ambizioni e risentimenti, fu catturato e recluso in un minuscolo ed inospitale luogo per nove mesi, mantenendolo in inenarrabili e pessime condizioni. Soffrì in modo indicibile fisicamente e spiritualmente. La solitudine e l’oscurità nel suo spirito, combattuta con ferrea fiducia nella divina Provvidenza, furono il germe dell’incomparabile Cantico Spirituale. Ebbro d’amore divino tentava di condensare nel suo prodigioso verbo la passione che lo consumava: “Dove ti sei nascosto, Amato, sola qui gemente mi hai lasciata! Come il cervo fuggisti, dopo avermi ferita; gridando t’inseguii: eri sparito!…” Prevedendo una morte imminente, ricevette la consolazione del cielo e, con essa, la libertà, che ottenne fuggendo di notte, di nascosto, dai suoi guardiani: i suoi fratelli.

Rinforzato nella sua esperienza mistica e nella determinazione di far conoscere l’unico Dio Amore, si trasferì a Beas de Segura, Jaen, dove continuò ad aiutare le carmelitane. Lì intavolò una fraterna amicizia con la religiosa Anna di Gesù. Quindi fondò una scuola a Baeza, e proseguì il suo instancabile percorso a Granada e Cordova, dove stabilì un altro convento nel 1586. Tutto gli sembrava poco per darlo a Cristo. La sete di sofferenza per assomigliare a Lui ardeva dentro di sé: “Soffrire, Signore, ed essere disprezzato per Voi”. Vide realizzato questo anelito.

Dopo un nuovo convulso capitolo nel suo Ordine, mentre si trovava destinato a Segovia lo spogliarono dei suoi incarichi e l’esiliarono in Messico. Non riuscì a partire. Andò a La Peñuela verso l’Andalusia. Si ammalò e lo trasferirono ad Ubeda, dove fu trattato con impavida freddezza dal suo priore, essendo anche mal curato dal punto di vista medico. Di modo che questo grande mistico, poeta geniale di Dio, morì a 49 anni all’alba del 14 dicembre 1591. Continua a rimbombare l’eco del suo amore, insieme al “Cantico”, nel resto delle sue opere: la “Notte oscura, Fiamma di amore viva e Salita del Monte Carmelo”, tra le altre.

Clemente X lo beatificò il 25 gennaio 1675. Benedetto XIII lo canonizzò il 27 dicembre 1726. Pio XI lo dichiarò dottore della Chiesa nel 1926, e Giovanni Paolo II patrono dei poeti nel 1993.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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