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Santo

Sant’Enrique de Ossó y Cervelló, 27 gennaio

By 26 Gennaio, 2024Aprile 17th, 2024No Comments

“Fu influenzato dalla spiritualità di Teresa di Gesù. Si nota l’impronta di questa santa castigliana nelle opere che intraprese per contrastare l’indifferenza religiosa. Fece vita del motto: tutto per Gesù e per la sua gloria”.

 

Oggi festività di sant’Ángela Merici celebriamo anche la vita di questo santo. Era naturale di Vinebre (Tarragona, Spagna), dove nacque il 16 ottobre 1840. Sua madre che fu quella che desiderò vederlo sacerdote, non poté concretizzare il suo sogno; morì, vittima del colera, quando Enrico era adolescente.

Il padre considerava che, data la sua intelligenza ed altre qualità, doveva dedicarsi al commercio, come Jaime, il primogenito, ma non si oppose a che entrasse nel seminario di Tortosa. Crebbe preso dalle vite dei santi che il suo genitore gli narrava quando ambedue passeggiavano sulla sponda del fiume.     

Aveva confidato a sua madre che voleva essere maestro, ma in qualche modo il sacerdozio entrava già nei suoi piani; era molto vincolato alla parrocchia dall’infanzia. Essendo adolescente, e mentre un suo zio gli insegnava l’arte del commercio in una località vicino a Saragozza, stette per morire. Tanto è vero che la sua prima comunione per forza dovette vincolarsi all’unzione dei malati, sacramenti che ricevette nello stesso momento. Poi guarì tanto improvvisamente che attribuirono il fatto alla Vergine del Pilar. Quindi Maria, sotto l’invocazione di Montserrat, gli concesse molti favori.    

Perdendo sua madre, pieno di desolazione, rivisse il suo più fervente anelito, e si incamminò verso il sacerdozio. Suo fratello Jaime, emulando il desiderio materno, l’incoraggiò anche nell’impegno e si offrì per aiutarlo. Ma Enrico aveva già abbondantemente presa la decisione. Di fatto, non aveva dubitato di lasciare il lavoro che aveva a Reus, senza farlo sapere alla sua famiglia, cercando il bene del suo spirito in Montserrat, e fuggendo da un ambiente che non concordava coi suoi ideali.

Nella lettera che inviò a suo padre non lasciava dubbi rispetto all’autenticità della sua risoluzione: “La mia assenza le causerà tristezza, padre; ma è la gloria di Dio quella che mi motiva. Il suo dolore si trasformerà in gioia se ricorda che presto ci troveremo nel cielo… Dia i miei vestiti e le mie altre cose ai poveri… la vita è breve e le ricchezze non servono a niente se non le usiamo bene”. Quello spirito di povertà, unito alla fiducia illimitata nella divina Provvidenza, l’accompagnò sempre.

Fu ordinato nel 1867, e subito cominciò a dare lezioni di matematica e di fisica nel seminario di Tortosa, senza trascurare la catechesi, che fu una delle linee predilette della sua azione pastorale. Di fatto, organizzò una scuola di catechismo in varie parrocchie di Tortosa, e redasse la “Guida pratica” per i catechisti.    

I conflitti politici, con arie liberali ed anticattoliche, l’obbligarono a rinchiudersi coi seminaristi nel palazzo episcopale così come in diversi domicili. In quel modo poté continuare a formarli. Nel 1870 creò la “Associazione dei congregati della Purissima Concezione” pensando ai giovani. Dal 1871 portò a termine un importante lavoro di diffusione della dottrina di pontefici come Pio IX e Leone XIII. 

Era un gran devoto di santa Teresa di Gesù. Da lei aveva estratto questa consegna: “Che perisca prima il mondo che offendere Dio, perché devo più a Dio che a nessun altro”, della quale si appropriò quando si preparava per il sacerdozio. Manteneva vive le profonde convinzioni della santa: “Solo Dio basta”. “Chi ha Dio, niente gli manca”. Preghiera ed imitazione di Gesù erano le chiavi della sua attività, linee maestre del piano che si tracciò allora e che poi non smise mai di compiere.     

Nel 1872 mise in moto la pubblicazione di una rivista teresiana che ebbe diffusione internazionale. Benché la rivoluzione seguisse nel suo apogeo, diede impulso tra i giovani ad una “Congregazione mariana” per contadini, seguita dell’Associazione di “Figlie di Maria Immacolata e Santa Teresa di Gesù”. Questa ed il “Gregge del Bambino Gesù” che fondò nel 1876, nacquero con la finalità di contrastare l’indifferenza religiosa che si era sparsa tra le genti: “Essere cristiani, autentici cristiani nel proprio ambiente.”    

Nel 1874 aveva pubblicato la sua opera “Il quarto d’ora di orazione”, un libro famoso, rieditato in numerose occasioni e tradotto in diverse lingue. Ma fu nel 1876 quando fondò a Tarragona, insieme a Teresa Blanch, la Compagnia di Santa Teresa di Gesù. Il suo obiettivo: “Estendere il regno della conoscenza e l’amore a Gesù Cristo in tutto il mondo per mezzo degli apostolati della preghiera, dell’insegnamento e del sacrificio”.

L’iniziarono otto donne dedicate all’insegnamento, e non tardarono a vedere riconosciuto il loro lavoro dalle autorità accademiche. Enrico diceva: “Educare un bambino è educare un uomo, ed educare una donna, è educare una famiglia”. Alcuni anni più tardi fondò la “Fratellanza Giuseppina”, composta da uomini. Insieme a questo intenso lavoro apostolico lasciò scritte, tra le altre, le “Sette Dimore nel Cuore di Gesù”, redatte a Roma durante i mesi da aprile ad agosto del 1894.   

Fu un grande sacerdote, vicino, abnegato e pieno di fede, un uomo di preghiera, fedelissimo alla cattedra di Pietro, devoto di Gesù e di Maria, un coraggioso e fervoroso apostolo che non cessò di predicare il Vangelo con tutti i mezzi possibili. L’ultima tappa della sua vita fu dolorosa. Lo perseguitarono le contrarietà e l’incomprensione da parte dei superiori e delle persone vicine. Non fu mai visto lamentarsi. A queste prove si unirono le sue malattie. Aveva detto: “Pensare, sentire, amare come Cristo Gesù”. “Sì, il mio Gesù, tutto per te e tutto per la tua gloria, in vita, in morte e per tutta l’eternità.”   

Cercando la solitudine per dedicarsi completamente all’orazione, stette un tempo coi carmelitani di Castellón e, infine, nel convento dei francescani di Gilet (Valencia). La sua donazione era stata illimitata, come quella di tutti gli autentici seguaci di Cristo. E trovandosi in questo convento, il 27 gennaio 1896 il suo stanco organismo crollò; il cuore non rispondeva più. Fece appena in tempo a chiedere aiuto ai religiosi. In poche ore morì. 

Fu beatificato il 14 ottobre 1979 da Giovanni Paolo II, e canonizzato da questo stesso pontefice il 16 giugno 1993.       

TRADUZIONE ITALIANA
Isabel Orellana Vilches, Gesta d’amore (Epopeyas de Amor)

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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