P. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento di p. Luis Casasús al Vangelo del 4 maggio 2017, Domenica di Pentecoste (At 2, 1-11; 1Cor 12, 3b-7; 12-13; Gv 20, 19-23)
Non fu per coincidenza o casualità che Dio riversò lo Spirito Santo sui suoi discepoli proprio quel giorno, la Festa in cui gli ebrei offrivano al Signore il raccolto, chiamata a volte Festa del Raccolto e Giorno dei Primi Frutti.
La Divina Provvidenza ha voluto mettere un segno di abbondanza che San Paolo ed i primi discepoli fin da subito hanno sperimentato immediatamente come incomparabile grandezza del suo potere in noi, noi che abbiamo creduto (Ef 1, 19). Questo giorno ci porta il battesimo nello Spirito Santo.
La prima lettura degli Atti degli Apostoli inaugura un nuovo periodo nella relazione tra Dio e il suo popolo: Dio conferisce alla sua chiesa il potere del suo Spirito, per attrarre ogni essere umano verso di Lui, in Cristo. Questo significa Pentecoste.
Nella Pentecoste, la trasformazione che sperimentarono gli apostoli è un segno del dono che anche noi abbiamo ricevuto. Come è possibile se a volte ci domandiamo: perché ci sentiamo tanto incapaci? Una spiegazione è che tutti, molte volte, confidiamo più nella nostra capacità che nella forza dello Spirito Santo.
La nostra fede è molto limitata, così come la nostra memoria spirituale. Dimentichiamo le azioni dello Spirito Santo, sempre inattese e sorprendenti. Per i primi discepoli, il suo arrivo è segnato da un vento impetuoso che riempie la casa, da lingue di fuoco sulla testa di ciascuno e dal miracoloso parlare in lingue che non avevano studiato.
In lingua ebraica, le parole vento e spirito coincidono e sono l’atto invisibile ma poderoso dello Spirito Santo, l’atto di trasformare e cambiare l’antico in nuovo.
Dalla Bibbia sappiamo che il fuoco simboleggia la presenza divina, ma anche la Purificazione.
Gli apostoli parlano in lingue che potevano comprendere solo i rispettivi nativi (non semplici suoni o balbettii): questo è un segno dell’universalità della Chiesa e della preoccupazione dell’apostolo per ogni essere umano. In fin dei conti, amore e misericordia è il linguaggio che tutti capiamo. Nel Vangelo, ci viene detto che il primo regalo, il primo dono di Cristo Risorto è il perdono: Egli disse loro: ‘La pace sia con voi ‘, e mostrò loro le sue mani e il suo fianco. I discepoli si riempirono di allegria quando videro il Signore ed Egli disse loro di nuovo: ‘La pace sia con voi’.
Oggi non abbiamo bisogno di quel tipo di miracoli, ma tutti abbiamo esperienza personale della educazione della nostra estasi attraverso lo Spirito Santo:
Noi chiudiamo continuamente le nostre porte; continuamente cerchiamo la sicurezza e non vogliamo che ci disturbino, né gli altri, né Dio. (Benedetto XVI, 15 maggio 2005)
San Paolo parla della presenza dello Spirito nelle nostre vite quando ne menziona i “frutti”, per esempio nell’epistola ai Galati: amore, allegria, pace, pazienza, delicatezza, generosità, fedeltà e moderazione. Quando sperimentiamo queste virtù o doni, notiamo la pace sia con voi di Cristo.
Il perdono, dato liberamente da Dio attraverso Cristo, è anche il nostro dono per gli altri, perché l’abbiamo ricevuto dallo Spirito Santo che abita in noi. Si dice: sbagliare è umano, perdonare è divino. Quando pratichi quel perdono che riconosciamo come qualcosa di divino, hai aperto la porta a Cristo Risorto entra nella tua vita.
La prima comunità di discepoli era certamente un gruppo non perfetto. Erano amereggiati per Giuda, gelosi verso Giacomo e Giovanni, tristezza per i rinnegamenti di Pietro e riserve sulla sua guida. Inoltre c’era Tommaso con i suoi dubbi. Dio però concesse a questa manciata di discepoli la capacità di discernere la Sua volontà e la forza per seguirla. Il primo passo fu accettare di non rimanere nello scontento verso gli altri. Poi, il passo successivo: ricevere il perdono divino e offrirlo agli altri. Questa è l’opera dello Spirito Santo, l’impronta della sua presenza in noi e il segnale decisivo del suo potere nella nostra vita. Non c’è un altro segnale più chiaro, più espressivo, più miracoloso, né migliore di questo.
Nella Genesi, Dio aveva disperso la presuntuosa razza umana, confondendoli con molteplici lingue. Nella Pentecoste, Dio riunisce il popolo disperso in una comunità nuova e amata, capace di superare le differenze, dove non c’è più ebreo o greco, schiavo o libero, uomo o donna.
E tuttavia ci costa riconoscere la generosità dello Spirito Santo per le tante benedizioni ricevute, le tante ispirazioni e le tante decisioni nelle quali ci illumina. Ciò che più ci costa riconoscere nello Spirito Santo è ciò che più gratitudine merita: il portarci l’unità. Come abbiamo sentito oggi:
Certamente, ci sono diversità di doni, ma tutti procedono dallo stesso Spirito. Ci sono diversità di ministeri, ma un solo Signore Ci sono diversità di attività, ma è lo stesso Dio colui che realizza tutto in tutti. In ognuno, lo Spirito si manifesta per il bene comune.
Cristo ci offre la sua pace. Lascia che i suoi discepoli, quelli che noi chiamiamo increduli, tocchino le sue ferite, affinché possano vedere di persona. E dà loro di nuovo la pace, insieme ad una istruzione: come il Padre ha inviato me, così io invio voi.
Cristo avrebbe potuto inviare un altro gruppo di persone, magari più coraggiosi, gente che non si nascondesse… chiunque altro. Invece invia i suoi. I suoi amici; i suoi discepoli. Questa è una buona notizia: come il Padre ha inviato me, così io invio voi. Siamo stati scelti ed inviati anche con la nostra miseria umana, non malgrado essa. Questa buona notizia è anche una sfida, perché “come il Padre ha inviato Gesù” significa che la croce va compresa. Ed i discepoli, dopo avere visto le ferite di Cristo Risorto, probabilmente non lo avrebbero dimenticato. La buona notizia del Vangelo è per te e per me, discepoli imperfetti ed entusiasti.
Come i discepoli, noi ci domandiamo: Signore: è arrivato il momento? Signore, restaurerai in questo tempo il regno d’Israele? Sono segni di insicurezza. Non posso aspettare “un momento spirituale migliore” nella mia esistenza o “condizioni adeguate” per una vita apostolica.
Tuttavia, con i doni dello Spirito Santo, non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20). Posso essere una persona differente! Posso essere un altro Cristo. Posso entrare in comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ogni parola e ogni azione possono essere con Lui. Per Lui ed in Lui. Posso vivere la mia vita per Lui, con Lui e in Lui. Perfino la mia morte può essere con Lui, per Lui ed in Lui. Per questo motivo la Chiesa si chiama corpo mistico di Cristo.
Ci riempie di gioia l’audace spontaneità dello Spirito Santo, che ci trova a volte sprovveduti coi suoi messaggi inaspettati. In un mondo che a volte risulta molto prevedibile, crea nuove possibilità. In un mondo che è ostile costruisce con amore un cammino dalla solitudine alla convivenza, della rivalità alla cooperazione … la sfida più difficile per tutti noi.
Molto poche omelie o riflessioni sullo Spirito Santo si riferiscono alla purificazione, malgrado Egli sia l’agente di ogni purificazione: c’è una purificazione generale che ha a che fare con la connessione tra le nostre facoltà (mente, volontà ed unione) e le nostre passioni. Per esempio diciamo:
“non vedo proporzione tra il mio impegno a dominare le passioni per seguire Cristo e i risultati”.
Oppure diciamo: “sono riuscito a perdonare, ma non mi sento più forte di prima, mi sento ugualmente vulnerabile e debole, come sempre” (la chiamiamo “apatia”).
“Non riesco a capire l’importanza che ha evitare i pensieri inutili. A chi faccio danno con questi?” (la chiamiamo “aridità”).
“Non mi sento a posto con i miei desideri: mi sforzo di seguire l’insegnamento di Cristo, ma allo stesso tempo sento nostalgia e perfino voglia di ritornare alle cose che un giorno ho lasciato (è quella che diciamo ‘contrarietà’).
Sono questi i momenti in cui si manifestano quelli che chiamiamo ‘segni diabolici’: è chiaro le “cose di fede” vanno bene ad altri, ma non a te; certo che hai peccato, come tutti, ma non ti inquietare troppo, non è così grave come pensi. La strategia del nemico è imprigionarmi in una vita di paure e di dubbi riguardo alle promesse che dio fa. È un arma poderosa. Sulla base delle nostre esperienze, indirettamente, distorcendo le nostre mancanze ed errori, il diavolo cerca di farci mettere in dubbio l’autorità e la veracità di quello che Dio ha detto.
Con umiltà e realismo, siamo invitati ad accettare la nostra condizione, ad aprire il nostro cuore all’azione sanante dello Spirito Santo: sono un peccatore. Questo è la definizione più esatta. Non è una metafora o un genere letterario. Sono un peccatore (Papa Francesco).
Quando lo Spirito divino arriva nel giorno di Pentecoste, la prima persona a cui si rivolge è Maria, non uno degli apostoli, ma sua Sposa, la più vicina al suo cuore; Maria, per il fatto di essere Madre di Dio e di Cristo, è anche Sposa dello Spirito Santo. In questo santo giorno di Pentecoste, ricorriamo a lei, Madre di Cristo e della vita mistica: chiediamole che lo Spirito Santo sia sempre più visibile nelle nostre comunità e nel mondo.