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Vangelo e riflessione

Che cosa significa vedere Dio?

By 19 Maggio, 2017Maggio 26th, 2017No Comments

di P. Luis Casasús, Superiore Generale dei missionari identes.
Commento al Vangelo del 21-5-2017, VI Domenica di Pasqua (Atti 8, 5-8,14-17; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21)

Ovviamente, vedere Dio non è qualcosa che facciamo coi nostri occhi. Però si tratta di avere la prova e la prova è certezza innegabile, chiarezza. È ciò che l’apostolo Tommaso chiede a Gesù … e non gli viene negato.

Oggi Cristo ci dice: Anche voi mi vedrete, perché io vivo ed anche voi vivrete. L’evidenza è la sua vita in noi e questa nuova vita si manifesta soprattutto in due modi: la purificazione e la pace. Possiamo chiamarle “evidenze” perché è chiaro che non vengono né da questo mondo né dai miei sforzi.

Abbiamo un’idea abbastanza limitata della purificazione. La associamo per esempio alla sofferenza, ma nelle nostre vite e nel mondo c’è tanta sofferenza che non ha niente a che vedere con la purificazione. Tuttavia, anche se la purificazione comporta un certo tipo di dolore o di scomodità, alcune volte è estremamente gioiosa e liberatrice. La purificazione è esattamente essere potati dallo Spirito Santo.

Veniamo potati di tutto quello che è inutile e che intorpidisce la nostra vita spirituale; anche dei rami che danno frutto siamo potati, per divenire capaci di svilupparne altri che producano più frutto. Questo non è sempre scontato, anzi a volte non ne comprendiamo del tutto l’importanza. Ecco perché viene detto: se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita eterna monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita eterna con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nel fuoco dell’inferno.

Qualunque sia la purificazione di cui parliamo, siamo potati dalla Parola di Dio: Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. (Gv 15, 3). Tutti siamo condizionati dal nostro passato e dal nostro modo angusto di guardare la vita e le Scritture.

Dice Fernando Rielo che la purificazione comincia già con i primi passi della nostra vita mistica. condizione che manteniamo i piccoli comandamenti di Cristo (la forma autentica di obbedienza compiacente nella nostra mente e nella nostra volontà) allora vinceremo ogni depressione della nostra fragilità psicologica:

I doni soprannaturali che la vostra vocazione riceve dallo Spirito Santo, per lo sviluppo eminente della grazia divina, sono, soprattutto, due: luce e forza. Il dono di luce concede la celeste visione che il vostro sacrificio nell’obbedienza religiosa è profezia di una libertà perfetta affinché possiate scegliere sempre il Sommo Bene: … Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre … (Gv 12, 35). Il dono di forza infonde al religioso quel carattere in virtù del quale, di fronte alla depressione della sua fragilità psicologica, mette con fermezza la mano all’aratro: lo spirito è pronto, ma la carne è debole (Mt 26, 41) [Testamento Spirituale].

La persona orante è cosciente della purificazione perché le ferite interne delle passioni cessano di sanguinare. Nel Vangelo di Luca si racconta di una donna che gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò. (Lc 8, 44). Quando ci avviciniamo a Cristo guariamo immediatamente: il sangue delle passioni smette di fluire e così anche le immagini, le circostanze, le persone che ci scandalizzavano.

Quando siamo purificati vediamo le persone e tutte le cose come creature di Dio. Consideriamo le persone, specialmente, come immagini di Dio piene d’amore. Chi è rivestito dalla grazia di Dio vede gli altri rivestiti con la stessa grazia. Vedo Dio in ogni essere umano. Quando lavo le ferite di un lebbroso, sento che sto curando lo stesso Signore. Non è una esperienza bella? (Madre Teresa di Calcutta).

Ci sono altri segni di questa purificazione? Che cosa otteniamo con l’essere purificati?

Siamo ripuliti dagli effetti e dal dominio dell’istinto di felicità (la zona più profonda della nostra purificazione ascetica). Sì; questo istinto può soffocare la nostra orazione con la fretta e le ansietà. Ci vuole tempo per vedere le cose più obiettivamente, un po’ da lontano. Ci vuole tempo per aiutarci a vincere i nostri pregiudizi e permettere a Cristo di inabitare in noi.

È Lui che segna il ritmo: Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Qualche dubbio? Abbiamo qui la testimonianza sorprendente di una santa:

Santa Rosa Filippina Duchesne (1769–1852), missionaria francese in America, sembrava che fallisse in tutto quello che cercava di fare. Fu inviata in America e sognava di formare i nativi dell’America del Nord, ma le fu dato l’incarico di aprire una scuola per gli agricoltori e i commercianti. La sua istituzione fallì strepitosamente e fu inviata ad aprire varie scuole e un convento, dove per il suo stile tradizionale si scontrò con tutti. I bambini, le suore e perfino il vescovo non erano d’accordo con la sua forma di vita che a tutti sembrava antiquata. Il fatto che non parlasse inglese non la favoriva in nulla. Al convento di Florissant, scelse come camera da letto uno spazio sotto le scale. Dieci anni dopo morì, credendo di aver fallito in tutti i suoi tentativi. La sua perseveranza nell’orazione e nelle sofferenze però fu un’ispirazione per tutti coloro che la conobbero. Perfino i bambini della scuola speravano di vederla quando usciva dalla cappella, perché dicevano che dopo la comunione le si notava una luce speciale sul suo viso. Il Padre DeSmet (missionario nelle Montagne Rocciose) la visitava spesso e disse “mai me ne andai senza l’impressione di avere conversato con una santa”. Forse la sua vita non fu disseminata di successi, ma tutti quelli che la conoscevano si sentivano chiamati a vivere il Vangelo con maggiore entusiasmo e fervore. Quella è la missione dell’apostolo, avvicinare sempre più persone a Cristo.

Il segno genuino della purificazione non è semplicemente la sofferenza, bensì la fecondità apostolica di un ramo potato: Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. La sterilità è il primo segno che dà un religioso non puro.

Tutti desideriamo la pace. Siamo stanchi perché ogni giorno ci sono molti combattimenti. Ci sono conflitti e tensioni in casa, nel lavoro e nella chiesa. Le persone non si parlano o mormorano e trasmettono amarezza. Siamo esauriti dalle responsabilità e dai nostri impegni. Non è sorprendente che l’idea della pace che ha il mondo è l’essere liberi dalla tensione e dai conflitti umani.

Al contrario, la pace di Cristo viene da un impegno sempre maggiore con la nostra missione e le nostre responsabilità.

La pace si produce dicendo “Sì” a Gesù. Guardiamo Paolo. La sua vita è piena di situazioni pericolose, ma non smette mai di compiere la missione ricevuta. È difficile credere che viene lapidato quasi fino al punto di morire e tuttavia si rialza e ritorna in città. San Paolo non ha paura della morte né dei suoi nemici, disposto ad affrontare la morte e la sofferenza; non teme di proclamare la Buona Notizia, perché niente può fermarlo. Senza perdere tempo, il giorno seguente, continua il suo viaggio e va a predicare il Vangelo in un altro posto. Non c’è tempo per lamentarsi o protestare. Questa è la pace che sperimenta San Paolo. Una pace che viene dal fare la volontà di Dio nel proclamare la Buona Notizia a tutti.

 La pace si conquista quando siamo sicuri della Sua presenza tra noi. Cristo dice ai discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore … Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me”. Non soffriamo mai in solitudine. Un cristiano non soffre da solo, perché il Padre sta in lui, nel suo Figlio e nello Spirito Santo.

Pensia alla persecuzione che soffrirono i primi cristiani, come raccontano gli Atti degli Apostoli 14,19-28. Da un punto di vista puramente umano, questa situazione avrebbe potuto originare il collasso del cristianesimo. In realtà la persecuzione ha l’effetto contrario. Senza la persecuzione della Chiesa a Gerusalemme, i discepoli non si sarebbero dispersi nelle aree vicine della Giudea e della Samaria. La persecuzione risultò essere una benedizione mascherata. Questa è la pace che il mondo non può avere.