Continua il Motus Christi per i giovani italiani sulla preghiera continua. La preghiera non è solo un atto d’amore: è uno stato d’amore personale per Dio. Di seguito alcune spunti di riflessioni proposti da padre Jesus Fernandez Hernandez sull’orazione.
L’orazione è più che recitare preghiere. “L’orazione è il verbo dell’amore“, dice Fernando Rielo. Orare, pregare è più che recitare preghiere: è stare o vivere in stato di dialogo CON Dio. Non è soltanto rivolgere A Dio preghiere, suppliche, MA dialogare CON Lui. Io con lui e lui CON me e IN me. Se fare una preghiera è manifestazione dello stato interiore di preghiera o di orazione, allora produce un effetto santificante. Senza questo stato d’amore, la nostra preghiera si riduce a vocalismo, mentalismo, affettività. Gandhi stesso (contro il vocalismo) afferma: “nella preghiera è meglio avere un cuore senza parole, che parole senza cuore”.
Ma cosa significa la preghiera di silenzio? La preghiera è un elemento chiave della nostra conversione. La preghiera inizia mettendo silenzio a tanti pensieri inutili, inopportuni e ossessivi. Tutti noi siamo soggetti a una moltitudine di pensieri fastidiosi, inquietanti. Sono come parassiti, come locuste che ci assalgono; sono come zanzare che ci ronzano intorno e ci impediscono di pregare, studiare, lavorare e vivere insieme. Molti hanno una mente così dispersa che questi pensieri passano inosservati o li riteniamo non importanti. Ed è solo quando cominciamo a stare in silenzio, quando cominciamo a pregare regolarmente, che ci rendiamo conto che quei pensieri inutili, inopportuni, ossessivi, disordinati ci vengono addosso, conducono la nostra mente a una sorta di martirio nascosto, una vera e propria penitenza, alla pari che una qualunque penitenza fisica. Si tratta allora di imparare a disciplinare questo mondo di fantasie, desideri e paure.
Questo disordine mentale è spesso causato da distrazioni che vanno e vengono. Sono pensieri egoistici di orgoglio, rabbia, che ci rendono ribelli: non accettiamo né noi stessi, così come siamo, né le persone a cui dovremmo dare retta per amore. Se dobbiamo affrontare una situazione difficile e questa diventa un’ossessione, fantastichiamo in modo irrealistico e diventiamo incapaci di migliorare le cose. Questi pensieri sembrano innocui. Ci assalgono di sera, di mattina, nello studio, a lavoro. Ma quando riusciamo più o meno a superarli, ci sentiamo tristi, stanchi e deboli. La verità è che non li abbiamo fermati in tempo: risentimenti, pretese, depressione, rabbia contro le persone attorno o contro noi stessi; fantasie di natura sensuale, desideri sgradevoli o immagini che ci lasciano un vuoto. Chi non vive una vita di orazione si lascia trasportare, come se nulla fosse, da pensieri inutili, negativi, ossessivi, alimentati da egoismo, arroganza, vanità, orgoglio, rabbia o impazienza, invidia, pigrizia, sensualità.
Tutto questo ci toglie il desiderio di stare in orazione e ci spinge ad abbandonare quanto stiamo facendo. Quando così, siamo caduti in trappola, ma Cristo ci dà la mano per uscirne: la grazia è come una corda immensa, piena di energia e di forza che Cristo tiene in mano per aiutarci a superare ogni prova. L’orazione continua e l’Eucaristia ci fanno uscire da questo vortice che ci trascina in pensieri non costruttivi, anche se sembrano razionali, ma che indeboliscono la mente. Quello che dobbiamo fare è imparare a non assecondarli, ma come?
L’orazione ci mette in stato di allerta, di serena vigilanza, non di agitazione. Perseverare nella preghiera significa costanza: chi non abbandona, chi non se ne va, chi vive e trasmette il Vangelo. Perseverare è restare, rimanere nell’amore di Dio. “Dio è fedele e non vi lascerà tentare oltre le vostre forze, ma attraverso la tentazione vi farà trovare un modo per sopportarlo” (1Cor 10,13). Si tratta di non essere impazienti, di voler sapere o vivere tutto e subito, ma di “assaporare” ogni parola di Cristo nel Vangelo, ogni movimento del Spirito Santo.
Orazione continua non è trovare e correggere difetti o non difetti, successi o fallimenti; è, invece, offerta amorevole della nostra vita, minuto per minuto nel silenzio della croce. Ciò che conta nel nostro stato di preghiera è il desiderio, la sensibilità spirituale, il movimento interiore di unione, di adesione, con Cristo. Questo desiderio è il gemito che lo Spirito Santo fa nascere in noi (Rm 8,26). Cosa succede se qualcuno non sente questa passione per le cose spirituali? I motivi possono essere due: o è una questione di tiepidezza, di chi commette deliberatamente mancanze morali. Oppure è la purificazione di coloro che, pur non commettendo mancanze morali, hanno bisogno di abbracciare lo stato penitenziale.
In nessuno dei due casi dobbiamo cadere nello scoraggiamento per quanto sia grande la mancanza, ma credere e sperare: “alzati! Rimettiti in piedi! Aspira! Perché la vita spirituale è l’unica cosa che vale la pena di fare, perché la misericordia divina veglia sempre su di noi, ci copre, ci prepara a consumare in noi, “con noi”, tutta la grazia a cui la Santissima Trinità ci ha destinato. Non scoraggiarti, va oltre te stesso, esci da te stesso – per questo sì che hai grazia sufficiente per farlo – mettiti in moto, a disposizione verso il Padre, perché il Padre, con Cristo e con lo Spirito Santo, ti aspetta a braccia aperte, come il figlio prodigo (Lc 15,11-32).