Come si piange nel modo giusto? Come si fa?
Quale verità mi chiama al pianto?
In che modo Cristo può essere, allo stesso tempo, consolatore e consolazione? Che tipo di consolazione offre a quelli che piangono?
Nel Motus Christi di questo fine settimana si parla dello “Stato contrito: dono delle lacrime”. Ecco alcuni spunti di riflessione.
Si legge nel Vangelo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,13). È il pianto interiore che molte volte accompagna il pianto esteriore. Cristo conosce le nostre lacrime interiori d’amore e di pentimento, davanti alle quali si commuove veramente, come fece col figlio prodigo.
Fernando Rielo afferma: “Ora so che questo stato dialogale con mio Padre Celeste si manifestava in me per mezzo di un’unica forma orazionale: il pianto dell’amore. Il così detto ‘dono delle lacrime’ è, per me, questo ‘pianto dell’amore’ in cui consiste l’essenza offerente dell’orazione”. Questo dono può manifestarsi con carattere gioioso o doloroso come ci insegna lui stesso. Si può piangere di tristezza e si può piangere anche di gioia.
Ma il vero amore è amare Dio per essere chi è, e non per i benefici che possiamo ricevere, come ci ricordano quei celebri versi, attribuiti a Santa Teresa: “Anche se non ci fosse il cielo, io ti amerei / e anche non ci fosse l’inferno, ti temerei”.
Questo è un vero stato d’amore, proprio della contrizione perfetta, per la quale ci vengono perdonati, tutti i peccati e tutte le imperfezioni, concedendoci la grazia santificante e, in caso di morte, il passaggio diretto alla gloria senza passare per il purgatorio. Cristo desidera essere il nostro consolatore. Non c’è nessuno che non abbia passato nella sua vita ore di tristezza e disperazione. Consolazione e disperazione fanno parte dell’orazione e sono patrimonio dell’umanità. Non esiste disperazione senza rischi. La disperazione fa svanire le speranze di un futuro migliore. Quando c’è disperazione, facilmente si può perdere il senso e l’aspettativa del futuro. Oggi, in questo periodo di pandemia, l’essere umano ha bisogno della consolazione interiore che possa motivarlo nella vita. Le persone tristi corrono sempre il pericolo di vivere ossessionate dalla tristezza prodotta dai loro stati d’animo. Per colui che è affondato nel mare della disperazione, niente va più bene, ormai le stelle non brillano più.
Cristo promette a coloro che piangono le loro mancanze – a coloro che piangono la loro lontananza da Lui – che Egli vuole essere la nostra consolazione, la nostra gioia, la nostra vita, che è un dono che riceviamo dallo Spirito Santo. Con la consolazione, riceviamo le virtù teologali della fede, della speranza e della carità, che ci impediscono di cadere nella tentazione di gettare lontano da noi la fiducia e ci danno invece ragioni per vivere fiduciosi (Eb 10, 5). L’orazione contrita, di lacrime di pentimento e di voler condividere la passione di Cristo, si riempie di primavere invisibili, che sono sempre ricoperte di lacrime. La nostra orazione di pianto perde le sue tonalità di disperazione riempiendoci di forza con le promesse di Cristo: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) che è come se dicesse ad ognuno di noi: Non ti abbandonerò mai. Io sarò la tua consolazione”. Queste parole sono traboccanti di speranza.
In verità il dono delle lacrime, il pianto dell’amore, sono i gemiti ineffabili dello Spirito Santo nel nostro spirito: “Lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili” (Rom 8,26). Questa orazione di gemiti ci infonde uno stato vivissimo di compassione e misericordia per le sofferenze di Cristo che ricordiamo, in questo tempo di quaresima, che si concluderà con la Settimana Santa, in mezzo a questa triste pandemia.