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Cosa significa pregare? Mettersi in gioco

Mettersi in gioco è questo il coraggio che ha la preghiera cristiana, se una preghiera non è coraggiosa non è cristiana (Papa Francesco).

Il tema sviluppato in questa occasione è l’ottavo punto del codice orazionale: «Che la vostra orazione sia supplicante», prendendo spunto dal brano del Vangelo in cui Cristo afferma: «Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» (Lc 11, 9-13). 

Di seguito alcuni spunti di riflessione. Il nostro rapporto con Dio è sempre triangolare, non è noi e Lui. Se Dio è Padre, il mio rapporto con il Padre passa attraverso l’altro, la mia relazione con il prossimo. Se non amo l’altro come fratello non posso essere figlio e quindi non lo riconosco come Padre. Io sono il pane, mi do all’altro, all’amico nel bisogno. Io sono figlio perché mi faccio fratello. Se dico di amare Dio che non vedo devo amare il fratello che vedo, se no non amo Dio.

Spesso nella preghiera abbiamo l’impressione di un Dio assente, che il valore della nostra preghiera sia direttamente proporzionale alla nostra generosità, pensiamo: non sono una brava persone allora Dio non si fa sentire, non ascolta le mie richieste…ci diciamo che le nostre preghiere non valgono, perché non sappiamo come fare, non sappiamo pregare, proiettiamo la nostra percezione di Dio e delle nostre difficoltà anche sulla preghiera, Dio ci sembra sordo! 

Dobbiamo imparare ad insistere, perché se Dio esaudisse subito le nostre richieste, andremmo via; è importante invece approfondire il nostro desiderio, imparare il valore dell’attesa, imparare a saper chiedere. Allargare il nostro desiderio fino a desiderare Dio stesso. Per questo non bisogna smettere! Invece noi, forse questa è un po’ la tentazione, se non otteniamo quello che domandiamo, smettiamo subito.

Cristo dice: per favore continuate a chiedere e vi sarà dato. È un imperativo. Continuate a cercare e troverete, continuate a bussare e vi sarà aperto. Sembra una specie di supplica, è Lui che prega noi: per favore, continua a chiedere, chiedi, insisti, bussa. L’amore vuol dar se stesso. Ma l’amore può essere dato solo a chi lo desidera. Se uno non lo desidera, l’altro cosa fa? Non può far nulla. Dio fa così con noi. Per cui vuole che noi abbiamo il desiderio di Lui.

«Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» (Lc 11, 10)

Questa è la garanzia, la promessa. Lui desidera, semplicemente che chiediamo, perché così può donarsi. Se non lo vogliamo ricevere non può donarsi. A chi bussa sarà aperto: perché siamo aperti noi. Bussando significa che siamo disposti ad accoglierlo. In mezzo a tanta povertà relazionale e a tanta superficialità spirituale, avere una vera richiesta di poter aiutare le persone che ci stanno attorno, gridare a Dio io non so come aiutare questa persona, come stare accanto a questo mio amico, e se anche a volte con Dio siamo freddi e distaccati, questa angoscia ci aiuta, la voglia di dare pane per l’amico, ci aiuta.

Quando cerchiamo per noi, quella non è preghiera è egoismo, tutto parte da questo: chiedere pane per qualcuno, quando ci facciamo entrare nel cuore l’esigenza di qualcuno e diventiamo insistenti. Le grazie di Dio passano per l’amore, le grazie di Dio passano per il fatto che uno si prende a cuore la fame di qualcun altro. Questo è il vero senso della preghiera, la capacità di amare fino a dare la vita; questa è partecipazione alla vita divina, come siamo amati noi, allo stesso modo ci rende capaci di amare gli altri, questo è il frutto della preghiera.