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Vangelo e riflessione

Nessuno ci ha chiamato a lavorare.

By 20 Settembre, 2020No Comments

di p. Luis CASASUS, Superiore Generale dei missionari Identes

New York, 20 settembre 2020 | XXV Domenica Tempo Ord.

Isaia 55, 6-9; Lettera Filippesi 1, 20c-24.27a; San Matteo 20, 1-16a 

Le Beatitudini possono aiutarci a capire quello che dice il Vangelo di oggi, poiché entrambi i testi parlano della natura della misericordia e della giustizia divina. 

Certamente, è difficile per molti capire l’amore e la compassione di Dio. Alcuni non se ne sentono degni; altri sono convinti che Dio li ha abbandonati al loro dolore o ai loro migliori desideri di aiutare gli altri. Potremmo dire che c’è un terzo gruppo, il più ambizioso e farisaico, che aspira a ricevere già da ora la ricompensa per il suo sforzo e generosità. Questi ultimi sono ben rispecchiati nella parabola di oggi. 

La parabola finisce con la frase di Cristo: Così, gli ultimi saranno primi, e i primi saranno ultimi. In maniera simile, il discorso delle Beatitudini si conclude con queste parole: Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete (Lc 6, 25). Potremmo domandarci: Cosa c’è di male ad essere ricchi o ad essere uno dei primi? 

Noi che abbiamo la fortuna di avere ricevuto il dono della fede possiamo essere considerati tra “i primi” o “i ricchi” ai quali si riferisce Cristo. Il problema sorge quando non approfittiamo al massimo di questo privilegio e magari desideriamo altre ricchezze, altre comodità o la buona fortuna di altri. 

In Cina c’è una storia tradizionale chiamata Lo smemorato Hua Zi. Il protagonista stava soffrendo la malattia della perdita di memoria. Una volta che andò via di casa, dimenticò la strada del ritorno. Spesso domandava: Dove sono? La gente gli diceva: Questa è la tua casa. A volte, diceva a sua moglie: Sei tanto bella! Come ti chiami? Ella rispondeva: Sono tua moglie! 

La moglie di Hua Zi era molto preoccupata e triste per la malattia di Hua Zi. Fece la promessa che chi avesse potuto curare la perdita di memoria di Hua Zi, avrebbe avuto la metà della sua ricchezza. 

Un uomo tentò ogni tipo di metodo per curare Hua Zi e alla fine riuscì a curarlo. Tuttavia, Hua Zi diventò molto nervoso e spesso perdeva le staffe. Cacciò sua moglie di casa e picchiò suo figlio senza motivo. 

La gente gli domandava: Sei guarito, ma come mai sei cambiato tanto? Hua Zi disse: Quando non potevo ricordare niente, mi sentivo tranquillo ed in pace. Non avevo nessuna preoccupazione nel mio cuore. Ma ora ho recuperato la memoria, la coscienza della vita e della morte, del guadagno e della perdita, dell’allegria e dell’ira, della felicità e della tristezza. Non posso dimenticare, anche solo per poco tempo, questi pesanti fardelli della vita. Mi sento molto arrabbiato. 

Quel ricordo, menzionato da Hua Zi, è, soprattutto, la memoria dei miei sforzi. Questo porta ad un paragone con gli altri, così che la parabola che Cristo ci offre oggi non rappresenta qualcosa che succede ogni tanto, bensì qualcosa a cui i nostri istinti ci spingono continuamente. Gli altri sono pigri, sistemati, insensibili, e non meritano né l’amore di Dio, né il mio. 

Alcuni lavoratori della vigna erano scontenti perché ricordavano molto bene che avevano cominciato la giornata di lavoro prima degli altri lavoratori. Pensavano che quelli che erano arrivati tardi non meritavano un alto salario, perché solo loro “avevano lavorato tutto il giorno. Ma, se il padrone della vigna è tanto generoso… forse avrebbe cambiato i suoi piani e pagato a loro un po’ più del concordato. 

Quando paragoniamo la nostra vita con quella di altre persone, si deve accendere una luce di allarme nel nostro spirito. Possiamo farlo solo per imparare dalle loro virtù, come facciamo, in particolare, se siamo impregnati dallo Spirito del Vangelo quando meditiamo sulla vita di Cristo. 

Molti scribi e farisei erano convinti che solo loro erano accettabili per Dio. In effetti, per loro, gli operai che lavoravano tutto il giorno erano gli ebrei; e quelli che arrivavano tardi o all’undicesima ora erano i peccatori ed i gentili. 

Ma dobbiamo considerare che qui la cosa essenziale non è un problema di gelosia, bensì di esigere un riconoscimento e una qualche forma di pagamento per i nostri sforzi. Inoltre, vogliamo ricevere questo pagamento, questo riconoscimento, ora, il più presto possibile. 

Dimentichiamo che Dio ci ama più di quello che noi amiamo noi stessi e che ci conosce meglio di quello che noi ci conosciamo. Sant’Agostino fece un famoso commento: Deus est intimior intimo meo.  (Dio è più vicino a noi che noi alle nostre facoltà e ai nostri sensi) 

Dio conosce tutta la nostra vita e le necessità dell’umanità. Egli comprende il nostro passato e prevede il nostro futuro. Considerato che Lui osserva tutto nell’universo, possiamo essere sicuri che solo Lui sa quello che è meglio per noi. 

È importante che osserviamo l’urgenza e l’affanno del padrone della vigna per concludere il lavoro il più presto possibile. Se il raccolto non si finiva prima che incominciassero le piogge, allora si rovinava; e pertanto raccogliere il raccolto era una corsa frenetica contro il tempo. Qualunque lavoratore era il benvenuto, anche se poteva dedicare solo un’ora al suo lavoro. 

Di fatto, il padrone esce altre quattro volte alla ricerca di lavoratori: a metà mattina, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio e quando chiama l’ultimo gruppo era già un’ora prima della fine della giornata. Sì; il nostro Padre celestiale mette in atto tutti i mezzi per portare a termine i suoi piani. In particolare, invia suo Figlio e lo Spirito Santo per guidarci alla sua casa, alla nostra casa. 

Il dialogo tra Dio e l’uomo si stabilisce solo quando c’è un amore reciproco incondizionato. Chi ama non reclama nulla e non aspetta nient’altro che vedere l’amato sorridere e rallegrarsi. Quell’amore si manifesta e si sperimenta quando ci rendiamo conto e accettiamo che Dio condivide la sua aspirazione con noi.

È un amore molto differente dal nostro. Di fatto, la Prima Lettura ci dice che i nostri pensieri non sono i suoi pensieri; le nostre strade non sono le sue strade. La sua giustizia è una giustizia temperata dall’amore. Nella parabola di oggi vediamo che Lui non lavora con il sistema dei meriti. Il suo amore è incondizionato. Non ci ama solo perché abbiamo fatto qualcosa per Lui. Dio non si serve di noi per se stesso o per la sua felicità. C’invita a essere parte del suo progetto e del suo piano di salvezza attraverso le nostre azioni che, benché piccole e poco rilevanti, sono realmente uniche e di un valore che solo lui può dare, quando le utilizza come testimonianza della sua presenza e della sua tenerezza. 

Inoltre, dobbiamo renderci conto che noi, che siamo già nel regno, dobbiamo essere più che contenti che altri si uniscano a noi, senza preoccuparci di quanto tardi arrivino. Amare e stare con Dio e poter lavorare duramente nel suo regno è in se stessa la ricompensa. Dobbiamo essere davvero grati di avere il privilegio di entrare prima nel regno, non come risultato di quello che abbiamo fatto, bensì per la grazia di Dio. Questa considerazione dovrebbe renderci umili e grati. Questo dovrebbe renderci generosi e compassionevoli con quelli che non hanno trovato Cristo nelle loro vite. 

Tu ed io abbiamo ricevuto il grande privilegio di entrare nella comunità cristiana molto presto, molto all’inizio. Nei prossimi giorni arriveranno altri. Non dobbiamo reclamare un onore speciale, la vera paga che riceviamo è una relazione personale con Gesù Cristo. 

Gli uomini della parabola, che stavano nella piazza del mercato, erano braccianti contrattati a giornata; erano la classe più bassa di lavoratori, e la vita per loro era sempre disperatamente precaria. Gli schiavi ed i domestici invece erano considerati come vincolati, almeno in una certa misura, alla famiglia; erano parte della casa; le loro fortune variavano con quelle della famiglia, ma non erano mai in pericolo imminente di morire di fame in tempi normali. 

Era molto differente per i braccianti contrattati a giornata. Erano completamente alla mercé di un impiego casuale; vivevano sempre sulla linea della semi-inazione. Se erano disoccupati per un giorno, i bambini soffrivano la fame in casa, poiché nessuno poteva risparmiare molto di una paga giornaliera. Per loro, essere disoccupati per un giorno era un disastro. In molti paesi, ricchi e poveri, si vedono oggigiorno queste situazioni; non è qualcosa del passato. 

Come gli uomini che stavano nel mercato, molte persone stanno aspettando una missione che dia senso alle loro vite. Ed il fatto che alcuni di essi rimasero in attesa fino alle cinque del pomeriggio è la prova di quanto disperatamente la desiderassero. 

Forse alcuni di essi odiano la Chiesa, altri sono stati vittime dello scandalo dei cattolici, altri non hanno mai sentito parlare di Dio o non hanno mai ricevuto una testimonianza da un vero apostolo… in qualsiasi caso, la verità è che nessuno li ha contrattati ancora, nessuno ha risposto alla loro necessità, all’aspirazione più profonda di ogni essere umano che è poter dare la vita per qualcuno in maniera gioiosa e completa. 

Noi siamo stati benedetti nell’essere i domestici che arrivarono in primo luogo alla vigna del Signore. Sicuramente, abbiamo anche lottato. Ma abbiamo goduto in particolare fin dalla mattina della presenza del Signore. Siamo stati benedetti per essere lavoratori del raccolto. Ma in particolare abbiamo goduto della presenza del Signore e della sua consolazione quando le cose non andavano bene, quando ci mancava la luce. Sappiamo che Egli sa che cosa fare in quei momenti dolorosi e che sicuramente tutto sarà per il compimento della sua predestinazione per noi. La maggioranza dei nostri simili non possiede quella consolazione. 

La nostra vittoria significa donare tutto quello che abbiamo. I nostri pochi o molti talenti, tutti i nostri momenti, i nostri pensieri e desideri. Così è come San Paolo lo esprime nella seconda lettura: Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno Dobbiamo ricordare che Paolo scrisse la lettera ai Filippesi in un momento difficile. Egli era, di fatto in prigione per il Vangelo. Nella prigione, incominciò a sentire la fatica ed il peso degli anni. Ma nonostante la malattia, l’età avanzata e la prigione, sapeva che poteva aiutare coloro che Dio gli aveva affidato. 

Quello che siamo oggi non è il risultato di quello che abbiamo fatto, ma si deve alla grazia di Dio. Questa considerazione dovrebbe renderci umili e grati. Quando pensiamo all’amore gratuito di Dio per noi, questo dovrebbe renderci generosi e compassionevoli con gli altri, aiutandoli a trovare Dio e anche a servirlo nell’amore. Dovremmo essere grati che Dio ci abbia chiamati, altrimenti, come molti, continueremmo a stare seduti nel mercato vivendo una vita senza rotta, né proposito. Questo può essere un buon punto di partenza, (e motivo di perseveranza) in tutti i nostri sforzi apostolici. 

Cristo oggi non ci sta solamente incoraggiando a non lamentarci. La seguente storia del Medioevo rappresenta bene il contenuto mistico della parabola di oggi. Il soffio dello Spirito Santo (Espirazione) ci dà una pace continua (Beatitudine) che ci permette di non perdere di vista la rotta (Aspirazione) della nostra esistenza, in mezzo a qualunque difficoltà: 

Un poeta passava vicino ad un’opera in costruzione e vide tre lavoratori occupati nel loro compito; erano tagliatori di pietra. Si rivolse al primo e disse: Che cosa stai facendo, amico mio? Quell’uomo, con molta indifferenza, e un gesto stanco rispose: Sto tagliando una pietra. Andò un po’ più lontano, vide il secondo e gli fece la stessa domanda, e questi rispose, sorpreso: Sto costruendo una colonna. Un po’ più avanti, il pellegrino vide un terzo e fece anche a lui la stessa domanda; la risposta, piena di entusiasmo, fu: Sto costruendo una cattedrale.