di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei missionari Identes
New York, 19 maggio 2019, Quinta domenica di Pasqua.
At 14, 21-27; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-33. 34-35.
Tutte le persone di successo hanno patito fallimenti in un momento o in un altro, a volte ripetutamente. Ma si rialzano, ricominciano e si rimettono in moto. Così imparano dai loro errori. Assumono la responsabilità delle loro azioni, ma la mettono da parte e vanno avanti. Questa è la logica delle persone decise, perseveranti e di successo in questo mondo. Questo ci deve ispirare, è degno di essere imitato ed onorevole… con un’eccezione: un discepolo di Cristo NON deve smettere di amare neppure per una sola occasione. Ogni essere umano ama alla sua maniera, ma siamo chiamati ad amare come Lui, cioè, sempre e tutti. Questo suona bene, ma nella pratica non è possibile.
Tuttavia, questo è il chiaro mandato di Gesù nel Vangelo di oggi. Come può l’amore essere un atteggiamento continuo e permanente? Come può l’amore essere un comandamento? Possiamo amare per obbedienza? Non si tratta di un invito o di un’opzione, è un comandamento, un ordine ed essendo un ordine, esige un’obbedienza totale da parte nostra. In altre parole, abbiamo l’obbligo di amarci gli uni gli altri. Ovviamente, c’è bisogno di un potere addizionale e chiamiamo grazia questa energia extra. Cristo ci diede l’amore come comandamento per poter stare più vicino a Dio come la nostra fonte di forza. Poi ci disse che «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc 18, 27).
Quello che è rilevante nella pratica è che lo stesso Gesù praticò questo amore impossibile: Un discepolo col quale aveva condiviso il cibo e al quale aveva confidato le sue preoccupazioni intime, l’ingannò e lo tradì; un altro si vergognò di lui; altri tre si addormentarono mentre Egli si preparava alla morte; tutti l’abbandonarono e fuggirono. Per questo Egli presenta se stesso come modello di questo amore continuo e permanente.
L’amore di Cristo può essere caratterizzato come unitivo e misericordioso. Non condannò Maria Maddalena. Invitò San Matteo ad essere uno dei suoi apostoli, benché fosse un esattore di imposte ed un peccatore. Non temette di toccare e curare i malati e stese le sue mani verso i lebbrosi che erano considerati in quel tempo intoccabili perché nessuno voleva stare vicino ad essi.
L’amore cristiano non significa solo “sopportare le persone difficili senza lamentarsi”, bensì trovare attivamente la maniera di camminare insieme. Se dico che questo è impossibile in alcuni casi, allora sto usando solo la logica questo mondo. Il nostro padre Fondatore lo esprime poeticamente: Non hai sempre occasione di esercitare le tue virtù col prossimo; ma puoi amarlo in ogni istante. (Trasfigurazione).
Una bambina era nata senza un orecchio. Diventò una persona timida e introversa. Ci furono occasioni in cui ritornava a casa piangendo perché i suoi compagni si prendevano gioco di lei. Quando arrivò ad essere un’adolescente, sua madre la portò da un chirurgo che fece un trapianto di orecchio. L’operazione ebbe successo e lei si trasformò in una persona normale e felice.
Poco dopo, trovò un giovane che diventò il suo fidanzato. Dopo vari anni, decisero di sposarsi. La vigilia del giorno del suo matrimonio, entrò nella stanza di suo madre per ringraziarla di tutto. Ma quando l’abbracciò, notò qualcosa di strano…. si rese conto che sotto i lunghi capelli di sua madre mancava un orecchio.
Allora si mise a piangere, dicendo: Sei stata tu! Tutti questi anni e non mi hai mai detto che eri tu la donatrice. La madre rispose: Figlia mia, non te lo dissi perché non volevo che fossi triste per me. L’ho fatto perché voglio che tu sia felice, che sia felice nella tua vita. Non perdi qualcosa quando lo dai a qualcuno che ami.
Si è detto che ci sono almeno cinque tipi di amore: Amore utilitario, amore romantico, amore democratico (basato sull’uguaglianza davanti alla legge), amore umanitario ed il quinto tipo è l’amore cristiano, riassunto nel comandamento di Gesù. Non è difficile amare le persone che ci appoggiano, le persone che ci affascinano, o essere comprensivi con i poveri, quando sono lontani e sono diversi da noi. È facile amare Cristo, già nostro prossimo nei tempi buoni. Il vero amore si dimostra sempre nelle prove della vita. Questo è particolarmente certo nella vita comunitaria, nel matrimonio e nel lavoro di squadra. Quando le cose vanno bene, non sono necessari molti sacrifici per amare. Solo quando le circostanze ci mettono alla prova, l’amore ci obbliga a morire a noi stessi e soffrire per amore degli altri.
Gli esseri umani hanno lottato per comprendere e definire l’amore fin dagli albori della coscienza. E, tuttavia, anche se non capiamo completamente l’amore, nessuno può negare il suo potere. Sperimentiamo o siamo testimoni dell’amore tutti i giorni, in centinaia di modi differenti; in realtà, la pena non è altro che il prezzo dell’amore.
L’esperienza dei primi cristiani e la nostra personale esperienza dimostra che essere testimone dell’amore di altri ha un effetto calmante e positivo nelle persone. Forse è per questo che ci sono tanti film con “un finale felice”, cercando di lasciarci un messaggio ottimista, perché tendiamo ad identificarci coi protagonisti, che alla fine trovano un amore vero e stabile.
Le espressioni di affetto dei genitori hanno influenza sulla concezione dell’amore che i loro figli si formano, perché i principali modelli da seguire sono i genitori. La forma in cui i bambini eventualmente concettualizzano ed esprimono amore ed affetto risale alle loro osservazioni dei loro genitori. Ed i genitori vogliono aiutare i loro figli ad essere adulti ben equilibrati, felici e con una vita piena. Le idee positive o negative dei bambini sulle relazioni d’amore sono normalmente un riflesso della qualità dell’amore e dell’affetto che i genitori esprimono tra loro e coi loro figli. I bambini che non sono mai stati testimoni dell’amore nella casa possono credere che sia impossibile sperimentare o dimostrare amore da adulti.
L’amore si trasmette principalmente attraverso l’esempio consistente di una comunità. Se tutti usano i cestini, non abbiamo bisogno di un cartello che indichi che è proibito lanciare carte per terra. Nel mondo di oggi, in una società di individualismo, di matrimoni sgretolati e di mancanza di fiducia negli altri, i giovani devono essere testimoni dell’amore e di un impegno solido nelle relazioni di una comunità o di una famiglia. Devono sentire parole gentili e cordiali verso tutti e in tutti. Devono vedere uno spirito compassionevole in noi, vedere qualcuno che ha tempo e pazienza per aiutare e arrivare a coloro che soffrono. Trattandoci con compassione e sensibilità, formiamo il loro concetto di Dio Padre e modelliamo la loro vita spirituale.
Per questa ragione, dobbiamo prestare speciale attenzione ai membri deboli e feriti delle nostre comunità, parrocchie, università o scuole, ascoltando la loro storia senza essere critici, né stare sulla difensiva. Con una mente aperta ed un cuore umile, dobbiamo cercare di guadagnarli per la missione. Hanno bisogno del nostro amore e della nostra comprensione e, soprattutto, di un ascolto attento ed un cuore empatico che batta con loro nella loro lotta e fortificarli con luce nel comprendere i loro problemi, nell’avere compassione delle loro debolezze e mettere in moto i talenti che hanno. In questo modo, curiamo le ferite di detti fratelli e così si renderanno più gentili e misericordiosi, e insieme meno divisivi e negativi.
D’altra parte, la maggiore minaccia per la missione della Chiesa non proviene da fattori esterni come il laicismo, il relativismo o il materialismo. Il maggiore nemico della missione della Chiesa è interna, in particolare il nostro orgoglio. La maggior parte delle volte, non siamo coscienti che quando facciamo qualcosa, apparentemente un servizio alla comunità, è mescolato con la nostra personale fame di stima, di riconoscimento e di accettazione. Come conseguenza, siamo divisi e lottiamo tra noi. Per questo motivo Gesù ci avvertì dicendo: Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. (Mc 3, 24-25). Per questo, molte persone religiose, giovani e membri della Chiesa, l’abbandonano a causa della perdita della fede, della delusione, dell’ira e del risentimento.
La maggioranza delle persone non pensano nell’amore vero come a qualcosa che dobbiamo imparare. Tuttavia, è certo che dobbiamo imparare ad amare. Dobbiamo essere testimoni dell’amore in azione, amare persone differenti ed amare il prossimo, perfino quando siamo arrabbiati o in disaccordo con lui. Questo è ancora più certo per l’amore più perfetto, l’amore di Cristo.
Impariamo ad amare noi stessi per poter imparare ad amarci tra noi. L’antico comandamento dice: Ama il prossimo tuo come te stesso. Come imparare a curare gli altri e a vegliare per loro, se non abbiamo mai imparato a farlo con noi stessi? La maggioranza delle volte ci amiamo molto poveramente, o con disprezzo o con un’autostima esagerata.
Come possiamo amare noi stessi quando ci dicono una ed un’altra volta che non siamo degni di essere amati? Come recuperiamo il nostro vero valore? Possiamo diventare completi e santi solo quando impareremo ad amare noi stessi correttamente, riconoscendo la presenza di Dio nelle nostre anime, presenza che rende i nostri corpi Tempio dello Spirito Santo. Questa è una delle lezioni che possiamo estrarre dal Salmo 34: Gustate e vedete quanto è buono il Signore.
L’apostolo S. Tommaso non stava con la comunità e, pertanto, quando Cristo apparve ai discepoli, non poté trovarsi con Lui. Si unì alla comunità solo alla successiva occasione, quando poté vedere il Signore risorto. Questo è quello che Cristo volle dire quando esclamò: Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. A differenza di Tommaso, non abbiamo visto il Signore risorto, ma crediamo perché l’abbiamo visto nel Suo corpo, nella Chiesa, nelle vite dei santi e nelle persone che danno la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Anche questo succedeva nella Chiesa primitiva. Molti si convertirono perché videro che i cristiani si amavano e si occupavano gli uni degli altri: Per questo tutti sapranno che voi siete miei discepoli.
Il comandamento dell’amore non ha circostanze attenuanti o esimenti. Perfino quando commettiamo errori gravi, possiamo chiedere perdono; e questo è certo anche quando i nostri simili sono risentiti per un malinteso del quale non siamo colpevoli. Questo succede quando la più minima ombra di orgoglio ed egoismo eclissa la presenza di Dio nella mia vita. Ricordiamo le parole di Gesù durante la Passione: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». (Gv 18, 23).
Commettere un peccato contro la carità non è solo realizzare una cattiva azione o perdere una opportunità di fare il bene. Si tratta sempre di una mancanza d’amore verso gli altri. Questo non sempre ci risulta chiaro; crediamo che gli unici peccati contro l’amore siano offendere qualcuno e non aiutare una persona bisognosa. Questo si deve al fatto che abbiamo una prospettiva ed una visione molto limitate della nostra relazione con i nostri simili. Quando ci centriamo nei nostri istinti, necessità o limitazioni, semplicemente non possiamo avvicinarci al nostro prossimo in nome di Cristo. Di fatto, stiamo limitando l’opera dello Spirito Santo: Cristo stesso non fece molti miracoli a causa della mancanza di fede della gente. (Mt 13, 58).
Nel Vangelo di San Giovanni leggiamo che Cristo annunciò la sua glorificazione nel momento del tradimento e della Passione. La croce è il canale per la Sua gloria ed onore ed è anche il modo in cui dobbiamo onorare, riverire ed esprimere la nostra gratitudine a Dio. Sulla croce, Gesù mostrò l’amore di Dio al mondo attraverso la donazione di Se stesso. Quando Gesù si offrì in croce, il Padre si rivelò come un Dio totalmente generoso. Il suo sguardo era su di noi. Il Padre ci amò attraverso la morte del Figlio. In questo modo, Giovanni può affermare che la gloria del Padre era nel Figlio e la gloria del Figlio era nel Padre.
Quando Cristo non si trovava oramai più coi suoi discepoli, come avrebbe potuto la gloria di Dio a continuare a brillare? Attraverso l’amore di quei discepoli. L’amore unì la comunità in una sola mente e un solo cuore; unì la comunità con Dio. Il modo in cui trattiamo gli altri dice molto sulla nostra fede e invita altri ad unirsi a noi. L’amore, perfino nella misura più piccola, è la migliore maniera di diffondere la gloria di Dio. Diffondiamo lo spirito di allegria e pace che sorge dall’amore che abbiamo gli uni per gli altri nel comunità.