di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento al Vangelo dell’22-04- 2018 Quarta Domenica di Pasqua , Madrid. (Atti Apostoli 4, 8-12; 1° Lettera Giovanni 3, 1-2; Giovanni 10, 11-18)
Sentirsi sicuro non è la stessa cosa che sperimentare pace. È un senso di protezione davanti a qualunque pericolo presente o futuro e si manifesta specialmente davanti a minacce e forze ostili. La minaccia può essere più o meno reale o immaginaria, ma ci sentiamo protetti.
Può essere che ci sentiamo in pace ogni volta che parliamo con un amico, ma un amico non può trasmetterci sempre sicurezza in tutti gli aspetti chiave della nostra esistenza; sappiamo che ci sono alcuni problemi che dobbiamo affrontare personalmente.
Nella nostra vita spirituale, questa è anche la differenza tra beatitudine e quiete. La beatitudine, la vera sicurezza, non si trova nella minimizzazione dell’esposizione al rischio o alla sofferenza, bensì nella presenza di Dio quando qualche momento della nostra vita sembra essere un completo fallimento.
In realtà, il pericolo è sempre presente. Infortuni, relazioni deteriorate, malattie e gli effetti dei nostri peccati, gravitano sempre intorno a noi. Per non parlare dell’inevitabilità della nostra morte e di quella di coloro che amiamo.
Forse ricorderai un film di Woody Allen intitolato Hannah e le sue sorelle. Woody Allen aveva il ruolo di una persona che teme costantemente di avere una terribile malattia. Quello che chiamiamo un ipocondriaco. Quando appare nel film, sta andando dal medico. Il medico gli assicura che non sembra avere niente di grave, anche se ritiene necessario effettuare alcuni ulteriori esami. Woody non riesce a calmarsi con la necessità di quegli esami. È sicuro che troveranno qualcosa di terribile. Ma le sue paure sono infondate. Il dottore gli annuncia che tutto va bene. Nella scena successiva si vede Woody che sta uscendo dall’ospedale, e cammina saltellando allegramente in strada. Sta celebrando il buon risultato degli esami. Ma improvvisamente, si trattiene e dice: Tutto questo significa che ora sto bene…. La prossima volta, sicuramente avrò qualcosa di grave.
Il personaggio di Woody Allen esagera il pericolo, ma trasmette con molta precisione la realtà che tutti abbiamo bisogno di sentirci sicuri e che nessuno di noi arriva da se stesso al grado sufficiente della nostra sicurezza.
Molto spesso, cerchiamo sicurezza in alcune delle nostre zone di comodità. Per esempio, alcuni accademici sono eccessivamente restii ad intraprendere una ricerca promettente in aree nuove, perché il finanziamento non è sicuro, o forse implica cambiamenti significativi nelle loro abitudini di ricerca, o hanno dubbi sulla loro capacità nella nuova iniziativa. Deplorevolmente, alcuni religiosi rifiutano il trasferimento ad una nuova missione, a causa di un presunto problema o a un poco chiaro problema di salute o perché credono di essere insostituibili nella loro missione attuale. Cerchiamo sicurezza perché crediamo che ci darà libertà o soddisfazione per tutta la vita Ma se in tutti gli aspetti della nostra vita cerchiamo sicurezza, finiamo per limitare le nostre capacità. Ironicamente, il maggior pericolo per la maggioranza di noi non si radica nel fissare un obiettivo troppo alto e poi non raggiungerlo, bensì nel fissare qualche obiettivo troppo basso… e raggiungerlo, come disse il grande artista Michelangelo.
Nella sua recente Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate, il Papa Francesco dice: Come il profeta Giona, portiamo sempre latente la tentazione di fuggire in un posto sicuro che può avere molti nomi: individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, installazione, ripetizione di schemi già prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme.
Cristo, come il Buon Pastore, NON sta parlando di quel tipo di sicurezza mondana. Il nostro sentimento più profondo di sicurezza (Beatitudine) si basa sul comprendere che c’è sempre un piano di Dio per noi. E questo viene chiaramente espresso in quel documento di identità di Gesù, come un Buon Pastore che sta camminando davanti a noi e guidandoci con l’esempio, non solo con le sue parole.
* È importante riconoscere che per noi il piano di Dio può essere difficile da comprendere. Nostra Madre Maria non poteva capire come avrebbe potuto concepire un figlio prima ancora di avere consumato il suo matrimonio con Giuseppe, ma cominciò a camminare immediatamente e dichiarò la sua completa obbedienza a Dio.
Dobbiamo essere coscienti che lo Spirito Santo ci dà sempre qualche segno per poter discernere la volontà di Dio. L’Arcangelo Gabriele comunicò che Elisabetta aveva concepito miracolosamente un figlio, e quello fu sufficiente per Maria. Il nostro caso non è differente, e siamo chiamati ad essere più coscienti di tutto il perdono e della grazia che noi ed il nostro prossimo abbiamo ricevuto. Nella prima lettura di oggi, questo è quello che Pietro incoraggiava i leader e la gente a fare: Guardate il bene che abbiamo fatto ad un invalido. La fede non è totalmente cieca, piuttosto succede che, mentre avvengono i miracoli, noi stiamo guardando da un’altra parte.
Non abbiamo bisogno che ogni giorno venga un angelo a visitarci. Di nuovo, leggiamo in Gaudete et Exsultate: Mi piace vedere la santità paziente nel popolo di Dio: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, in quegli uomini e donne che lavorano per portare il pane a casa loro, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza nel continuare giorno dopo giorno, vedo la santità della Chiesa militante. Questa è molte volte la santità “della porta accanto”, di coloro che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio.
Pietro fece un enorme sforzo affinché il piano di Dio fosse qualcosa di visibile per la gente e come la pietra che avevano rifiutato si fosse trasformata in pietra angolare.
* Il Buon Pastore ci unisce come nessuno potrà mai più farlo. Ogni associazione mondana, creata con buone o cattive intenzioni, è fugace e di breve durata. Possiamo costruire società, unioni ed alleanze basate sull’ingegno umano e sulla buona volontà, a volte per essere di grande utilità a molti, ma, qual è il suo peso nell’eternità? A Babele, la risposta di Dio all’ansia di potere e gloria, ci fornisce un indizio per dare un giudizio corretto sul vero valore dei successi umani: Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». (Gen 11, 4). Come tutti sanno, Sant’Agostino disse che, quando eliminiamo l’amore di Dio e la giustizia, che cosa sono i regni se non combriccole di criminali su grande scala? (Città di Dio, 4.4).
Noi esseri umani ci riuniamo per necessità, convenienza, difesa della propria sopravvivenza, comodità e per ogni tipo di interessi. E questo può avere conseguenze di grande portata. Per esempio, qualunque psicologo sociale sa che la dinamica delle folle proviene da una sensazione di invincibilità degli individui quando sono integrati in un gruppo, un “contagio” di sentimenti ed una maggiore capacità di essere suggestionati, facendoli reagire in un modo che sarebbe molto differente in altre circostanze. I giovani che ballano in un club, o le coppie che si formano solo “perché sono felici insieme”, sono altri dolorosi esempi delle opere di un mondo di salariati che non sono veri pastori ed ai quali non appartengono le pecore.
La chiamata del Buon Pastore si dirige a tutti ed ognuno degli esseri umani, ma l’obiettivo è riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. (Gv 11, 52).
Quando Gesù disse: Ho anche altre pecore, che non sono di quest’ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. si stava riferendo non solo a differenti paesi o culture, ma anche a molte persone vicine a noi, i cuori dei quali si commuovono per la testimonianza di un apostolo ed in un giorno determinato decideranno di seguire Cristo. Questo è quello che è successo molte volte negli Atti degli Apostoli: E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio. (At 10,45-46)
Sì, siamo una comunità e Gesù ci riunisce intorno a sé; la nostra fede deve essere condivisa. Perfino una cosa tanto intima come il nostro pentimento, si comunica in modo appropriato nel Sacramento della Riconciliazione e nella nostra direzione spirituale.
Il dono dell’unità in Cristo è qualcosa di molto visibile, perché l’unità è la cosa più difficile di questo mondo, dove possiamo vedere tutti i tipi possibili di divisione. Dappertutto, a tutti i livelli. Questa è la ragione per la quale le nostre discordie e la mancanza di unità si trasformano nello scandalo più grande. Al contrario, questa è la ragione per la quale la nostra vita perseverante in comune, con la grazia di Dio, è tanto attraente, così come lo era l’unione e la fratellanza della primitiva comunità cristiana; tanto che il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. (Atti 2, 48).
Questa unità, realizzata dal movimento di Cristo dentro il nostro cuore e per l’opera dello Spirito Santo, ha anche una conseguenza immediata in tutti noi, un senso di sicurezza e beatitudine: Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? (Salmo 26 (27), 1-3).
Qual è la ragione reale e fondamentale per la quale la nostra risposta fedele ed obbediente al Buon Pastore, quando riconosciamo la sua voce, ci dà pace e ci unisce? Il nostro Padre Fondatore risponde: Perché questo stato di raccoglimento e di quiete non separa, ma unisce perché tutti abbiamo la condizione religiosa di essere figli di Dio. (Concezione Mistica dell’Antropologia).
Nella vita spirituale, vogliamo avere un senso di sicurezza, vogliamo sapere che Dio si preoccuperà di noi. Abbiamo bisogno di sapere che, presto o tardi, in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. (Rm 8, 37).
La sicurezza si basa sempre su una fiducia profonda. Ovviamente, tra un minuto potrei essere infedele e tradire Dio, ma la nostra sicurezza spirituale, la nostra beatitudine mistica ha alcuni momenti culmine (chiamati Regime, come nel Regime di Flusso di un fiume) dove sentiamo che una virtù particolare (fede, speranza, carità, diligenza, castità…) è stata registrata nel nostro cuore e si è trasformata in una parte della nostra vita, una parte del nostro essere, non solo in un obbligo o un obiettivo. Dovrei fare un grande sforzo per metterla da parte. Ancora di più, (a livello ontologico) è una chiamata ed uno stimolo per entrare più in contatto con la profondità interiore della mia esistenza, per essere più completamente vigile e cosciente ed arrivare ad essere quella persona che Dio sognò quando fui creato. Una certa campagna pubblicitaria di un’università era centrata sullo slogan: Scopriamo chi puoi arrivare ad essere. Buona idea! Questo è qualcosa che dobbiamo esplorare a tutti i livelli.
* Siamo buoni pastori? Molti anni fa, una donna che camminava col suo bebè nelle colline del sud del Galles, Inghilterra, fu raggiunta da una tempesta di neve. La squadra di salvataggio la trovò morta, congelata nella neve. Sorpresi che non portasse cappotto, continuarono a cercare e trovarono il suo bebè. Ella l’aveva avvolto nei suoi vestiti ed il bambino era vivo e in salvo. Crebbe e diventò David Lloyd George, il primo ministro della Gran Bretagna nella Prima Guerra Mondiale.
Gesù dice chiaramente che dobbiamo dare la nostra vita per le pecore. Dare la vita non significa solo l’atto magnanimo di “morire per gli altri”, bensì specialmente approfittare di tutte le opportunità per proclamare Gesù Cristo nel mondo, per farlo conoscere e che tutti possano amarlo; ed usare tutti i mezzi a nostra disposizione, pur senza essere dominatori né dogmatici, senza cadere in un attivismo febbrile, affinché sia riconosciuto come la pietra angolare delle nostre vite.
In primo luogo, dobbiamo farci degli amici, in modo che poi lo Spirito Santo possa fare uso della nostra testimonianza per farne dei convertiti. Questo può portare molto tempo, ma la vittoria è assicurata. Questo fu il caso del cardinale Van Thuan (1928-2002) che passò 13 anni in una prigione comunista. Due guardie lo controllavano in modo permanente, ma non erano autorizzati a parlargli. Anche così, egli cominciò il suo primo apostolato, mostrando allegria e sorridendo. Poi cominciò a raccontare storie sui suoi viaggi. Quello stimolò la loro curiosità e cominciarono a fare molte domande. Lentamente, molto lentamente, diventarono amici e… i vigilanti si convertirono nei discepoli di Van Thuan!
Questo non è possibile se non sperimentiamo nella nostra orazione l’urgenza della missione, la sete e la fame di tutti ed ognuno degli esseri umani, in un modo molto simile a San Paolo: Sono disposto ad essere maledetto da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Un monaco dell’antichità voleva opporsi ad essere nominato vescovo, sulla base che la cura dei problemi lo avrebbero privato della cura attenta della sua pietà. Il suo superiore, al quale presentò l’obiezione, rispose che era molto meglio che si occupasse di salvare le anime di altri uomini che tentare di mantenere “una finezza nella sua pietà”.
Molte delle opportunità che perdiamo, sono situazioni nelle quali commettiamo lo stesso errore dei capi del popolo e degli anziani: giudicare che una certa testimonianza o azione non è importante o perfino necessaria, ma forse sarebbe stata la pietra angolare della nostra vita apostolica. Evitare quel pensiero, fare un passo in più, avere olio di riserva per le lampade, non perdere un solo minuto,… Ignorare quelle opportunità è un messaggio implicito inviato allo Spirito Santo che significa: In questo momento, non sono disponibile.
Tutti abbiamo avuto l’esperienza di essere stati a parlare con una persona che evitava ogni tipo di contatto visivo, o si distraeva guardando il passerotto sulla ringhiera del balcone, o cercando continuamente messaggi di testo… o sbadigliando e tentennando. Immediatamente ci rendiamo conto che non sarà possibile avere un dialogo profondo. Perché non è la stessa cosa se lo Spirito Santo ed io stiamo in un dialogo apostolico, (orazione apostolica) e io rimango tiepido, come se fossi un dipendente?
Quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo curato?
Impariamo dal ragazzo che offrì i cinque pani di pane di orzo, il più economico di tutti i pani, e due pesci. Nella sua umile offerta, Gesù trovò la materia prima per un miracolo. E questo sta succedendo continuamente oggi. Cristo dice che possiamo riconoscere la sua voce. Prestiamo attenzione; Egli ha sempre molte cose da dire.
A meno che sia disposto a ricevere scherzi a causa della mia fede, a fare sacrifici per la missione e ad accettare l’umiliazione ed il fallimento, è poco probabile che il mio prossimo mi veda come uno dei piccoli pastori che accompagnano Cristo.