di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento di p. Luis Casasús al Vangelo del 6 agosto 2017, Trasfigurazione del Signore (Daniele 7, 9-10.13-14; II Lett. Pietro 1, 16-19; Matteo 17, 1-9)
Il papà diede al figlio le abituali istruzioni prima del cibo: Rapido, lavati le mani e vieni a tavola per dire la preghiera e mangiare. Mentre il bambino andava al bagno, lo sentì mormorare: Cristo e i Microbi, Cristo e i Microbi… Questo è quello che sento tutte le volte e mai ho visto nessuno di essi!
Può essere che il nostro atteggiamento sia simile a quello dal bambino della storia. A volte siamo tanto assorbiti ed occupati con i dettagli dei nostri obblighi (… o distrazioni) che non sentiamo la presenza attiva di Dio nella nostra anima. La Trasfigurazione è una delle manifestazioni più cospicue di quell’azione.
Se meditiamo in modo superficiale e leggero sulla Trasfigurazione di Cristo, abbiamo due pericoli. In primo luogo, possiamo pensare che quello che è successo in quel giorno non sia così importante come ciò che succede lì sotto nella nostra valle. Ma l’opera di Dio è più importante ed essenziale delle nostre modeste attività. Ovviamente – quello sì – dobbiamo scendere dalla montagna. Alcuni versetti più avanti, Cristo, Pietro, Giacomo e Giovanni incontrano un uomo il cui figlio è posseduto da un demonio. Quella è un’immagine differente della nostra umanità; non dell’umanità trasfigurata che è il nostro destino, bensì della nostra umanità sfigurata, nient’altro che un’ombra della gloria vista sulla montagna.
In secondo luogo, potremmo pensare che la Trasfigurazione di Cristo è l’unica e che la “nostra trasfigurazione” è una semplice analogia. Ma noi siamo partecipi della natura divina. La vita che è in Cristo starà in noi. Abbiamo la tendenza a prendere metaforicamente molte cose del Vangelo. Quando San Paolo si riferisce a vivere “in Cristo” circa 140 volte, possiamo pensare ad una vita che somigli a quella di Cristo. Cerchiamo di imitarlo, cantiamo dicendo che lo seguiamo e vogliamo compiere la sua volontà. Ci domandiamo: Che cosa farebbe Cristo? Speriamo di comportarci eticamente e con fedeltà a Lui in questo mondo ed essere cittadini del cielo dopo la morte.
Non c’è niente di sbagliato in questo. Ma San Paolo comprende che c’è qualcosa di più radicale e più intimo che viene anticipato: la vera unità con Cristo e la trasfigurazione personale. Condividiamo la vita di Cristo. Riceviamo qualcosa di più che una conoscenza intellettuale di Dio, riceviamo la sua illuminazione. La partecipazione alla “natura divina” non è per alcuni pochi eletti, bensì il piano di Dio per ogni essere umano. La vera luce che illumina ogni uomo, arrivò al mondo (Gv 1, 9). La partecipazione a questa luce non è un cammino elevato ed esoterico, bensì una via di semplicità ed umiltà da bambino. Non si guadagna improvvisamente, con esperienze soprannaturali che “vengono dall’alto”, bensì con un autocontrollo quotidiano e diligente. Attraverso l’orazione, il digiuno ed onorando gli altri al di sopra di se stessi, andiamo eliminando tutto quello che non è infiammato da quel fuoco.
Nel nostro esame mistico, immediatamente dopo le esperienze di Raccoglimento, Quiete e Purificazione, sempre presenti, procediamo al seguente punto, la Trasfigurazione, di cui dobbiamo dire che è anch’essa permanente. Un’altra cosa è se sono pienamente cosciente del lavoro di oreficeria compiuto dallo Spirito Santo. Egli non ha un orario limitato di lavoro.
La trasfigurazione, che Paolo contemplò nella sua vita e quella che succede a noi, va dall’interno all’esterno: i nostri cuori diventano nuovi per la Purificazione, il nostro spirito respira nuova vita e quella nuova vita irrompe attraverso la nostra cappa di autosufficienza ed egoismo. Ma quella cappa è molto resistente, per questo lo Spirito infonde in noi tre poderosi strumenti per romperla: Fede, Speranza e Carità, continuamente arricchiti dai doni dello Spirito Santo.
Permettetemi di condividere due potenti esempi della nostra trasfigurazione:
* C’è una conosciuta citazione di Óscar Wilde: Perdona sempre i tuoi nemici; non c’è niente che li disturbi di più. Dicendo questo, forse il grande scrittore irlandese fu vittima del suo acuto ingegno e della sua acida ironia, ma credo che stesse intuendo qualcosa di molto certo: quando siamo perdonati ripetutamente (settanta volte sette) i nostri vizi e passioni più profonde si dissolvono, letteralmente. Da parte mia, non ricordo niente di più potente. Quando sono cosciente che sono stato perdonato molte volte, da Dio e dai miei simili, sento che la mia Fede, Speranza e Carità si rinnovano e fortificano. Ovviamente, siamo tanto complicati ed egoisti che spesso non accettiamo il perdono e perdiamo un’opportunità d’oro per un cambiamento radicale.
* Ricordo una scena di un film di gangsters di Chicago, quando il protagonista, un tipo duro che aveva appena ammazzato una dozzina di membri della banda rivale, arriva a casa sua, mette la mitragliatrice nell’armadio e si rende conto che la sua anziana madre sta tossendo ed ansimando. Il gangster comincia a piangere come un bambino… e deve essere consolato dalla sua anziana madre. Naturalmente, è solo un film, ma riflette la capacità di ogni essere umano di passare dall’odio all’amore. Lo Spirito Santo conosce questa caratteristica, non la utilizzerà allora? Dobbiamo ricordare che ogni essere umano che troviamo, per molto esasperante che sia, sta ricevendo lo stesso invito divino; ogni persona che conosciamo è chiamata a brillare nella gloria.
Di fatto, è un’intuizione tanto di persone religiose come di chiunque abbia buona volontà. Ricordiamo le parole di Nelson Mandela, nel suo Discorso Presidenziale Inaugurale del 1994:
La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è che siamo potenti senza limite. È la nostra luce, non l’oscurità quello che più ci spaventa. Ci domandiamo: chi sono io per essere brillante, prezioso, dotato e favoloso? In realtà, chi sei tu per non esserlo? Sei figlio di Dio. Il fatto di giocare ad essere piccolo non serve al mondo. Non c’è niente di illuminante nel ridurti affinché altre persone vicino a te non si sentano insicure. Nasciamo per rendere manifesta la gloria di Dio che sta dentro di noi. Non solamente in alcuni di noi: Sta dentro tutti ed ognuno di noi. E mentre lasciamo brillare la nostra propria luce, inconsciamente diamo il permesso ad altre persone di fare la stessa cosa. Se ci liberiamo della nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.
In verità, non è rivelatore?
Il nostro Padre Fondatore insiste nel dire che questa Trasfigurazione è una forma di Unione, un passaggio nella nostra identificazione con la Trinità. In modo più tradizionale, ma totalmente sulla stessa linea (Virtù della Religione = Unione) Henri-Dominique Lacordaire disse nelle sue celebri Conférences de Notre-Dame de Paris (1844):
Il miracolo della nostra trasfigurazione si compie nella dottrina cattolica: umiltà, castità, carità e tutte le elevazioni interiori che derivano da queste, non sono altro che effetti di una virtù elevata che mette in moto tutte le altre. Senza religione, senza l’interazione dell’anima e di Dio, l’edificio cristiano si sgretola; conseguentemente, quell’interazione, che è la pietra angolare dell’arco, è efficace in modo soprannaturale, perché porta all’uomo oltre la sua umanità.
Possiamo pensare che l’amore che due persone condividono dopo essere stati molti anni insieme è lo stesso che si manifestavano quando si conobbero? Possiamo credere che quelle persone continuano ad essere come prima? C’è una trasfigurazione del nostro essere che avviene quando abbiamo l’esperienza di amare, perché dipendiamo dalle persone che amiamo e che ci amano.
Pensiamo ad una persona che attraversa un processo terapeutico e che attraverso quel processo sperimenta una cura ed allora il suo modo di stare con gli altri e con se stesso è nuovo e differente. Questa è un’altra maniera di contemplare la nostra trasfigurazione.
Nella festività di oggi, niente cambia in Cristo. Piuttosto, sono i discepoli quelli che cambiano e noi con loro. Cristo fu trasfigurato, non acquisendo qualcosa che gli mancava, bensì manifestando ai suoi discepoli chi era Lui in realtà; aprì gli occhi di quei discepoli ciechi e diede loro una visione nuova. In altre parole, nella trasfigurazione diamo un’occhiata al telos (obiettivo o proposito) dell’umanità: unione con Dio. La Trasfigurazione ci mostra il fine ultimo della nostra esistenza.
Quella trasfigurazione continua, quell’unità tanto desiderata da Dio precisa il nostro consenso. Quando la nostra umanità accetta senza riserve di essere unita all’umanità di Cristo, Egli condivide con noi la sua natura divina. Questo significa che la trasfigurazione rivela quello che ci succederà quando ci avviciniamo, al massimo possibile, a quell’accoglienza di Cristo nella sua relazione col Padre. Non possiamo essere forzati a ciò, si richiede il nostro consenso (azione Teantrópica).
In 2Cor 3, 18 leggiamo che coloro che ricevono lo Spirito sono resi capaci non solo a vedere la gloria di Dio, ma anche a ricevere quella gloria, all’essere trasfigurati nell’immagine di Cristo Come succede questo? In primo luogo, dice San Paolo che ricevere lo Spirito significa ricevere un cuore nuovo ed il soffio di una nuova vita in noi; è quello che San Paolo chiama la nuova creazione (5, 17). Dopo, non si può partecipare a una seconda creazione senza trasformarsi in ministro della “nuova alleanza” (3, 6). Se la luce del Vangelo ha brillato nei nostri cuori, siamo responsabili di renderla visibile a chi abbiamo intorno.
Gli apostoli poterono ascoltare Gesù dire che sarebbe rimasto con loro sempre; dopo tutto, Cristo è Dio Emmanuel, Dio con noi. Non adoriamo un Dio la cui presenza si limita ad un’esperienza particolare su di un monte, né in un posto particolare o in un momento particolare. Adoriamo Dio Emmanuel, in tutti i posti e a tutte le ore. Dio è con noi, con te. I discepoli capirono che Cristo avrebbe dimorato in loro. Non dovevano rimanere sulla cima della montagna o ritornare lì per avere un contatto con Lui. Si dovevano appoggiare alla luce e alla vita di Gesù che sarebbe rimasto sempre tra loro. La presenza del Padre e dello Spirito Santo lo rese ancora più chiaro. Se non riviviamo quei momenti di resurrezione, nei quali troviamo la presenza di Dio e la garanzia del suo amore, possiamo perdere facilmente la speranza ed il fervore.
L’ultimo versetto del Vangelo di oggi sembra rovinare un panorama promettente: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». Benché Pietro riconoscesse Cristo come Messia, lui e gli altri apostoli erano ancora lontani dal comprendere che il Messia promesso non sarebbe stato solo un Re del lignaggio di David, ma anche un servo sofferente. Qualcuno che avrebbe vissuto una morte ignominiosa. Parlando della croce, Cristo non si riferisce a tutte le piccole difficoltà che troviamo nella vita. Egli mira piuttosto al fatto che dobbiamo morire a noi stessi. Questo è più difficile, più temibile di tutte le sofferenze e sembra impossibile per l’uomo. Oggi, come nella sua epoca, molti si avvicinano a Cristo per soddisfare le loro necessità e desideri, ma Dio risulta essere il Messia che ci chiede di morire con morte ignominiosa e martiriale dentro di noi, morire ai nostri interessi egoisti. Per arrivare ad essere completamente umani, dobbiamo rifiutare l’ego e seguire Cristo.
La storia della Trasfigurazione c’insegna a che cosa siamo chiamati ad essere, la ragione della nostra creazione. Non dobbiamo mai dimenticare che in Cristo non vediamo solo Dio, ma anche l’umanità; non solo l’umanità, bensì quello che dovrebbe essere l’umanità. In Cristo vediamo quello che siamo chiamati ad essere. In conclusione; siamo chiamati ad essere trasfigurati, a riflettere la luce divina attraverso i nostri corpi.