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Vangelo e riflessione

Che nessuno si perda

By 26 Luglio, 2018No Comments

di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento al Vangelo del 26-07-2018, XVII Domenica del Tempo Ordinario, New York. (2° Libro dei Re 4, 42-44; Efesini 4, 1-6; Giovanni 6, 1-15)

È molto significativo che nel miracolo della moltiplicazione dei cinque pani d’orzo e dei due pesci, Gesù confermi la sorprendente risposta della Provvidenza ai nostri umili sforzi: Nella Prima Lettura, il profeta Eliseo disse a chi gli portava cibo: Datelo alla gente, che possa mangiare… ed i cento uomini mangiarono. Nella Lettera agli Efesini leggiamo oggi che quando San Paolo era solo un prigioniero del Signore, in quelle condizioni riuscì a confermare e ad incoraggiare le comunità che fondò. Analogamente, fu un bambino innocente e fragile, disposto a condividere quello che aveva, il suo pranzo, che rese possibile il miracolo di Cristo.
Ancora di più, tutto comincia con una richiesta di aiuto di Gesù: Dove possiamo comprare abbastanza cibo perché tutti possano mangiarne?
Qual era il motivo di questa domanda?
* In primo luogo, Gesù conosce le nostre vere necessità. Quando il testo del Vangelo dice che Cristo fece la sua domanda per provare Filippo, non vuole dire che stava mettendo alla prova il suo ingegno o la sua creatività. Piuttosto, stava stimolando la sensibilità dei discepoli. Cioè, come esseri umani, come seguaci di Cristo, dobbiamo essere guidati dallo Spirito, il che significa che riceviamo il suo consiglio quotidiano (Rm 8, 14). Questo significa molto più che vivere d’accordo con alti standard morali, questo ha a che vedere con le motivazioni del nostro cuore. Dio, attraverso il suo Spirito, vuole avere una partecipazione attiva nelle nostre vite, il che comprende non solo le nostre decisioni e priorità in ogni circostanza, ma anche cambiare i nostri occhi, le nostre orecchie ed il nostro cuore: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (1 Cor 2, 9). Sì; d’accordo con la nostra natura, siamo molto coscienti che è più gioioso dare che ricevere, sappiamo che la perfezione che cerchiamo in Cristo è la pienezza della nostra missione di misericordia.
Per questo motivo sono tanto pericolosi per la perfezione i peccati di omissione, perché generalmente passano inavvertiti alla nostra povera sensibilità umana. Quando perdiamo una sola opportunità di fare qualunque tipo di bene, smettiamo di rappresentare Cristo e tagliamo il nostro dialogo con le persone divine, chiudendo le nostre porte ai doni dello Spirito Santo. Che senso avrebbe ricevere doni e forze quando non ho usato completamente le abilità e i talenti che ho già? Questa è la vera e grave pigrizia, quando lasciamo che si perda un’occasione, quando non raccogliamo nei nostri canestri quello che crediamo di poco valore o inutile. Niente di quello che ho ricevuto deve perdersi; tutto, anche se fosse solo la mia capacità di sorridere o l’ispirazione di realizzare un semplice gesto di affetto… è destinato a cambiare vite; così come i cinque pani ed i due pesci risvegliarono la fede di molti. Lo faccio con tutte le mie forze? La questione è se voglio donare a Dio il poco che ho. E se lo faccio con tutte le mie forze, scoprirò che è più che sufficiente per alimentare tutti.
* In secondo luogo, Dio non vuole realizzare miracoli da solo. Perfino quando Cristo resuscitò Lazzaro dai morti, ebbe bisogno che Marta e gli ebrei lo aiutassero a togliere la pietra dal sepolcro (Gv 11, 39-41). Questo, ovviamente, non è dovuto ad alcuna limitazione divina, ma è un generoso gesto di fiducia ed onore. Sì, il nostro Dio è un Dio di sorprese per coloro che sono disposti ad essere generosi. Permettetemi di illustrarlo con questa storia dei primi anni del secolo XX:
Un uomo attraversava l’Atlantico su una nave. Una notte, mentre era chiuso nella sua cabina a causa della nausea, sentì un grido: Uomo in mare! Sapeva che non c’era niente che potesse fare per aiutare, ma disse a se stesso: Almeno posso mettere una torcia nell’occhio di bue. Si sforzò per mettersi in piedi ed appese la luce affinché brillasse nell’oscurità. Il giorno dopo seppe che la persona che era stato salvata aveva raccontato a tutti: Stavo per affondare nella notte oscura per l’ultima volta, quando qualcuno accese una luce in un occhio di bue. Quando quella luce illuminò la mia mano, un marinaio in una scialuppa di salvataggio mi vide e mi salvò.
Dio ci ha scelti per tendere la mano e portare luce all’oscurità, per illuminare le vite degli altri, senza curarci di quanto piccoli o insignificanti possiamo sentirci.
Quali sono le conseguenze di quanto detto prima nella nostra vita spirituale?
Prima di tutto, ricordiamo il vero significato e la principale conseguenza del nostro amore per Cristo: Pasci le mie pecore. Molti di noi ci accontentiamo semplicemente di una “vita spirituale equilibrata”, evitando il deterioramento morale ed aiutando in maniera generosa e regolare le persone che ci circondano. Ironicamente, queste buone azioni c’impediscono di raggiungere la cima della nostra vocazione: se vivo il Vangelo, si suppone che devo trasmetterlo. Questo è quello che siamo chiamati a fare: accogliere le nostre vite, ricche o povere, forti o deboli, ringraziare Dio e condividere tutto, totalmente, con gli altri. Il miracolo che oggi ricordiamo andò molto oltre il risolvere un problema logistico di alimenti. La folla si trasformò in una vera comunità, condividendo tutti la ricchezza e la povertà, la debolezza e la fortezza degli altri. Cristo creò un’autentica comunità.
Gesù alzò gli occhi e vide una grande folla. Questo è ciò che succede a me? O piuttosto, vedo solo che abbiamo bisogno di più collaboratori, più vocazioni o più parrocchiani…. Vedo soprattutto quelli che sperano di essere contattati? Stanno intorno a noi, non devono essere scoperti, benché quelli che sono stati già toccati dallo Spirito hanno bisogno di una attenzione speciale, forse perché sono stati guariti o si sentono vuoti ed assetati di spiritualità, anche se la maggioranza di essi lo nega. Questa è la ragione per la quale la gente si affrettò ad andare verso il luogo dove si dirigeva Gesù e, seguendo da lontano la costa nord del Mare di Galilea, la folla si unì a Lui.
Come possiamo cominciare questo compito? Gesù oggi ci dà una risposta: Fate sedere la gente, passiamo tempo coi fratelli e sorelle, condividendo i nostri pasti, i nostri sogni, le nostre preoccupazioni con essi.
Come dice il proverbio, per conoscere una persona, dobbiamo mangiare con lei varie volte. O, con le parole del nostro Padre Fondatore, il primo passo nella nostra missione apostolica è fare amici. Siamo chiamati a celebrare insieme, mangiare insieme, piangere insieme, giocare insieme, e sempre che sia possibile, avere il vincolo intimo e gioioso di pregare insieme. Altrimenti, non conoscerò mai realmente il mio prossimo, e le cattive interpretazioni ed i sospetti invaderanno le nostre relazioni, sboccando nella paura. Questo succede sempre quando c’è una differenza: età, sesso, cultura, inclinazioni…. La vera unità può essere costruita solo da Cristo.
Orbene, non dobbiamo dimenticare che c’è un secondo passo, alimentare le persone con alimento spirituale, e la fonte è Cristo stesso. Dobbiamo ripetere continuamente il nostro alimento spirituale, mantenendo una relazione vicina con Lui (Sì: Eucaristia, Orazione e Vangelo) ma siamo anche responsabili di alimentare il nostro prossimo.
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Un esempio importante di come approfittare delle opportunità per alimentare le persone: Dobbiamo aiutare i giovani a partecipare alla Messa incoraggiandoli a venire con un’intenzione di intercessione, così come possiamo approfondire la nostra spiritualità della Messa seguendo l’esortazione di San Timoteo: Insisto che facciate suppliche, orazioni, intercessioni ed azione di grazie per tutte le persone. Di fatto, la Messa, come sacrificio e come banchetto, è il modello di oblazione, perché si realizza in unione con l’oblazione o sacrificio di Gesù Cristo. Esiste una relazione immediata tra la celebrazione dell’Eucaristia e la cura di coloro che sono materialmente, emozionalmente e spiritualmente poveri.
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Spesso la logica e la ragione umana ci dicono che siamo troppo giovani, troppo deboli, troppo pochi, troppo ignoranti o, quello che è peggio, in qualche modo divisi ed imperfetti. Sentiamo che non abbiamo niente da dare. Ma se cerchiamo di compiere questa missione insieme, in unità ed amore, pregando per quei fratelli che sono in disaccordo con noi ed evitando scandali e divisione, Dio si mostrerà compiaciuto con la nostra offerta ed i nostri sforzi e farà sì che la nostra testimonianza sia credibile e fruttifera.