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Santo

Beato Giacomo Alberione, 26 novembre

By 25 Novembre, 2024No Comments
Fondatore della Famiglia Paolina. Un religioso visionario, un profeta che apprezzò la ricchezza dei “mass media” per diffondere il Vangelo; furono uno strumento di grande fecondità apostolica in mano a questo geniale beato.

Questo chiaroveggente apostolo che vide la ricchezza dei mezzi di comunicazione sociale per diffondere il messaggio di Cristo, nacque nella località italiana di San Lorenzo di Fossano (Cuneo, Piemonte) il 4 aprile 1884. Vedendo la sua vita si constata retrospettivamente che chi ha stoffa di apostolo, come lui, scruta sempre quello che lo circonda con uno sguardo penetrante, attento ai segni che Dio estende davanti a sé, li porta all’orazione e procede ad agire senza dilazione alcuna. Era il quarto dei sei figli di Michele e Teresa, un matrimonio di contadini cristiani. I suoi sogni infantili miravano al sacerdozio. A quell’età in cui i bambini sognano di compiere grandi gesta, ed a volte segnalano il loro futuro con le più sorprendenti professioni, Giacomo aveva già scelto. Quando la sua maestra Rosina Cardona gli fece a scuola la solita domanda: “che vuoi fare da grande?”, senza dubitare rispose: sacerdote! Un buon parroco, il padre Montersino che dirigeva la parrocchia di Cherasco dove il beato si trasferì con la sua famiglia, l’aiutò nel suo impegno.

Nel 1896 iniziò gli studi nel seminario di Bra, e nel 1900, anno che segnò la sua attività, proseguì la formazione nel seminario di Alba; si ignora perché lasciò Bra. Ma proprio quando l’orologio segnava le prime ore dell’anno 1901 visse un’esperienza che lo segnò per sempre. Dove trovano i santi le risposte che servono? Nell’orazione, naturalmente. E in quell’alba mentre in tanti luoghi del mondo si celebrava con grandi fasti l’entrata dell’Anno Nuovo, il giovane seminarista si trovava pregando nella cattedrale, prostrato davanti al Santissimo. Nella sua mente ribollivano le inquietudini di chi cerca la gloria di Dio. In concreto aveva presente l’enciclica di Leone XIII “Tametsi Futura Prospicientibus” e, in un momento dato, il fulgore che emanava la Sacra Forma lo sollecitò ad agire. Doveva formarsi con ogni urgenza per servire la Chiesa e l’umanità in una via, ancora sconosciuta per lui, ma che avrebbe avuto una straordinaria ripercussione durante il secolo che era appena nato: i “mass media” che nelle sue mani sarebbero diventati uno strumento di innegabile fecondità apostolica. In un primo passo per la grande missione che andava a svolgere, la Provvidenza aveva messo sulla sua strada il canonico padre Francesco Chiesa, una persona che ebbe una influenza enorme sulla sua vita per quasi mezzo secolo, che lo guidò ed accompagnò.

Nel 1907 fu ordinato e cominciò il suo ministero pastorale a Narzole (Cúneo), sebbene esercitasse il suo lavoro anche in altre parrocchie intorno. Predicava, impartiva conferenze e catechesi, tra le altre azioni. Come la frutta matura cade dall’albero, per Giacomo arrivava già l’ora di mettere in moto la missione che Dio aveva determinato per lui. In questa epoca conobbe uno dei suoi stretti collaboratori, Giuseppe T. Giaccardo; poi si rese conto dell’importante ruolo che la donna ha nell’evangelizzazione, e non ebbe dubbi che la via che doveva seguire per esercitare il lavoro apostolico si trovava nelle risorse che forniva la comunicazione.

Esercitò la docenza nel seminario di Alba; diresse spiritualmente sacerdoti ed a giovani. Nel 1913 gli fu affidata la direzione del settimanale Gazzetta d’Alba. Nel frattempo vide che l’ingente lavoro apostolico che era in fiore sarebbe stato più effettivo nelle mani di persone consacrate. Nel 1914 fondò la Società di San Paolo del quale fu superiore generale fino al 1969. Nel 1915, insieme a Teresa Merlo, creò la Congregazione delle Figlie di San Paolo. Nel 1921 erigendo la Pia Società di San Paolo, cominciarono ad emettere voti privati alcuni dei suoi componenti. Quello stesso anno fece la domanda per ottenere l’approvazione come congregazione diocesana. Nel 1923 si ammalò gravemente ed i medici non speravano nulla di buono. Ma si sbagliarono, poiché guarì; egli attribuì a san Paolo il suo sorprendente recupero.

L’opera che mise in moto, nutrita con tredici riviste, attraverso le quali diffondeva il vangelo a tutte le genti, si estendeva in diversi luoghi. Quello era già inarrestabile. Della fecondità di questo beato danno prova le istituzioni che compongono la “Famiglia Paolina”, un emporio apostolico creato tra il 1914 e il 1960. Giacomo era un uomo di orazione, con carisma tra i giovani, di una fede travolgente. Digiunava frequentemente e per vari giorni senza che questo sforzo gli costasse molto. Diceva che bisognava “lavorare con le ginocchia”. La sua mente aperta all’infinito si riassumeva nel “pensare in grande” che consigliava ai suoi. In modo chiaroveggente, diceva: “Pensare e fare; non solo sognare”. Nel 1960 manifestò: “Deve essere uno lo spirito, quello contenuto nel cuore di San Paolo, ‘Cor Pauli, cor Christi’; hanno le stesse devozioni; ed i vari obiettivi convergono in un fine comune e generale: dare Gesù Cristo al mondo in modo completo, come Egli si è definito: ‘Io sono la via, la Verità e la Vita’ “.     

Si è discusso sulla sua proverbiale fedeltà al papa. Così lo testimoniò fino alla fine, lasciando nel suo testamento questo eloquente sentimento: “Sento, davanti a Dio e davanti agli uomini, la gravità della missione che il Signore mi ha affidato… Siamo fondati sulla Chiesa e sul Vicario di Gesù Cristo, e questa convinzione ispira fiducia, allegria, coraggio”. Insieme alle preoccupazioni proprie della sua missione fondatrice, visse con dolore la separazione di alcuni dei suoi collaboratori che lo precedettero nella morte. Soffriva una scoliosi che gli causò molte sofferenze e lo indebolì tanto che alla fine morì il 26 novembre 1971 a 87 anni. Prima l’aveva visitato Paolo VI che nel 1969 aveva lodato le sue virtù e la sua magna opera, sottolineando l’umiltà, il silenzio e la laboriosità di Giacomo, il suo spirito orante e capacità per “scrutinare… le forme più geniali di arrivare alle anime”.

Giovanni Paolo II lo beatificò il 27 aprile 2003.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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