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Santo

Beato Diego Giuseppe da Cadice, 24 marzo

By 23 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments

“Apostolo della misericordia, questo grande cappuccino, che solo volle essere missionario santo e aspirò ad ottenere la palma del martirio, fu anche un grande oratore. Menendez y Pelayo lo ha messo subito dopo san Vincenzo Ferrer e san Giovanni d’Avila”

Giuseppe Francesco López-Caamaño y García Pérez nacque a Cadice (Spagna) il 30 marzo 1743. Apparteneva ad un’illustre famiglia. Sua madre morì quando egli aveva 9 anni e si stabilì con suo padre nella località di Grazalema (Cadice). Frequentò studi coi domenicani di Ronda, Malaga. Ma a 15 anni scelse i cappuccini di Siviglia, vincendo il suo rifiuto per la vita religiosa e verso questo Ordine in particolare, per prendere l’abito e il nome coi quali sarebbe stato poi innalzato agli altari. Lasciando da parte quella certa avversione iniziale all’impegno che stabilì anni più tardi, riferendosi retrospettivamente alla sua vocazione si apprezza quanto fosse cambiato. Può essere che neppure ricordasse il peso delle sue emozioni di adolescente quando scrisse: “Tutto il mio affanno era essere cappuccino, per essere missionario e santo”.     

Nel 1766 fu ordinato sacerdote. L’accompagnava un unico anelito: raggiungere la santità. Voleva essere un grande apostolo senza escludere il martirio. E lasciò costanza di ciò: “Che ansie di essere santo, con la preghiera placare Dio e sostenere la Chiesa santa! Che desiderio di uscire pubblicamente, e, a viso scoperto, contrastare i libertini!… Che ardore per spargere il mio sangue in difesa di quello che fino ad ora abbiamo creduto! “. Ma il cammino della santità, Dio, generalmente, non lo rende facile ai suoi figli. Durante alcuni anni le oscillazioni nella sua vita spirituale furono abituali, fino a che soffrì una radicale trasformazione con la grazia di Cristo. Ciò non lo liberò dalle esperienze che normalmente si presentano nell’itinerario che conduce all’unione con la Santissima Trinità. Passò per contraddizioni ed oscurità. Furono frequenti le sue lotte contro le tentazioni della carne e dovette combattere germogli di apatia nel compimento della sua missione, tra le molte altre debolezze che affrontò e superò. Nessuno (solo Dio) sapeva delle lotte interne di questo grande apostolo, la cui affettuosità e peculiare senso dell’umorismo era particolarmente apprezzato nelle distanze brevi.     

Dal 1771 e per trent’anni la sua attività in missioni popolari si estese per quasi tutta la penisola spagnola. Le sue grandi doti di oratoria ed eloquenza passate per l’orazione operavano prodigi nelle genti attraverso una predicazione della quale si è sottolineato, oltre al suo rigore, la semplicità e dignità. Il suo contributo fu inestimabile in un periodo marcato dal regalismo e dal giansenismo che erano al loro apogeo. Come tante volte succede, giudicando menti illustri, e ancora di più con la profondità di vita del beato, le valutazioni non sono sempre benevole. Quando si esaminano i suoi passi unicamente da un punto di vista razionale, ricorrendo ad un’analisi storica frequentemente carica di pregiudizi, come alcuni critici hanno fatto, rimane in penombra l’essenziale: la sua grandezza spirituale e le eccezionali qualità poste al servizio della fede e della Chiesa in momenti di indubbia difficoltà.     

Trattando dell’oratoria religiosa, il grande Menéndez y Pelayo lo situò dietro san Vincenzo Ferrer e san Giovanni d’Avila. Diego Giuseppe promuoveva un profondo rinnovamento spirituale nei suoi ascoltatori. Arrivò a predicare a corte. Le sue parole ebbero grande influsso non solo nell’ambito religioso ma anche nel pubblico. Insieme all’istruzione dottrinale che forniva, impartiva conferenze a uomini, donne e bambini di ogni condizione sociale. Incoraggiava loro con la celebrazione della penitenza e la preghiera pubblica del santo rosario. Suscitava emozioni allo stesso modo in chierici, plebei ed intellettuali. La sua fama lo precedeva e la moltitudine che si trovava per sentirlo non stava nelle grandi cattedrali. A volte durante varie ore doveva parlare all’aperto ad un auditorio formato da quarantamila e fino a sessantamila persone che lo consideravano un “inviato di Dio.”     

Quell’imponente spiegamento di moltitudini che accorrevano a lui infervorate, evidenzia che i membri della vita santa sono stati i veri artefici delle reti sociali. Una rete di seguaci con alta sensibilità – che oggigiorno molti vorrebbero per sé -, seppero identificare la grandezza di Dio e la sua bellezza ineguagliabile plasmata nelle parole di questo insigne apostolo. Furono tre decadi di intensa dedicazione portando con singolare zelo la fede oltre i confini dell’Andalusia nella quale era ben conosciuto. Aranjuez, Madrid, popolazioni di Toledo e di Ciudad Real, Aragona, Levante, Estremadura, Galizia, Asturie, Leon, Salamanca, perfino Portogallo ed altre, furono percorse a piedi da questo instancabile pellegrino che impregnò con la forza della sua voce, avallata da una vita virtuosissima, il cuore delle genti. Una grande maggioranza nella sua epoca lo considerò un “nuovo san Paolo”. Penitenza e orazione continua furono le sue armi apostoliche, mentre il suo corpo tremava sotto un rustico cilicio. Se avesse contato sui mezzi e le tecniche che esistono attualmente, le sue conquiste per Cristo supererebbero l’immaginabile.    

Era un gran devoto di Maria sotto l’invocazione della Divina Aurora, della quale fu acceso difensore. Fu premiato con carismi straordinari come il dono di profezia e numerosi miracoli che effettuava col suo proverbiale senso dell’umorismo e l’arguzia andalusa che possedeva. La sua corrispondenza epistolare, sermoni, opere ascetiche e devozionali sono innumerevoli. E’ stato conosciuto come l’”apostolo della misericordia”. Morì nella località malagueña di Ronda il 24 marzo 1801 quando si trovava in un processo davanti all’Inquisizione dove fu portato da coloro che non seppero identificare in lui il santo che era stato. Lo coprirono con penosi segni di ingratitudine che finirono in un’ingiusta ed umiliante persecuzione. Al di sopra dei ciechi giudizi umani, Dio gli aveva già riservato la gloria eterna. 

Fu beatificato da Leone XIII il 22 aprile 1894. 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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