“Il suo ingresso nella vita religiosa fu il frutto della sua perseveranza. Senza cedere allo scoraggiamento insistette quante volte fu necessario, cercando essere accolta da vari Istituti. E’ fondatrice delle Sorelle Salesiane del Sacro Cuore di Gesù”.
L’incertezza è frequente nella vita santa. Accompagna l’apparente fallimento di un sogno che non riesce a materializzarsi. Sono momenti di prova per un’anima che si dà in pieno contro le corde della solitudine e del vuoto. La porzione della strada che desidera percorrere, l’unico che vede, le resiste e non sa perché. Dio che conosce quello che sta dentro il cuore di ognuno, che ha costanza fino a dell’ultimo dei nostri capelli, permette circostanze che la ragione non capisce perché la spiegazione degli eventi non percorre quelle rotte. A coloro che persistono nelle loro suppliche, a tempo debito, quando Egli giudica opportuno, dà loro la luce e sradica gli scogli, come fece con questa beata.
Tomasa, quello era il suo nome di battesimo, nacque a Bocairente (Valencia, Spagna) il 12 novembre 1842. Era la quinta di otto fratelli. Sentì la chiamata alla vita religiosa quando si accostò alla prima comunione: “Quando ricevetti per la prima volta la Sacra Comunione, rimasi come stupita e sperimentai che Gesù mi chiamava alla vita religiosa”.
In questa epoca, normalmente si insegnava a ricamare ed a recitare, ed ella mostrò buone doti non solo per la confezione e la poesia ma anche per la musica, come constatarono nel collegio di Loreto dove studiava. Ma la formazione genuina, tanto umana come spirituale, gliela diedero le religiose della Sacra Famiglia di Bordeaux a Valencia.
L’epoca non era propizia per coloro che sceglievano la consacrazione. Per questo motivo, ma soprattutto perché la Provvidenza l’aveva scelta per un’altra missione, le porte del convento sembravano chiuse per la beata, nonostante cercasse in varie occasioni di compiere il suo anelito una volta che la sua famiglia smise di opporsi ai suoi desideri. Cercò di entrare dalle carmelitano scalze di Onteniente, e la malattia distrusse la sua aspirazione. Fu un ostacolo che l’obbligò a ritornare alla sua casa paterna. Ed altrettanto le accadde con le carmelitane della carità di Vich poiché stando insieme a loro contrasse il colera. Allora i suoi genitori erano già morti. Di fatto, non diede nessun passo fino a che non morirono; aveva vissuto dedicata alle loro cure, mentre assisteva poveri e malati.
In questo processo di ricerca – aveva già fatto volontaria rinuncia al matrimonio -, e dato che non trovava la strada che doveva intraprendere, ed otteneva solo molti impedimenti a quello che si proponeva, trovò impiego come operaia tessile a Barcellona e servì nella scuola dalle mercedarie dell’insegnamento. Intatto conservava il suo desiderio di consacrazione che decise di portare avanti benché dovesse farlo fuori da un convento.
Quindi stette a Benicassim, nel deserto di Las Palmas pensando che forse avrebbe potuto dedicarsi ad una specie di consacrazione eremitica. Il suo confessore non lo vedeva chiaro, e lei stessa si rese conto in situ che aveva ragione. Cosicché tornò a Barcellona col peso della sua incertezza: “Tua, Gesù mio, tua voglio essere, ma dimmi dove”.
La risposta arrivò attraverso un’esperienza mistica. Il Sacro Cuore di Gesù le mostrò la sua spalla sinistra insanguinata, dicendole: “Guarda come mi hanno ridotto gli uomini con le loro ingratitudini, vuoi tu aiutarmi a portare questa croce?”. Ella rispose come Samuele, senza dubitare: “Signore, se hai bisogno di una vittima e mi vuoi, qui sto, Signore”. Allora, il Redentore le disse: “Fonda, figlia mia, che di te e della tua Congregazione avrò sempre misericordia”. Le rimaneva ancora da sapere dove avrebbe incominciato l’opera.
Ed ubbidendo al suggerimento del vescovo Jaime Català, si diresse al suo confessore determinata a compiere le sue indicazioni. La scarsità di vocazioni e le necessità che si presentarono nella sua terra, allagata per la distruttiva inondazione del fiume Segura che spianò i campi di Murcia nel 1884, come nel 1879 lo aveva fatto la piena di Santa Teresa, furono determinanti per avviare i suoi passi verso lì.
E le vicinanze di Alcantarilla illuminarono la nascita della prima comunità di terziarie della Vergine del Carmelo. Combatté col colera dedicando totalmente attenzioni ai malati e alle bambine orfane in un piccolo centro sanitario che denominò “La Provvidenza”. Aumentarono le vocazioni e si aprirono nuove case, una di esse ad Albacete. Ma voleva conoscere se quella era realmente la volontà di Dio, e l’unico segno per chiarirlo era la croce: “fondare nella tribolazione”.
I problemi sorsero tra i membri delle case di Alcantarilla e Caudete quando la Congregazione non aveva ancora ricevuto l’approvazione diocesana. Furono giorni di intensa orazione e sofferenza. Il padre Tommaso Bryan y Livermore l’inviò insieme ad un’altra religiosa, Suor Alfonsa, l’unica che perseverò, al Convento della Visitazione delle Salesiane Reali a Orihuela, per fare esercizi spirituali e progettare una nuova fondazione.
E qui le fu fatto capire il suo vero carisma: i bambini poveri ed abbandonati, gli anziani ed i malati ai quali avrebbe mostrato il Cuore misericordioso di Gesù ed il patrocinio di san Francesco de Sales per questa opera che doveva mettere in moto. Così nacque nel 1890 la Congregazione di Sorelle Salesiane del Sacro Cuore di Gesù.
Dedita alle necessità di tutti, offrì la sua pia vita abbracciata alla croce, fiduciosa, perseverante fino alla fine. “L’elemosina dell’amore vale più che quella del denaro”, fece notare. L’anno della sua morte, 1916, contrasse una grave malattia ed il 26 febbraio morì seduta nella sua poltrona nella casa di Alcantarilla. In altri momenti, guardando il crocifisso aveva detto: “Lui morì sulla croce e io non devo morire nel letto, bensì per terra”.
Fu beatificata il 21 marzo 2004 da Giovanni Paolo II.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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