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Santo

Beata Maria Luisa Merkert, 14 novembre

By 13 Novembre, 2024No Comments

La samaritana della Slesia, cofondatrice insieme a sua sorella Matilde, della Congregazione delle Suore Bigie di Santa Elisabetta; dedicò la sua vita ai poveri e ai malati. E’ considerata la figura più grande che la Slesia abbia dato nel secolo XIX

Nacque a Nysa (alta Slesia, Polonia, antica diocesi di Breslavia) il 21 settembre 1817. I suoi genitori, di classe agiata e cattolici, ricevettero con gioia la seconda delle loro figlie, che battezzarono nella parrocchia di St. James. Ma Maria Luisa non poté godere molto tempo della presenza paterna, poiché Carlo Antonio Merkert, uomo integro e impegnato, vincolato alla Confraternita del Santo Sepolcro, morì quando ella aveva un anno. Dovette essere sua madre, Maria Barbara, colei che si occupò di infondere nelle sue figlie la fede e pietà sulle quali i due sposi avevano edificato la loro vita in comune. Tanto Maria Luisa come sua sorella Matilde furono straordinariamente ricettive agli insegnamenti materni, e crebbero con un accentuato senso di compassione per gli abbandonati. Entrambe sperimentarono allo stesso modo un’inclinazione verso la consacrazione religiosa. Dopo la morte del padre scarseggiarono i mezzi economici, benché Maria Barbara facesse il possibile affinché non rimanessero senza una buona educazione. Maria Luisa era intelligente ed approfittò degli insegnamenti che ricevette nella scuola, un centro nel quale si dava somma importanza alla formazione religiosa e morale.

Quando sua madre si ammalò, Maria Luisa si occupò di lei e questo gesto filiale stimolò, ancor di più se possibile, il suo desiderio di dedicarsi interamente a servire i poveri, malati e bisognosi, assecondata da sua sorella Matilde. In questa decisione che si materializzò nel settembre 1842, due mesi dopo la morte della mamma, influì il suo confessore il padre Fischer, vicario della chiesa di St. James. Due giovani, Francesca Werner e Chiara Wolff che era terziaria francescana, si vincolarono alle due sorelle, dedicandosi a curare i malati e ad assistere i poveri nelle proprie case. Ma già inizialmente diedero a questa azione caritatevole un aspetto religioso, allontanandosi da un mero atto di volontariato. Si confessarono e comunicarono, culminando il loro impegno con un atto espresso di consacrazione al Sacro Cuore di Gesù che finì con la benedizione del padre Fischer. Era la nascita dell’associazione per assistenza a domicilio di poveri e malati abbandonati che impegnava tutte a compiere gli obiettivi indicati senza avere emesso voto alcuno. Scelsero Francesca per presiederli. Con autentico spirito di fedeltà Maria Luisa visse la promessa alla quale liberamente si era abbracciata. Il marchio del suo generoso lavoro quotidiano, che includeva la richiesta di elemosina per aiutare la gente, fu la preghiera e la sua devozione a Maria e al Sacro Cuore di Gesù.

Nel maggio 1846 morì Matilde a Prudnik, a causa di un’infezione che contrasse mentre assisteva persone afflitte da tifo e malaria, e questo costituì un duro colpo per Maria Luisa. Allora ella e Chiara Wolf, seguendo il suggerimento del confessore Fischer, alla fine del 1846 si vincolarono alle Sorelle della Misericordia di San Carlo Borromeo, a Praga, con l’idea di effettuare il noviziato, ma sempre nella linea di attenzione ai malati e bisognosi che avevano portato avanti prima. Ma quello non era il carisma di questo Ordine, e Maria Luisa le lasciò nel 1850 dando risposta al sentimento che percepiva interiormente e che giudicò volontà di Dio. Aveva fatto già provvista di un’eccellente formazione mentre svolgeva lavori di infermeria in vari ospedali polacchi. Tutto ciò le avrebbe permesso di portare a termine, con maggiore preparazione, l’idea primigenia di dedicarsi a curare i malati nelle loro case. Sapeva di esporsi al contagio perché le epidemie erano nell’aria, e con alta probabilità causavano la morte. Ma nel suo apostolato sollecitava a non temere niente, sacrificando la vita, se era necessario, per amore di Cristo e degli altri.

Ritornò a Nysa, e dovette fare chiudere le orecchie per le numerose critiche che la perseguitavano. Più doloroso era affrontare la decisione di sacerdoti che, contrastandola, le vietarono la recezione dell’Eucaristia. Inoltre, il vescovo si rifiutò di dar loro il permesso per creare una comunità. Ella accettava i fatti sapendo che la sofferenza accolta con gioia si riversava automaticamente in un cumulo di benedizioni per la Chiesa. Fu la sua conformità e lo spirito di umiltà e generosità che nasceva dalla sua vivenza quella che attrasse nuove vocazioni. Il 19 novembre 1850 insieme a Francesca riprese la sua azione caritatevole sotto la protezione di santa Elisabetta di Ungheria la cui festa si commemorava in quel giorno, ed che scelsero espressamente come loro protettrice.

Nel 1859 il prelato di Breslavia approvò questa nuova Associazione di Santa Elisabetta, ed alla fine di quell’anno Maria Luisa fu scelta superiora generale. Professando l’anno seguente venticinque religiose che facevano già parte dell’Opera, inclusero il voto di curare i bisognosi e malati. Ella diede alle sue sorelle, circa mezzo migliaio, formazione spirituale ed intellettuale durante i ventidue anni che presidiò l’Istituto. Questo fu approvato da Leone XIII nel 1887. Maria Luisa era morta il 14 novembre 1872 stimata dal suo popolo che affettuosamente ed in gesto di gratitudine la riconosceva come “la samaritana di Slesia” per la sua forma di esercitare la carità coi poveri, e “l’amata madre di tutti”. È considerata come la più egregia figura della Slesia del secolo XIX. Lasciava fondate 90 case.

Fu beatificata da Benedetto XVI il 30 settembre 2007.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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