“Madre dei poveri, la brasiliana Nha Chica (Zia Chica), attrasse innumerevoli persone a Cristo e Maria con la sua fede e orazione. Visse sotto la protezione della Vergine in cui onore eresse un eremo, attuale santuario di Nostra Signora della Concezione”
Davanti alla vita di questa gran donna vengono alla memoria le parole di san Paolo nel suo inno alla carità: ogni scienza è stoltezza se non è illuminata da questo comandamento istituito da Cristo. La formazione mancò a Nhá Chica che non seppe mai né leggere né scrivere, ma aveva l’amore per bandiera. Fu il santo e il segno del suo lavoro quotidiano, l’unica cosa che occorreva per oltrepassare le frontiere della gloria. E così, il 4 maggio 2013 la città di Baependi non nascondeva il suo giubilo per la beatificazione della sua compatriota, prima laica e nera brasiliana a salire agli altari, ed ascoltava giubilante le parole che il papa Francesco dirigeva a tutti in un messaggio, sintetizzando la sua mirabile esistenza. Ricordò quel giorno che fu “una donna di assiduo preghiera e perspicace testimone della misericordia di Cristo coi bisognosi del corpo e dello spirito”. Sul filo di queste parole nella mente di tanti gratificati dalla sua generosità si faceva largo la sua luminosa presenza, mentre il cuore batteva emozionato con l’eco dei suoi molteplici gesti di pietà.
Di umile condizione sociale nacque verso il 1808 (ci sono fonti che segnalano 1810 perché la data è imprecisa), nella tenuta Porteira dos Vilellas del municipio di Santo Antônio do Rio das Mortes Pequeno, appartenente a Minas Gerais, benché dai suoi 8 anni tutta la sua vita scorresse a Baependi. Portava con sé eccelse virtù tracciate nella sua pelle scura che evocava ancestrali tradizioni e culture, un passato di ingiusta schiavitù che non suppose per lei ostacolo alcuno. Neanche per i suoi contemporanei che non considerarono mai le sue radici, né le sue carenze educative. Unicamente rifletterono sulla sua anima pulita, la potente forza che emanava dalle sue parole, la dolcezza che incorniciava il suo viso e quella portata di bontà resa incontenibile donazione che filtrava tra le sue dita cercando di calmare la sofferenza altrui.
Non erano passati più di dieci anni della sua vita quando perse sua madre Isabel Maria che era stata schiava e sicuramente dovette concepirla attraverso qualche proprietario terriero. Francesca rimaneva sola al mondo insieme a suo fratello Teotônio, quattro anni più grande di lei. Si ignora se ambedue ebbero lo stesso padre, poiché i cognomi di lui appartenevano ad una importante famiglia, mentre ella era stata iscritta col nome di Francesca di Paula di Gesù. Isabel Maria gli consigliò di non sposarsi e di dedicare la sua vita a soccorrere i bisognosi sostenuta dalla fede. Quando sua madre morì, la Vergine, sotto l’invocazione dell’Immacolata Concezione, fu l’esclusiva referente di Nhá Chica. La chiamava familiarmente “Mia Signora”; non faceva niente senza chiederglielo. Trasferendosi a Baependi, tra le scarse cose che portarono c’era una sua immagine. Pertanto, era cresciuta contemplandola, sentendola tanto vicino che quell’intimità che manteneva con la Madre era naturale.
Non l’attrasse mai la cultura, solo la Parola di Dio che a suo tempo cominciarono a leggerle. Ad ogni modo, bisogna tenere conto della sua provenienza e della scarsa attenzione che all’epoca si prestava alla formazione della donna. A ciò si aggiungeva l’essere rimasta senza protezione familiare essendo una bambina; sono fattori che spiegano anche la deficienza educativa che segnò la sua vita. Al margine di ciò, aveva alcune qualità eccezionali per arrivare al cuore degli altri coi suoi indovinati consigli. La gente correva al suo incontro fiduciosa nel suo buon giudizio e nei suggerimenti per risolvere i distinti problemi che ognuno aveva. Siccome indovinava le sue prognosi, e vedevano che i fatti avvenivano come prevedeva, non potevano nascondere la loro impressione. Davanti alla loro sorpresa invariabilmente rispondeva che la chiave era nella sua fervente preghiera “…È perché prego con fede”, giustificava con semplicità, attribuendo tutto alla Vergine.
Arrivata l’età di sposarsi, seguì il suggerimento di sua madre e ricusò le proposte di impegno matrimoniale che sorsero. Frattanto, suo fratello fece provvista di una certa fortuna e scalò posti importanti nella società. Arrivò ad essere ufficiale della Guardia Nazionale e giudice di una località. Era uno dei dirigenti della Fratellanza di Nostra Signora della Buona Morte. Si era sposato, ma non ci furono discendenti e morendo nel 1861 trasmise tutti i suoi beni a sua sorella. Nhá Chica aveva un’idea fissa: costruire una piccola cappella dedicata all’Immacolata. Fu una richiesta espressa che Maria le fece nel 1865 segnalando a questo scopo l’alto del Cavaco. Cosicché, distribuì tra i poveri gran parte dell’abbondante eredità ed il resto lo dedicò a questa opera. Poi avrebbe organizzato numerose collette per concluderla.
Eresse il piccolo eremo – trasformata poi nell’attuale santuario di Nostra Signora della Concezione – sulla cima della collina, di fianco alla sua casa che non volle mai abbandonare. In un altare collocò l’immagine ereditata da sua madre davanti alla quale normalmente recitava la novena che compose, pregando per il compimento delle numerose richieste che riceveva. Tanta era la fede di Francesca e tale il suo vincolo con la Vergine che coloro che sollecitavano il suo aiuto, esperti di questa intimità filiale, l’abbordavano direttamente: chiedi a Maria che mi guarisca da questo, o che mi risolva quell’altra cosa… Ed i miracoli si susseguivano mentre la beata era in vita. I poveri, gli abbandonati, quelli che soffrivano per la ragione che fosse, avevano in lei un’eccezionale protettrice davanti alla Madre che pure le affidava delle missioni con un commovente: “figlia mia, io, la tua Signora Maria”, per aggiungere di seguito le sue domande relazionate con la Chiesa, con la carità degli abbandonati… a volte Nhá Chica rimaneva sospesa in aria pregando la Salve Regina.
Morì, a causa ad una complicazione gastrica, il 14 giugno 1895 con fama di santità. Per espresso desidero suo, i suoi resti giacciono nella chiesa che fece costruire. Dopo la sua morte continuarono ad avvenire i prodigi ottenuti per la mediazione di questa donna, modello di fede, di carità e di vincolo indissolubile con la Chiesa, che passò per questo mondo illuminata da Maria, consolando gli indifesi.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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