Da quando arrivò la notizia che Papa Francesco avrebbe visitato le terre cilene, ci fu una grande commozione nel Paese, nell’attesa di un avvenimento unico che non avrebbe lasciato indifferente nessuno: a partire dalle autorità governative ed ecclesiali che si impegnarono per l’organizzazione, la sicurezza, i trasporti, la salute, la dichiarazione di ferie nei luoghi della visita, fino alle migliaia di persone che si misero in movimento sia come volontari che come pellegrini, giornalisti o anche venditori… Il Cile è stato in festa, e questo continua anche dopo la visita: si sente nei nostri cuori. E’ una grazia che abbiamo ricevuto e che dobbiamo custodire.
Questa visista ha significato un “più” in molti aspetti, soprattutto nel fatto di uscire dai propri ristretti confini per andare incontro all’altro, per conoscere altre realtà, tanto difficili, come possono essere il tema della migrazione, del dolore di una caduta, della responsabilità che abbiamo davanti al nostro Paese, davanti alla Chiesa ed al loro futuro, davanti alla cura dell’ambiente ed alla tanto desiderata pace, soprattutto nei luoghi in cui per decadi ci sono stati conflitti con i popoli nativi.
Papa Francesco, nel suo breve passaggio attraverso il Cile ha guardato per intero la profondità delle ferite, con un vero umanesimo e con il riconoscimento delle nostre difficoltà per unirci a Dio che “ha avuto misericordia di noi”, e da lì darci completamente, non come chi dà qualcosa a qualcuno che sta ad un livello più basso, ma come si fa verso un fratello, figlio dello stesso Padre.
Papa Francesco incontrò la presidente delle Repubblica, Doña Michel Bachelet, con i membri del governo e i rappresentanti della società civile. Celebrò Messe con tantissimi partecipanti in Santiago, Temuco e Iquique; ebbe incontri con le recluse di un centro penitenziario femminile, con religiosi, vescovi, giovani ed anche intellettuali nella Pontificia Università Cattolica del Cile; riuscì anche a trovare il tempo per parlare con delle vittime di abusi sessuali, di salutare dei bimbi malati, degli anziani e di percorrere con la Papamobile grandi vie, piene di gente che lo salutavano con vero entusiasmo ed allegria.
Noi, misionarie e missionari identes, collaborammo per la preparazione e la formazione dei giovani, e anche come volontari papali, facendo parte dei circa 20.000 volontari reclutati in tutto il Paese.
Nella Parrocchia “Il buon Pastore” di Santiago, noi missionarie coordinammo un gruppo di 60 volontari, con i quali avemmo una serie di incontri in preparazione alla visita, arricchendoci mutuamente per l’allegria del servizio e per la diversità del gruppo. La nostra missione fu dare appoggio negli ingressi e nella sicurezza della Messa che si celebrò nel Parco O’Higgins di Santiago, e collaborare durante gli spostamenti che il Papa realizzò per le vie di Santiago. Per tutti fu un’occasione di incontro con Dio Padre e con i nostri fratelli, cosa che ci lasciò rinnovati, rafforzati nella fede e nella speranza per il futuro. Ognuno di noi potrebbe dire di tante grazie ricevute nel proprio cuore.
Dopo la visita arriva il momento di lasciar decantare tutto quello che si è vissuto, di riflettere e di far vita il motto dei volontari del papa “qual è la nostra missione?: servizio ed orazione” insieme a quello della visita del Papa, facendo eco alle parole di Cristo. “Vi do la mia pace”.