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Santo

Beato Filippo Rinaldi, 5 dicembre

By 4 Dicembre, 2024Dicembre 7th, 2024No Comments

Terzo successore di Don Bosco, fu un miracolo della sua fede perché Filippo per un certo tempo si rifiutò di seguire Cristo. Incarnò mirabilmente il carisma salesiano. Fu un apostolo instancabile, grande formatore e propulsore di nuove opere

Un vero apostolo ignora quello che è lo scoraggiamento. Guidato dalla fede e dalla preghiera insistente non perde mai la speranza di vedere fiorire le vocazioni; per questo motivo agisce con slancio e celerità mosso dalla grazia. Questo terzo successore di Don Bosco, nato a Lu Monferrato (Alessandria, Italia) il 28 maggio 1856, fu un miracolo della fede e zelo apostolico di Don Bosco. Si conobbero quando Filippo aveva 5 anni ed il fondatore dei salesiani passava vicino ad un gruppo di ragazzi nella località. Più tardi, all’età di 10 anni, il giovane iniziò i suoi studi nel seminario minore di Mirabello. Ma non gli piacque la forma di vita disciplinata che dirigeva l’attività degli alunni, e ritornò alla sua casa. Si rinchiuse in banda con tale ostinazione che da allora fu estremamente difficile che accettasse qualunque suggerimento e ripensasse alla sua decisione. Non ci riuscì un amico seminarista, Paolo Albera, né Don Bosco che insistette, come si ricorda, come non fece né prima né dopo con un altro giovane, andando di persona a trovarlo, scrivendogli, inviandogli libri spirituali, e ricordandogli che aveva le porte aperte.

 

Insensibile davanti ad un miracolo effettuato nel paese da Don Bosco che andò a cercarlo quando aveva già 18 anni, continuò a rifiutarsi di riconsiderare l’opzione del sacerdozio. Era l’ottavo e penultimo figlio dei contadini Cristoforo Rinaldi ed Antonia Brezza che pregò in maniera insistente per la sua vocazione, al punto che Filippo rimase profondamente commosso da questo gesto di sua madre; sembra che sia stata l’unica cosa che sia riuscita a toccare la sua fibra più sensibile in quell’epoca. A 20 anni stava per contrarre matrimonio, ma non appena Don Bosco seppe la notizia, rapidamente accorse a Lu con la speranza di portarselo via con sé. Questa grazia, tanto pregata da lui e dalla fedele Antonia, si materializzò alla fine del 1877. Allora Filippo si integrò nel centro dedicato alle vocazioni di età simili alla sua a Sampierdarena, a capo del quale si trovava Paolo Albera.

 

Con grande dedicazione e sacrificio frequentò gli studi che avrebbe dovuto affrontare nel suo momento, e nel 1880 a San Benedetto Canavese, dove aveva realizzato il noviziato, emise i voti, ma ancora senza il coraggio di essere sacerdote. Contro la sua abitudine, perché normalmente rispettava la libertà dei giovani, Don Bosco sollecitò Filippo ad iniziare la strada che l’avrebbe portato al sacerdozio, e questi gli ubbidì. Fu ordinato nel dicembre di 1882 nella cattedrale di Ivrea. Grato e felice per le benedizioni che riceveva al fianco del fondatore, quando questi gli domandava se era felice, rispondeva: “Sì, se sto con lei, in un altro modo non so che cosa sarebbe di me.”    

 

Pochi giorni prima che avvenisse la morte del suo santo fondatore, Filippo andò a confessarsi con lui. E Don Bosco, già quasi senza forze, prima di assolverlo gli disse: “Meditazione”, mirando sicuramente a quello che avrebbe dovuto prendere come consegna della sua missione. La prima che gli affidarono fu dirigere il centro per vocazioni tardive di Mathi, responsabilità che l’oppresse, ma accolse sollecito. Contribuì al notevole incremento di studenti che ci fu in poco tempo. Questa fecondità sarebbe diventata palese a Sarriá, Spagna, dove Don Rua l’inviò nel 1899 come superiore della comunità, e poi in Portogallo, di modo che Filippo è considerato propulsore dell’opera salesiana in questi paesi.

 

A lui si deve la nascita dell’istituto secolare delle Volontarie di Don Bosco, alle quali ricordava: “Che cosa dovete fare per avere vita? Innanzitutto, pregate per sentirvi animate tutti i giorni a portare la croce che il Signore vi ha assegnato; è la prima cosa che dovete fare. Inoltre, ognuno faccia bene le sue faccende, quelle proprie del vostro stato, come Dio vuole, nella vostra condizione; e questo secondo lo spirito del Signore e di Don Bosco”. Fu designato vicario generale nel 1901, e rettore maggiore nel 1922. Succedere a Don Rua, deceduto inaspettatamente, per dirigere l’attività dei salesiani, alta missione per la quale fu scelto quell’anno, fu un fatto che lo sorprese e che accolse con semplicità ed umiltà: “Questa elezione è imbarazzante tanto per voi come per me. Forse nostro Signore vuole umiliare la Congregazione o Nostra Signora vuole mostrare che, con noi, Ella è quella che sta facendo tutto. Tuttavia, è qualcosa di sommamente imbarazzante per me. Per favore, pregate il buon Signore affinché io non distrugga quello che Don Bosco ed i suoi successori hanno costruito”.    

 

Era un uomo di orazione, pio, devoto di Maria Ausiliatrice, aperto alle necessità del suo tempo e fedelissimo al carisma del fondatore. Ebbe grande visione e doti di iniziativa. Estese notevolmente l’opera di Don Bosco mettendo in moto centri formativi diretti anche alla donna. Diede impulso agli studi dei giovani salesiani, nei quali si aggiungeva lo studio delle lingue per aiuto dell’evangelizzazione, e tutelò la vita spirituale di tutti in modo magistrale. Fondò l’Istituto Missionario Salesiano Cagliero a Ivrea, aiutò ed accompagnò i Cooperatori, istituì la federazione degli allievi e realizzò viaggi apostolici in diversi punti dell’Europa. In un momento dato sollecitò al papa Pio XI la concessione di “indulgenze per il lavoro santificato”.     

 

Parlando del beato Rinaldi frequentemente risaltano le parole del padre Francesia: L’unica cosa che manca al Padre Rinaldi è la voce di Don Bosco: tutto il resto ce l’ha”. Il 5 dicembre 1931 mentre leggeva la vita di Don Michele Rua, morì a Torino.

Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 29 aprile di 1990.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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