di p. Luis CASASUS, Superiore Generale dei missionari Identes.
Madrid, 22 Agosto 2021. | XXI Domenica Tempo Ordinario.
Giosué 24, 1-2a.15-17.18b; Lettera agli Efesini 5: 21-32; S. Giovanni 6, 60-69.
Mi piacerebbe cominciare con un’esperienza personale. Non molto tempo fa, una persona mi domandò: Non hai mai pensato alla possibilità di abbandonare la strada che cerchi di seguire dietro a Cristo?
Gli risposi: Sì, certamente. Tutti i giorni. Né la domanda di quell’amico era animata da una curiosità banale, né io pretendevo di scherzare con la mia risposta.
Forse, in quel momento, non pensai a quello che ci dice Gesù nel Vangelo di
oggi: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio», ma compresi, allora ed ora, che l’autentica perseveranza (non quella formale, bensì quella del cuore) non si può spiegare con le nostre sole forze e virtù umane.
Le formule con le quali arrivano alla mia povera intelligenza questi dubbi razionali sulla vocazione normalmente sono due:
- Com’è possibile che dopo tutte le mie infedeltà e la mia poca fede, Dio continui a chiamarmi?
- Com’è possibile che non abbia chiamato le persone che conosco che sono compassionevoli, preziose e più capaci di me?
In realtà, il testo del Vangelo di oggi contiene la risposta più profonda possibile a queste domande o ad altre forse meglio elaborate: Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio. Questo deve farci pensare che avere fede non è un premio che ci meritiamo né un regalo per il piacere personale, bensì per condividerlo con quelli che vogliano fare un uso fruttuoso di questa fede e dare frutti, alcuni trenta, altri sessanta, altri cento.
Le tre Letture di oggi trattano di un modo radicale di vedere la nostra vita, una domanda a cui si deve dare risposta presto o tardi e che decide ogni aspetto, ogni dimensione della nostra esistenza: Chi servirò? Noi, esseri umani di una cultura individualista che esalta l’indipendenza, possiamo avere l’impressione che la domanda essenziale sia piuttosto: vivrò una vita indipendente o una vita da servo? Questo è così, a causa all’idea ingenua ed individualista della libertà che domina il mondo. Ma questa libertà non è reale, non rispetta la nostra natura personale, sociale o spirituale. Forse è opportuno ricordare qui le parole di Albert Schweitzer (1875-1965), il famoso medico, teologo, musicista, filosofo ed erudito nato in Germania: Non so quale sarà il vostro destino, ma una cosa so: gli unici tra voi che saranno realmente felici sono coloro che hanno cercato e trovato come servire.
Per servire qualcuno, scelgo Dio e gli altri, o me stesso? Nella Prima Lettura, Giosué espone la sfida in questo modo: Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire. Come leader, dà l’esempio dichiarando: Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore. Ed il popolo, ricordando le molte benedizioni di Dio su di loro e la sua grande fedeltà, più e più volte, si unisce a Giosué nella sua scelta, promettendo: Anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio.
In un mondo di individualismo, le necessità e la felicità dell’individuo hanno priorità sugli altri. Lo spirito di rinnegamento non è più attraente per le generazioni moderne. Questo atteggiamento si vede rinforzato dalla perdita del futuro per l’eternità. Oggigiorno, le persone senza fede in Dio vivono solo per questo mondo e questa vita, poiché per loro non c’è futuro, né vita dopo la morte. Cosicché nessuno è disposto a sacrificare la sua felicità presente in vista di un futuro incerto. Vogliamo approfittare di tutto quello che possiamo prima di uscire definitivamente da questo mondo. Col risultato che possiamo capire perché gli insegnamenti della Chiesa sulla contraccezione, l’indissolubilità del matrimonio, l’unità del matrimonio ed il matrimonio tra un uomo ed una donna non hanno valore per la persona pragmática/egocéntrica.
Molti di noi serviamo due o più dei nella nostra vita. Molti cadono anche nel sincretismo, cioè, nella mescolanza di altre religioni, valori e pratiche. Quei valori coi quali siamo d’accordo, li pratichiamo. Quelli con i quali non siamo d’accordo, li scartiamo come irrilevanti o non trascendenti. Magari perché è qualcosa che non consideriamo importante o serio. Sant’Agostino ci avverte contro questo atteggiamento di accettazione selettiva degli insegnamenti di Cristo. Scrisse: Se credi a quello che ti piace dei Vangeli, e respingi quello che non ti piace, non è il Vangelo a cui credi, bensì a te stesso. Di tali discepoli, commentò l’evangelista, Gesù conosceva fin dall’inizio coloro che non credevano, e chi erano quelli che lo avrebbero tradito. In effetti, i traditori di dentro sono peggiori di quelli di fuori.
Nel Vangelo di oggi, Gesù fa attenzione ai dubbi dei suoi collaboratori più vicini, nati dalla paura e dall’incomprensione della portata della vocazione ricevuta. Ma c’è più. Essi, in mezzo alla loro debolezza, avevano l’impressione che nulla, o per meglio dire, nessuno, poteva dare vero senso e contenuto alle loro vite. Papa Francesco lo ha espresso così:
Non dice “dove andremo?”, ma “da chi andremo?”. Il problema di fondo non è andare e abbandonare l’opera intrapresa, ma è da chi andare. Da quell’interrogativo di Pietro, noi comprendiamo che la fedeltà a Dio è questione di fedeltà a una persona, con la quale ci si lega per camminare insieme sulla stessa strada. E questa persona è Gesù. Tutto quello che abbiamo nel mondo non sazia la nostra fame d’infinito. Abbiamo bisogno di Gesù, di stare con Lui, di nutrirci alla sua mensa, alle sue parole di vita eterna! (Angelus, 23 agosto 2015).
San Paolo lancia una sfida simile nella Seconda Lettura dicendo: Fratelli e sorelle: Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Situa questa sfida nel contesto della vita matrimoniale. Ai mariti e alle mogli viene chiesto di decidere se scegliere di servire sè stessi o il loro coniuge, e per estensione, le loro famiglie. Ma la sfida si estende a tutte le relazioni, alle amicizie, ai principali e agli impiegati, ai compagni di fede, perfino alle persone che si avvicinano in fretta alla cassa del supermercato. Scegliendo di servire prima gli altri che sè stessi, in ultima istanza stiamo scegliendo di mettere Dio al primo posto nelle nostre vite. Questo è il vero servizio.
Ci vediamo interpellati da nostro Signore a prendere una decisione radicale. Come discepoli di Cristo, dobbiamo obbedire a tutti gli insegnamenti, specialmente a quelli che ci risultano difficili da accettare. In effetti, gli insegnamenti di Cristo sono in contraddizione coi valori del mondo. Le Beatitudini sono il contrario degli atteggiamenti del mondo.
Nella lettura del Vangelo di oggi, Gesù continua la sua istruzione sull’Eucarestia. Molti dei suoi discepoli non possono accettare i suoi insegnamenti e ritornano alla loro antica forma di vita, abbandonando completamente Cristo. Gesù si dirige agli Apostoli e chiede loro di scegliere con la domanda: «Forse anche voi volete andarvene?». Pietro parla a nome dei Dodici rispondendo: «Mestro, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».
Le esigenze di uno stile di vita di servizio possono essere difficili. E gli insegnamenti di Cristo possono essere duri da accettare. Come possiamo andare avanti quando le cose diventano difficili?
Abbiamo due strade. che in realtà sono grazie dello Spirito Santo. che chiamiamo Beatitudine (certezza e coscienza della sua compagnia) ed Afflizione (coscienza di poter condividere la stessa, esigente missione di Cristo).
La risposta del popolo alla sfida di Giosué nella Prima Lettura, e la risposta di Pietro a nostro Signore nel Vangelo ci mostrano queste due strade.
Quando Giosué chiede al popolo di decidere chi servire, si ferma a ricordare tutte le benedizioni che il Signore gli ha dato e la sua infallibile fedeltà. Pieni di gratitudine a Dio, scelgono Lui. Quando le cose diventano difficili per noi, anche noi possiamo fare una pausa e ricordare le molte benedizioni che Dio ci ha dato e le molte volte che ha mostrato la sua preoccupazione per noi. Nella gratitudine, ci sentiamo ispirati a mettere Lui e gli altri al primo posto, anche quando è difficile.
La risposta di Pietro alla scelta che gli propone Gesù ci mostra una seconda forma di mantenersi fedele ad uno stile di vita da maggiordomi. Guardando sé stesso ed il mondo che lo circonda, Pietro giunge ad una conclusione. Parafrasando, dice: Realmente non vedo nessuna opzione migliore, Signore. Ho provato la vita con te ed è difficile. Ma ho provato la vita senza di te ed è ancora più difficile. Scelgo Te, Signore. Pietro sa che non ha tutte le risposte. E per questo motivo, umilmente, sceglie di confidare in Dio. Quando le cose diventano difficili, possiamo andare avanti, appoggiandoci a Dio e confidando più profondamente in Lui.
Avere presente la benedizione della sua presenza (Beatitudine) e mantenere la gratitudine per l’inaspettata ed esigente fiducia di Dio in noi (Afflizione), due chiavi per aiutarci a scegliere chi servire. Due chiavi per un modo di vita bello e santo.
Servire Gesù significa mettere tutto quello che possediamo al servizio del suo regno. Spero che la seguente breve storia (di Ralph F. Wilson) ci aiuti a ricordarlo.
Simone alzò lo sguardo dalla sua rete e vide un uomo alto che stava toccando la sua barca. Era Gesù, che aveva conosciuto per la prima volta in Giudea, dove Simone era andato per ascoltare gli insegnamenti di Giovanni il Battista. Simone aveva sentito dire che lo stesso Gesù era un maestro.
Gesù stava toccando il legname della barca di Simone, ammirando il suo lavoro. Molto fine, disse.
Beniamíno, il costruttore di barche, lo finì lo scorso autunno, disse Simone. L’ultima barca che fece prima di morire.
Gesù passò la mano su gli assi lungo il fianco dell’imbarcazione. Sembra ben regolato, disse, con unioni di sudario e codolo. Ha dovuto passare molto tempo nel farla.
Molto tempo, certamente. Simone lasciò le reti. Parlare era molto più gradevole che rammendare. Beniamino e suo figlio ci misero sette mesi. Pensai che non avrebbero mai finito E mi ha preso un bel pò di denaro. Ma così, probabilmente ho la migliore barca del lago. Simone si alzò e si avvicinò alla barca che stava sulla spiaggia rocciosa. Sembra che te ne intendi di legname.
Sono falegname, com’era mio padre prima di me, disse Gesù, stendendo la sua mano. Mi rallegro di vederti di nuovo. Ti da fastidio se guardo la poppa? Simone dubitò per una frazione di secondo. Era una barca nuova, e non voleva che tutto il mondo si avvicinasse ad essa, specialmente qualcuno che non era abituato alle barche. Ma il suo orgoglio potè più della sua ansietà. Certo che no, ma fa’ attenzione a non inciampare in quelle corde.
Gesù salì sulla barca e l’esaminò accuratamente: il timone, le forcelle, il montaggio delle vele. Beniamino ti ha costruito una barca eccellente, disse nello scendere. Certo, questa sera farò una chiacchierata in spiaggia. Mi domandavo se potresti aiutarmi a far sedere il pubblico questa notte. Ho bisogno di un aiutante, se sei così gentile.
Ti aiuterò con piacere, Gesù. Gli piaceva che avessero bisogno di lui, e che un falegname avesse qualificato la sua barca come l’opera maestra che Simone sapeva che era.
Quella notte, dopo un tentativo di controllare la moltitudine, Simone rimase affascinato. Il cieco che era stato guarito di fronte a lui, gli fece comprendere che il regno dei cieli era davanti a lui.
Quando Gesù arrivò alla casa di Pietro, sua suocera fu guarita dalla febbre, e la sua casa diventò la base delle operazioni di Gesù e luogo di molti insegnamenti e guarigioni. Anche la barca servì per trasportare Gesù e i discepoli nella sua missione in Galilea. Che cosa possiedi che possa essere utile a Gesù e al tuo prossimo?