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Santo

Beato Paolo Manna, 15 settembre

By 14 Settembre, 2024No Comments

“Sacerdote e fondatore della Pontificia Unione Missionaria. Ardente promotore delle missioni, difensore della inculturazione. Considerato da Giovanni XXIII il Cristoforo Colombo della Cooperazione missionaria”.

In questa festività della Vergine dei Dolori si celebra, tra gli altri santi e beati, la vita di Paolo Manna, acclamato da diversi pontefici. Giovanni XXIII lo denominò “il Cristoforo Colombo della cooperazione missionaria”. Paolo VI nella sua lettera “Graves et increscentes” del 1966 considerò che doveva essere iscritto “con lettere d’oro negli annali delle missioni” ricordando che fu “uno dei più efficaci promotori dell’universalità missionaria nel secolo XX”. E Giovanni Paolo II che lo beatificò nel 2001, già nel 1990 aveva riflettuto sulla sua grandezza, dicendo che “mise in evidenza, in un modo unico, l’essenziale dimensione missionaria della Chiesa universale”. Il suo motto fu: “Tutte le Chiese per la conversione di tutto il mondo.” 

Nacque ad Avellino (Italia) il 16 gennaio 1872 nel seno di una famiglia agiata. Era il quinto dei figli del matrimonio Ruggeri. A due anni gli morì la madre e fu affidato ad alcuni zii residenti a Napoli. Nel 1882 ritornò ad Avellino dove suo padre viveva con la sua seconda moglie. Per alcuni anni nella stagione estiva normalmente risiedeva nella casa di alcuni zii sacerdoti che ebbero influenza sulla sua vita. E molto chiaro ebbe il suo futuro, perché nel 1887 entrò nella congregazione dei Salvatoriani. A Roma studiò filosofia e teologia, ma intuiva che doveva scegliere un’altra strada. Dopo la lettura di alcune riviste edite dall’Istituto di Missioni Straniere di Milano (attuale PIME), che rendevano conto delle loro attività, soppesò la sua vocazione. E senza ritardo alcuno, nel 1891 lasciò i Salvatoriani ed entrò in quell’Istituto. Aveva 19 anni e l’idea chiara di essere missionario.

Si ordinò sacerdote nel maggio del 1894 nel Duomo di Milano, e l’anno seguente fu trasferito in Birmania. Sostenitore accanito dell’inculturazione fece notare: “Mi dirigerò alle mie pecore nella loro lingua, rispetterò le loro tradizioni, integrerò le loro locuzioni e i loro modi di pensare nel mio lavoro di evangelizzazione”. Così fece per otto anni condivisi con gli indigeni di Ghekku a capo della missione di Mombló da lui fondata, fino a che la sua debole salute attaccata dalla tubercolosi l’obbligò a ritornare. Ciò non gli impedì di pubblicare un articolo di tematica antropologica basato sulla sua convivenza con la tribù birmana. Quello stesso anno 1902 ritornò alla missione, ma di nuovo dovette ritornare in Italia per motivi di malattia. Ci fu ancora un terzo e definitivo tentativo con andata e ritorno. Il suo organismo si ribellò davanti alle severe condizioni di vita che si ripercuotevano sulla sua fragile costituzione, e nel 1907 ritornò definitivamente in Italia.

Che cosa poteva fare? Arrivando alla missione per la prima volta, vedendo le carenze che lo circondavano aveva reiterato la sua offerta, senza nascondere la sua gioia: “sono contento, è la mia croce e senza la croce non si va in paradiso”. Ma non poté compiere il suo sogno. Nel 1908 pregò la Vergine di Lourdes che facesse di lui un uomo santo; è tutto quello che anelava. Anche così, avvolto in una certa penombra, confessava: “Vedo molto oscuro il futuro. Vedo distrutte tante speranze e piani di opere buone, mi vedo a 35 anni avvolto in difficoltà diverse…”. Era il peso dell’incertezza che frequentemente devasta l’anima umana, benché poi la volontà divina illumini la parte più recondita dell’apostolo. Aperto ad essa, pochi mesi dopo, il beato cominciò a scorgere un altro orizzonte.

Era un buon scrittore e nel 1909, poco prima di pubblicare il suo primo libro, gli affidarono la redazione della rivista “Le Missioni Cattoliche”. La sua penna, della quale si disse che era il suo apostolo, si trasformò in un fecondo strumento di grandi dimensioni apostoliche, poiché da essa dava impulso alle vocazioni missionarie. Una delle sue prime azioni nel 1914 fu creare il periodico “Propaganda Missionaria”, pubblicato in centinaia di migliaia di esemplari. Nel 1916 consolidò questa azione con la fondazione dell’Unione Missionaria del Clero, aiutato dal beato e fondatore dei saveriani, Guido Maria Conforti, che fu riconosciuta come Opera Pontificia, e oggi è la Pontificia Unione Missionaria (PUM). La creò dopo aver constatato la scarsa attenzione che certi vescovi e presbiteri prestavano all’evangelizzazione missionaria: “Molti sacerdoti si occupano troppo dei propri problemi pastorali e non quanto basta delle missioni”. Sapeva chiaramente che “la chiave del problema missionario sta nelle mani del sacerdote”. Di più, con ogni forza, sapendo bene quello che diceva, questo uomo di Dio, guidato da un visibile zelo apostolico e che si alimentava con la preghiera, manifestò: “Non ci servono sacerdoti mediocri!”.

Nel 1919 mise in moto la rivista “Italia Missionaria” allo scopo di suscitare vocazioni tra i giovani, la “Rivista di studi missionari” ed un catechismo missionario. La sua sete per le missioni era inesauribile. Nel 1924 fu designato superiore generale del PIME che si fuse con l’Istituto Missionario di Roma e di Milano. Svolse quell’incarico per dieci anni. In quell’epoca aprì e diresse il Seminario Meridionale per le Missioni Straniere a Ducenta, e fece i passi per la fondazione del ramo femminile del suo Istituto: le Missionarie dell’Immacolata a cui diede impulso definitivamente quando concluse, su sua richiesta, il suo alto incarico di governo. Nel 1927 intraprese un viaggio apostolico per visitare diverse missioni di Asia, America ed altri luoghi. Nel corso del viaggio nacque la sua opera “Osservazioni sul metodo moderno di evangelizzazione in Asia”. Nel frattempo, continuava a scrivere instancabilmente, fondando nuove riviste ed incoraggiando tutti ad amare le missioni. Nel1943 fu designato superiore regionale del PIME. Finì i suoi fecondi giorni dirigendo e promuovendo l’Unione Missionaria che andò estendendosi gradualmente. Con i suoi scritti e lettere dirette a diversi cardinali e prelati riuscì ad ottenere che nella Chiesa si stimolassero le opere missionarie. Morì a Napoli il 15 settembre 1952.

Giovanni Paolo II lo beatificò il 4 novembre 2001.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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