di p. Luis CASASUS, Superiore Generale dei missionari Identes.
New York/Parigi, 8 novembre 2020 | XXXII Domenica Tempo Ord.
Libro Sapienza 6, 12-16; 1 Tessalonicesi 4, 13-18; San Matteo 25, 1-13
C’è molta gente che non crede nella saggezza. Trovano il concetto troppo astratto. In un’epoca dominata dalla scienza e dalla tecnologia, dalla specializzazione e dalla divisione in comparti, risulta un concetto troppo vago, troppo grande e troppo misterioso.
Ma tutti abbiamo superato situazioni difficili nelle nostre vite, nelle quali la soluzione esulava da una tecnica, un procedimento, una conoscenza, uno sforzo, una pratica o un insieme di regole. Questa è la vera complessità; questi sono i momenti nei quali ci piacerebbe avere una prospettiva della quale manchiamo. Cioè, in altre parole, desidereremmo avere la saggezza.
Una poliziotta intelligente e capace stava cercando la promozione a sergente. In una prova di valutazione c’era la seguente domanda: Lei sta guidando la sua automobile di pattuglia, quando improvvisamente un’auto che viene in direzione opposta attraversa la strada e sbatte contro un’altra auto. Avvicinandosi al primo veicolo, lei si rende conto che lo conduce la moglie dell’ispettore di polizia che comanda il commissariato. Nota anche che un forte odore di alcool esce dall’automobile. Guardando nell’altra auto, vede che un noto criminale, appena evaso e in fuga, è il conducente dell’auto ed è seduto lì piuttosto stordito. Nel bagagliaio di quell’auto ci sono casse di cocaina. In quel momento, un’autobotte che cerca di evitare le due automobili esce di strada e si schianta contro alcuni negozi. Allora lei nota che le parole “Altamente esplosivo” sono marcate sul lato dell’autobotte. In quel momento, una banda di venticinque tifosi di calcio che passavano di lì, incomincia a saccheggiare i negozi. Per favore, enumeri le sue priorità e decisioni.
La poliziotta che faceva l’esame diede questa risposta: Priorità e decisione numero 1!! Togliersi l’uniforme e confondersi tra la gente!!
Per caso, ci siamo mai identificati con la poliziotta di questa storia? Molte tradizioni culturali si unirono nel secolo V a.C., quando vari pensatori di élite rifletterono sulla … saggezza:
L’unica vera sapienza sta nel sapere che non sai niente (Socrate).
La vera conoscenza è riconoscere la grandezza della propria ignoranza (Confucio).
Uno stupido che riconosce la propria ignoranza è in realtà un uomo saggio (Buddha).
Abbiamo alcune evidenze che caratteristiche come l’apertura di mente, la presa di prospettiva e l’umiltà intellettuale forniscono un panorama più ampio che possiamo qualificare come “saggio”.
Le tre Letture di oggi ci parlano della saggezza e del suo opposto, la sciocchezza.
Nella Parabola delle Dieci Vergini, Cristo ci mostra che non c’è niente di astratto nella saggezza: è precisamente quello di cui abbiamo bisogno per prendere decisioni nelle situazioni più complicate e difficili. Una delle qualità è la prospettiva, indicata in precedenza. Bisogna avere una prospettiva nel tempo, come le vergini che ipotizzarono in anticipo il ritardo del fidanzato. Di fatto, in primo luogo, non possiamo dimenticare le lezioni apprese, le radici dei nostri errori e peccati, ma, soprattutto, le grazie ed il perdono ricevuti. Questa è la prospettiva del passato che condividiamo nel nostro Esame nella Lezione Didattica.
Possiamo formarci in questa memoria, semplicemente creando l’abitudine di prendere nota della nostra esperienza spirituale. Anche scrivendo la nostra storia personale, come raccomandò il nostro Padre Fondatore. Questa esperienza vissuta e le conclusioni che ne ricaviamo non sono per noi o solo per il momento in cui la viviamo, ma anche per il nostro prossimo. Come ogni grazia che riceviamo.
La prospettiva temporale guarda anche in avanti, come insegna la parabola delle Dieci Vergini. Si può chiamare “prudenza” e consiste nel porre tutti i mezzi al servizio della missione, non solo parte di essi o solo in determinati momenti. Questo è più che una tattica, una strategia o un metodo. È aprire la porta alla grazia, andare oltre quell’apertura di spirito che abbiamo ricordato prima.
Come disse il Papa Benedetto XVI, “…. la Saggezza è l’arte dell’essere uomini, l’arte di poter vivere bene e di poter morire bene. E si può vivere e morire bene solo quando si è ricevuta la verità e quando la verità ci indica il cammino. Essere grati per il dono che noi non abbiamo inventato, ma che ci è stato dato in dono, e vivere nella saggezza; imparare, grazie al dono di Dio, ad essere uomini in modo retto (Omelia del 2 settembre 2012). Sì, la saggezza deve essere considerata come qualcosa più che una qualità umana. È un dono divino. Ma, contemporaneamente, la forma di accogliere quel dono, quel dono dello Spirito Santo, è creare un’abitudine interiore che si potrebbe ben chiamare Accettazione Intellettuale del Vangelo. Questo non significa semplicemente “non avere obiezioni”, bensì usare il Vangelo come una mappa per guidare i nostri passi.
La saggezza è condividere la capacità divina di vedere e giudicare le cose come realmente sono. Non possiamo possederla a meno che non siamo continuamente uniti a Dio. Solo se noi ci lasciamo ripulire della dittatura dell’ego ed arriviamo a vivere e a restare uniti a Lui, arriveremo ad un’audace indipendenza di pensiero, senza preoccuparci dell’approvazione o disapprovazione degli altri. Allora, e solo allora, potremo abbracciarci alla verità.
La saggezza implica acquisire una disciplina, cioè, avere la forza di volontà per fare quello che è corretto. Chiunque può imparare ciò che è giusto. Chiunque può fare ciò che è corretto se lo vuole, quando fare la cosa corretta si incrocia con quello che si vuole. Ma c’è bisogno di carattere per fare la cosa giusta quando non vogliamo, o quando è difficile. C’è bisogno di umiltà per imparare dai nostri errori e cambiare il nostro comportamento. C’è bisogno di un vero valore per ascoltare consigli o per ascoltare qualcuno che ci corregga e fare le cose in modo differente. La saggezza richiede disciplina perché essere saggio, fare la cosa saggia, prendere decisioni sagge non è fare quello che è comodo o popolare, ma si tratta invece di fare quello che è corretto, giusto ed equo. La saggezza permette di capire i motivi degli altri, invece di limitarsi a giudicare il loro comportamento.
Una delle principali ragioni per la quale operiamo male è che, dalla nostra limitata prospettiva, ci sembra che sia la cosa corretta o la cosa migliore che possiamo fare. Con le parole di Gesù sulla croce: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno! Perfino le vergini prudenti si addormentarono e nessuna rimase completamente vigilante!
Oggi viene presentata ad ognuno di noi questa Parabola, per aiutarci a scoprire e riconoscere la vergine stolta che c’è in ognuno di noi. Spesso ella è colei che – senza che ce ne rendiamo conto – ci prende per mano, ci consiglia, ci guida, ci dà suggerimenti e ci orienta verso scelte insensate. Possiamo comprendere che la vera saggezza è un dono se vediamo quanto sia difficile (o impossibile) insegnarla o trasmetterla in molte occasioni.
Per esempio, ricordo il caso di varie persone che sono morte a causa delle malattie associate al tabagismo, nonostante avessero ricevuto consigli e suppliche per smettere quell’abitudine. Non solo da parte dei medici, ma anche da parte delle persone che li amavano più profondamente e sinceramente che li pregarono di cambiare. Ma tutto fu inutile. Erano persone intelligenti e capaci in molti aspetti della vita, ma incapaci di acquisire quella forma di conoscenza, la saggezza che ci permette il dirigere la nostra esistenza nella direzione corretta, adeguata… saggia.
Molta gente, quando si domanda loro sulla saggezza, l’associano con l’età avanzata. Socrate, il grande filosofo greco, passò tutta la sua vita alla ricerca della saggezza, ma morì senza trovarla. Alla fine di Ecclesiaste (Qoelet), vediamo come Salomone trovò la vera saggezza nell’unico posto dove può trovarsi, nella Parola di Dio.
Non è possibile esagerare la necessità di fare uno sforzo per accogliere, ricevere con allegria e gioia i doni dello Spirito Santo, in questo caso, la saggezza. Questo dono ci permette di aumentare la nostra fede, cioè, credere in ogni opportunità, in ogni momento, che è una chiamata di Dio, per prendere una decisione saggia.
Certamente, questo richiede che amiamo con tutto il nostro cuore, tutta la nostra mente e tutta la nostra anima sempre, anche nei momenti apparentemente di routine della nostra vita. La nostra tendenza è quella di rilassarci quando pensiamo che la difficoltà, il compito, il momento che stiamo vivendo non sia molto esigente. Questa percezione è ingannevole. Dobbiamo essere umili e ricordare la leggenda di un giovane che cercava la saggezza:
Andò da un maestro spirituale alla ricerca di saggezza. L’anziano lo portò al mare e lo portò in acque profonde. Allora gli domandò: “Che cosa desideri?”. Il giovane disse: Saggezza, oh maestro. Allora, l’anziano cominciò a spingerlo sott’acqua. Dopo circa 30 secondi, lasciò che il ragazzo riemergesse e gli domandò di nuovo: “Che cosa vuoi?” Il giovane balbettò: “Saggezza, oh grande e saggio maestro”. Lo spinse un’altra volta sott’acqua. Passarono 30 secondi, 35, 40. Quindi lo lasciò risalire. Che cosa vuoi? Questa volta il giovane stava ansimando e quasi annegando. Ma tra un respiro e l’altro, riuscì a dire “Saggezza, e”… Neanche questa volta finì la frase prima che il maestro lo spingesse di nuovo sott’acqua. 30, 40, 50, un minuto completo, poi lo lasciò finalmente risalire. “Che cosa vuoi?” “Aria! Ho bisogno di aria!” Quella fu la lezione. L’anziano gli disse: Quando desidererai la saggezza tanto quanto desideri l’aria, allora l’avrai.
Osserviamo che la parabola [del Vangelo] finisce con un tono tragico: una porta che si chiude per sempre.
Non si tratta della minaccia di una punizione, bensì di un promemoria dell’importanza del momento presente, l’unico che ci viene dato e che nessuno può farci rivivere. Se lo investi nel male, si perde per sempre. La chiusura della porta indica la fine di ogni opportunità. Da qui l’urgente necessità di stabilire come usare bene la vita e l’immagine della lampada accesa suggerisce il cammino.
Uno dei modi più suggestivi e precisi di spiegare la nostra mediocrità e i nostri peccati di azione e (soprattutto) di omissione, è quello che ci trasmette oggi San Paolo nella Seconda Lettura: la nostra mancanza di cooperazione con la grazia, per vivere in letargo e nel sonno.
Gesù non viene solo alla fine della nostra vita. Viene in ogni momento e vuole trovare i suoi discepoli impegnati nel servizio, nel dono di se stessi ai fratelli e sorelle. Nella sua stanza, la lampada deve essere sempre accesa.
La crescita nella nostra vita spirituale è qualcosa che, benché possa essere aiutata dalla la comunità, è una responsabilità personale. Le vergini prudenti non potevano condividere il loro olio con le stolte, perché l’olio si riferisce a qualcosa di molto personale: la nostra capacità di amare. Questo non può essere condiviso. È una questione di scoperta e crescita personale. Per questa ragione, le vergini prudenti indicarono alle stolte di cercarsi l’olio personalmente.
Ma sicuramente, fino ad ora, quanto detto non è ancora il modo più profondo di contemplare la Sapienza. In realtà, la fine intuizione e sensibilità classica dell’Antico Testamento rappresentava la Sapienza in forma personificata, come un bel giovane che esce alla ricerca di quelli che l’amano sinceramente. Questo è quello che ci dice la prima lettura di oggi: Ella previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano.
Ora, noi possiamo dire che Cristo è la nostra Sapienza e pertanto il viaggio verso la sapienza comincia quando crediamo nel Vangelo, quando confidiamo in Cristo, e quando sottomettiamo le nostre vite alla sua Sapienza perché Egli è il Signore:
Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (1Cor 1, 30).