Nel Vangelo di oggi, Domenica delle Palme, si racconta la passione di Cristo. Mentre Cristo va, con la croce sulle spalle, verso il luogo della crocifissione chiamato Golgota, che vuol dire luogo del cranio, appare un personaggio. Egli prende la croce dietro a Cristo. E’ un contadino chiamato Simone di Cirene e lo obbligarono a portare la croce.
Come sapete, Matteo scrive il suo vangelo per i cristiani di origine giudaica. Quel popolo giudeo, per mezzo dei suoi capi, rifiuta Cristo. Matteo vuole, innanzitutto, rendere visibile il potere e l’autorità di Cristo. Gesù, il Figlio di Dio, sa ciò che gli succederà e lo accetta; e accetta anche gli avvenimenti che si produrranno ma che Egli prevede. Il Padre gli ha dato il suo stesso potere. Cristo con la sua passione, morte e resurrezione, inaugura un tempo nuovo, il regno di Dio, il regno dell’amore, annunciando già le beatitudini.
Nel racconto dell’ultima cena si annunciano il tradimento di Giuda ed il rinnegamento di Pietro. Riflettiamo bene: quest’ultima cena è accompagnata da questi due segni. E come tutti coloro che soffrono, Cristo sente la necessità dei suoi discepoli, dei suoi amici, ma questi, nel monte degli ulivi, si sono addormentati. Quando lo arrestano, dà una nuova lezione: non usa la forza ed il potere che gli ha dato il Padre.
Il racconto del rinnegamento di Pietro ci ricorda che tutti possiamo negare di conoscere quel Cristo umiliato.
Nella scena del processo romano, Matteo aggiunge l’intervento della moglie di Pilato che riconosce che Gesù è un giusto, ed è innocente. Pilato se ne lava le mani ed il popolo si assume tutta la responsabiilità di quella morte. Gesù muore sulla croce abbandonato da tutti i discepoli eccetto uno, Giovanni. Ma la morte è resurrezione. Il terremoto che si produce nella sua espiazione è immagine della fine dei tempi. Da quel momento i santi risusciteranno ed entreranno nella Gerusalemme celeste, mentre i soldati riconoscono che Gesù è il Figlio di Dio.
Cristo con la sua vita, e sulla croce, ci rivela un Cristo profondamente umano. Quando cerca, diciamo, affetto nei suoi discepoli, soprattutto durante la sua agonia, quando Cristo si carica della nostra sofferenza e dei nostri dolori sulla croce, Egli è il nuovo Mosè che nel discorso della montagna e nella Pasqua, trasmette la nuova legge dell’amore, che consiste nell’essere perfetto come nostro Padre celeste è perfetto. E’ la perfezione dell’amore, non si tratta di un perfezionismo. Riporta la legge antica alla sua purezza originale, vuole misericordia e non sacrificio.
La Chiesa è la Chiesa dell’amore, la Chiesa del perdono e la Chiesa della misericordia. Non possiamo dimenticarci di questo. Oggi stiamo vivendo una pandemia che è una sorgente di lacrime: tanti malati e tanti morti. Ma in mezzo al dolore ed alla sofferenza di tante persone il volto di Cristo risorto si manifesta nei cuori di tanti eroi, uomini e donne del mondo sanitario, del mondo civile, insieme a quei malati che rappresentano anch’essi il volto di Cristo, deformato. Malati gravi e gravissimi formano la passione di Cristo e stanno dimostrando come nel sangue sparso da Cristo, in quell’amore martiriale per tanti, tanti esseri umani, al di là della religione, molto al di là delle culture o delle situazioni sociali, Cristo muore per tutti noi. E pare che non ci chieda niente in cambio. L’unica cosa che ci chiede è che Lo amiamo e che amiamo il prossimo in croce, che è amore, perché sappiamo che nel cuore di ogni sofferenza c’è l’amore, è stato piantato l’albero della vita.
La fede e la speranza stanno aprendo una galleria con il suo sbocco di luce, in questa dura roccia della pandemia che spero non sia la roccia dura dei nostri cuori.