![](https://www.idente.org/wp-content/uploads/snake.png)
Vangelo secondo San Luca 6,17.20-26:
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
»Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti».
祝你财富增多
Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes
Roma, 16 febbraio 2025 | VI Domenica Tempo Ordinario
Geremia 17, 5-8; Prima Lettera Corinzi 15, 12.16-20; Luca 6, 17.20-26
Zhù nǐ cáifù zēngduō. Rimanga più chiaro per quelli di noi che non sanno il cinese: Che la tua ricchezza aumenti. È l’augurio tradizionale cinese per l’anno nuovo che è cominciato lo scorso 29 gennaio. Si celebra ora nello zodiaco cinese l’ “anno del serpente”.
Forse dobbiamo approfondire questo messaggio che augura la prosperità e sembra contrastare con la prima delle Beatitudini che oggi ci presenta Gesù: Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli. Per di più, il Vangelo di Luca offre una versione meno sfumata di Matteo che menziona i “poveri di spirito”. Luca si riferisce semplicemente a “i poveri”. Inoltre, il Maestro utilizza le parole più dure per i ricchi; non pronuncia solo una benedizione sui poveri, ma lancia anche una maledizione sui ricchi: Ah, guai a voi ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione!
Chi sono i ricchi? Chi sono i poveri?
Esiste una distinzione fondamentale tra povertà e indigenza. Tutti gli esseri umani hanno diritto a vedere soddisfatte le loro necessità basilari. Il fatto che milioni di persone vivano nel nostro mondo in stato di indigenza, dove la fame e la malattia devastano nazioni intere, è un peccato contro l’umanità. Certamente, non c’è benedizione in questo, né può essere mai motivo di felicità.Ogni volta che neghiamo i nostri vestiti a chi è nudo o il cibo a chi ha fame pecchiamo, non solo contro la persona umana, ma anche contro Dio stesso.
Ma la povertà evangelica, non è la stessa cosa che l’indigenza. Gli indigenti possono sentire che sono abbandonati, ma i poveri decisamente non sono abbandonati da Dio. La povertà è lo stato di semplicità, cioè, lo stato di avere solo quello che di cui abbiamo bisogno ed il perfetto uso dei beni che possediamo, materiali o no; un esempio centrale dei beni non materiali è il tempo del quale disponiamo. Il valore della povertà evangelica è tanto grandioso che Francesco d’Assisi ne fece tutto un cammino di vita spirituale.
Non è necessario insistere molto sul fatto che l’abbondanza di beni materiali, con o senza avidità, non porta una felicità profonda. Ricordo a Mumbai, passeggiando per un quartiere dove c’erano solo baracche di plastica e cartone, vedere il sorriso commovente di una coppia di genitori che contemplavano i loro due figli mentre giocavano. Poco dopo, ho assistito ad una accesa discussione tra marito e moglie, elegantemente vestiti, davanti alla loro lussuosa automobile, mentre entravano in una magione, che immagino fosse di loro proprietà, con gesto aspro e spiacevole.
Dato che la miseria materiale ed emozionale in cui vivono molti esseri umani può portare all’indigenza spirituale, per questo motivo il nostro padre Fondatore ci indica che dobbiamo cercare di alleviare tutti i possibili mali che tormentano l’umanità, soprattutto i giovani che sono sfruttati, utilizzati ed abbandonati in mille modi.
—ooOoo—
Ma, ritornando al desiderio tipico della cultura cinese nel nuovo anno, cioè, la prosperità, non possiamo fermarci alla sua accezione più comune, la ricchezza materiale, bensì a quello che lo stesso Cristo promette ai poveri di spirito: Saranno saziati. Questo significa che lo Spirito Santo troverà il modo per farci vivere una vita piena, nella quale diventi impossibile desiderare altre cose. La seconda parte di ogni Beatitudine viene a dirci: Non cercare, non affannarti; Dio stesso ti concederà quello che desideri, ma in modo differente da come immagini e rendendoti libero dai tuoi affanni per essere felice.
Di fatto, se riflettiamo attentamente, ognuna delle Beatitudini significa una lontananza da qualche idolo tirannico di questo mondo: il potere, il controllo degli altri, eliminare in qualche modo chi ci contraddice, l’ansia di una felicità libera dalla sofferenza, usare la nostra carne e la carne altrui come strumenti di piacere, l’essere assolutamente liberi da ogni opposizione…
San Luca comincia la sua narrazione dicendo che Gesù alzò gli occhi verso i suoi discepoli, un gesto che significa una richiesta di attenzione massima, una dichiarazione di qualcosa di intimo che si desidera condividere. Come dice Sant’Ambrogio: Che cos’è elevare gli occhi, se non rivelare una luce che era nascosta? Il Maestro c’insegna con le Beatitudini come integrare il dolore nella nostra vita e come distaccarci da tutto per avere la gioia di abbracciare ogni essere umano. Si può immaginare un altro insegnamento più necessario e pratico?
Quando Cristo dice che chi non rinuncia a tutti i suoi possessi non può essere il suo discepolo, non sta semplicemente mettendo una condizione per lavorare con Lui; certamente, il regno dei cieli suppone uno sforzo continuo, ma anche uno stato di beatitudine che non si può guadagnare con l’attaccamento ai giudizi, ai desideri ed alla fame di felicità. Anche se fossimo capaci di fare molto bene, basterebbe tenere per noi qualcosa per sentire, prima o poi, che stiamo, letteralmente, rubando la vita degli altri.
Una delle più memorabili scene del film vincitore dell’Oscar per il migliore film del 1993, La lista di Schindler, avviene alla fine. Óscar Schindler, un industriale tedesco, protesse le vite di più di 1100 ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale includendoli nella sua lista di “lavoratori essenziali” mentre produceva munizione difettose per i nazisti. Contempla nella fabbrica le persone che ha salvato e riflette: Se solo avessi guadagnato più denaro. Ho sprecato tanto denaro, non ti immagini quanto. … Non ho fatto quanto basta. Questa automobile. Perché l’ho tenuta? Dieci persone in più da salvare, dieci persone in più. Questa spilla d’oro… due persone in più o almeno una. Una persona in più, per questo. Avrei potuto ottenere una persona in più, e non l’ho fatto.
La povertà di spirito, unita o no alla povertà materiale, ci porta ad essere convinti della nostra dipendenza da Dio. E, se accettiamo questa verità, Egli ci sceglie per possedere il regno dei cieli. Altrimenti, saremo solo simpatizzanti di Cristo e piuttosto individualisti, senza renderci conto delle opportunità che lo Spirito Santo ci offre per vivere come apostoli.
Ci succederà come ad un avvocato cattolico che visitò un suo compagno non credente, che conosceva da vent’anni e che stava morendo in un ospedale. Ora che stai morendo, non credi che dovresti abbracciare la fede? Il suo collega rispose: Se la tua fede ha significato tanto poco per te in vita che non me ne hai mai parlato in vent’anni, allora, sicuro che può significare molto poco nella mia morte.
Questo è molto differente da quello che trasmette, con o senza parole, la vita di un discepolo distaccato e lontano dalle sue preferenze.
Così avvenne per Sant’Antonio d’Egitto (250-356) che visse come eremita nel deserto per molti anni. Lì diventò tanto saggio che molta gente accorreva a lui per consultarlo su temi spirituali. Si racconta la storia di tre monaci che abitualmente visitavano Antonio tutti gli anni, e due di essi normalmente gli facevano domande sui suoi pensieri interiori e sulla salvezza delle loro anime; ma il terzo rimaneva sempre in completo silenzio, senza fare nessuna domanda. Dopo molto tempo, Antonio gli disse: Guarda, hai avuto l’abitudine di venire da me tutto questo tempo, e tuttavia non mi fai nessuna domanda. E l’altro rispose: Padre, mi basta guardarti.
Troviamo un caso commovente di povertà materiale e spirituale nell’Antico Testamento.
Si tratta della vedova di Sarepta (1Re 17). Benché fosse povera, diede maggiore priorità al regno di Dio che alle sue necessità, assistendo con un pane, l’unico che aveva, niente meno che un grande profeta che si sentiva angosciato. Allora Dio benedisse la sua fedeltà disinteressata con molte più meraviglie di quelle che ella mai avrebbe potuto immaginare: un anno di cibo miracoloso e la resurrezione di suo figlio tra i morti da parte di Elía.
Oggi è una buona giornata per domandarci, tu e io, da che cosa dobbiamo distaccarci, che cosa manca al nostro rinnegamento. Sicuramente la risposta non avrà relazione con nulla di materiale, ma piuttosto col tempo, con le nostre abitudini, col nostro istinto che ci porta a “dare lezioni” a tutto il mondo, ad avere l’ultima parola in ogni conversazione.
Per qualcosa il nostro padre Fondatore ci presenta nell’Esame Ascetico la Povertà, la Castità e l’Obbedienza come le prime manifestazioni dell’orazione, quelle che rendono possibile un amore veramente evangelico e che chiamiamo Carità. Sì; vivere le Beatitudini, in particolare la povertà spirituale, è frutto dell’azione dello Spirito Santo, ma esige una sensibilità ed una vigorosa accettazione di quello che il nostro Fondatore chiama Stigma, vero marchio nel nostro spirito che ci porta a supplicare di non essere così stolti da separarci un istante dalle Persone Divine.
Mi piacerebbe concludere con un esempio storico, di un nobile italiano che non utilizzò la sua sensibilità se non per la propria gloria, essendo incapace di apprezzare il lavoro degli altri, rimanendo attaccato alle proprie opinioni e creando problemi e difficoltà con l’unico desiderio di soddisfare il proprio ego.
Quando la grande statua del David del geniale artista Michelangelo fu collocata per la prima volta nella Piazza di Firenze, tutte le persone rimasero in silenzio, meravigliate davanti alla sua nobile maestosità, tutti eccetto un membro della nobile famiglia Soderini. Quest’uomo guardò la statua da differenti punti di vista con un’aria saggia e critica, e poi suggerì che il naso era un po’ troppo lungo.
Il grande scultore ascoltò in silenzio il suggerimento e, prendendo cesello e maglio, collocò una scala contro la statua per arrivare al viso e salì, portando un po’ di polvere di marmo nella mano. Quindi sembrò lavorare con attenzione sul punto in discussione, come se lo cambiasse per adattarlo al gusto del suo critico, lasciando cadere la polvere di marmo mentre lavorava. Quando scese, Soderini tornò a guardare la figura, ora da un punto di vista, ora da un altro, esprimendo finalmente la sua totale approvazione. Il suo suggerimento era stato accettato, come supponeva, ed era soddisfatto.
_______________________________
Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,
Luis Casasus
Presidente