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Epifania e battesimo di Cristo

By 8 Gennaio, 2018No Comments

Sabato 6 celebriamo l’Epifania, e domenica 7 il Battesimo di Cristo. Ma alcune chiese spostano la festa dell’Epifania alla domenica più vicina. Per esempio, la Chiesa Cattolica Romana negli Stati Uniti celebrerà l’Epifania domenica 7 gennaio.
Il tempo dopo l’Epifania ha molto a che vedere con gli inizi: il principio della vita apostolica di Gesù, la chiamata dei discepoli ed il primo miracolo a Cana. Tutto questo aiuta anche noi a vedere il Battesimo come punto di partenza:
Così comprendiamo il senso pieno dell’Epifania che Paolo presenta nel modo in cui egli stesso lo capì e lo mise in pratica. È compito dell’Apostolo diffondere nel mondo il Vangelo, annunciare agli uomini la redenzione realizzata da Cristo, portare l’umanità intera per il cammino di salvezza, manifestata da Dio fin dalla notte di Betlemme. L’attività missionaria della Chiesa, durante le sue molteplici tappe nel corso dei secoli, trova nella festa dell’Epifania il suo inizio e la sua dimensione universale (San Giovanni Paolo II, 6 gennaio 1996).
E per te e per me? L’universalità del Vangelo non è solo una verità per “la Chiesa”, è un principio a cui dobbiamo ubbidire e che dobbiamo applicare personalmente. La “traduzione” di questa universalità nella nostra vita si può capire completamente dal punto di vista del nostro Voto Apostolico: essere apostolo è uno stato permanente; sempre e in tutte le parti. A volte non posso neanche immaginare che la persona che sta ora davanti a me, è affamata di testimonianze, assetata di una nuova vita. A volte dimentico che lo Spirito Santo si sta affrettando per arrivare ad un’anima.
Forse immagino che il momento attuale è solo un tempo di attesa tra due attività…. Forse perché sono solo e non credo nell’apostolato dell’orazione?
Forse perché sono preoccupato per qualcosa?
Forse perché credo che la persona che ho davanti non sarà mai religiosa?
La fame e la sete universali di Dio hanno il loro esempio nel pellegrinaggio dei tre saggi che arrivarono da Gerusalemme dall’est alla ricerca del Re Bambino. Vengono chiamati abitualmente magi o saggi perché sanno che, se non trovano Dio, le loro vite non saranno complete. Alla fine del loro pellegrinaggio, i Re Magi seguirono la loro strada, e siccome si rifiutarono di lasciarsi sedurre dal cinismo e dal pessimismo, e si lasciarono sorprendere da questa grande allegria, la stella, che si erano impegnati a seguire, apparve di nuovo. Questa non è solo la descrizione dei tempi in cui nacque Gesù, ma anche dei nostri.
I Re Magi trovarono Dio attraverso i loro sogni. I sogni esprimono le aspirazioni più profonde di ogni essere umano. I nostri sogni formano un cammino continuo verso il cielo; spesso alcuni di essi ci mostrano come le cose di questo mondo sono transitorie, vanno e vengono. Altre volte, rivelano chi siamo, le nostre necessità più intime. Perfino i nostri sogni più generosi e compassionevoli a volte diventano irraggiungibili… e nuovamente questo ci avvicina a Dio.
Come segno esterno, i Magi avevano visto unicamente ascendere la stella. Allora iniziarono il loro viaggio attraverso il deserto e forse la stella appariva solo di tanto in tanto, qui e là. Pensarono che il re neonato abitasse a Gerusalemme e, per di più, senza saperlo, furono utilizzati da Erode come suoi agenti. Se i Re Magi furono guidati da una stella per trovare il re neonato che è in realtà il salvatore universale, questo implica che tutto il cosmo parla di Cristo, benché il suo linguaggio non sia ancora completamente intelligibile per l’uomo in questa vita, come dice il Papa Benedetto.
Certamente, i Magi richiamano la nostra attenzione perché in essi vediamo molto del nostro cammino di fede. Come la stella che guidò i Magi, anche noi sentiamo la chiamata alla fede ed a seguire Cristo, a volte in modo molto sottile, in molte occasioni attraverso la testimonianza di una persona o, meglio ancora, di una comunità. Tuttavia, sappiamo che seguire Gesù non è sempre un cammino di rose. Molte volte ci domandiamo quale sarà la volontà di Dio per noi e che direzione dovremmo prendere.
Ma, come i Magi, dobbiamo proseguire perché non si può tornare indietro. E durante la strada, ci troveremo con i nuovi Erode di questo mondo. Saremo utilizzati, ingannati, sfruttati ed ingannati. Ma nonostante ciò Dio scriverà diritto anche su righe storte. Come i Re Magi che dovettero affrontare la delusione quando scoprirono che Gerusalemme era la fine del loro viaggio, anche noi affrontiamo la delusione quando non possiamo neppure capire noi stessi, il nostro prossimo o la volontà di Dio.
Sì; per volontà dello Spirito Santo, spesso sperimentiamo impotenza, contrarietà e svuotamento quando non otteniamo quello che chiediamo nell’orazione, o perché le cose non vanno come speravamo o confidavamo. Ma la speranza cristiana, come disse il Papa Francesco, è la capacità di andare oltre il ragionamento umano, oltre la sapienza e la prudenza del mondo, oltre quello che si considera normalmente buonsenso, per credere nell’impossibile. Questa è l’opera dello Spirito Santo nei Re Magi ed anche nelle nostre anime, i frutti dei suoi doni.
A questo dovremmo aggiungere, come discepoli del nostro padre Fondatore che dobbiamo camminare come i Re Magi, non solo alla presenza del Signore, ma anche alla presenza dei nostri fratelli e sorelle. Ti sei domandato qualche volta il significato di camminare alla presenza di qualcuno? È una metafora eccellente del come le nostre vite sono connesse: quella del mio prossimo, la mia propria vita e la vita di Cristo.
San Francesco di Assisi racconta la storia di come fu trasformato dal potere dello Spirito di Gesù:
Ricordo la prima vittoria del mio nuovo cuore. Durante tutta la mia vita inorridivo all’idea di trovarmi coi lebbrosi. Allora, un giorno durante il cammino verso Assisi, feci una di quelle cose sorprendenti, che solo il potere dello Spirito di Gesù può spiegare. Stesi la mano e toccai un lebbroso, un uomo che solo al vederlo mi veniva la nausea. Sentii che le ginocchia mi cedevano e temetti di non potere arrivare fino al lebbroso. L’odore di carne marcia attaccò i miei sensi, come se annusassi con gli occhi e con le orecchie, insieme al naso. Le lacrime cominciarono a scivolare sulle mie guance perché pensai che non sarei riuscito a farlo. Poi, quando cominciai a perdere il contegno, afferrai la mano dell’uomo e la baciai. Facendolo, ricevetti più di quello che diedi. Incontrando quel lebbroso, incontrai Cristo.
San Francesco, in modo molto simile ai Re Magi, visse qualcosa del sempre sorprendente frutto dello Spirito; di fatto, egli ci mostra quello che è vivere una vita piena di Spirito, allo stile di Cristo e come è descritto nella Lettera ai Romani, incoraggiando gli altri e servendo e contribuendo alle necessità degli altri.
Questa è la storia della nostra vita. Deve finire sempre nella gloria. Non dobbiamo mai accontentarci di fare il bene a metà. Qualcosa di molto meglio ci aspetta alla fine. Non possiamo mai scoraggiarci per gli alti e bassi della vita ed i colpi che riceviamo. Non dobbiamo mai arrenderci e indietreggiare. Le prospettive di una fine gloriosa dovrebbero incoraggiarci ed ispirarci a continuare a correre fino a che ci sia donata la gloria che Dio desidera per i suoi fedeli. Ma perfino la stella che simboleggia i doni dello Spirito Santo, non sarebbe stata sufficiente se i Re Magi non fossero stati persone interiormente aperte alla verità e non avessero seguito fedelmente quella luce che riempiva i loro cuori. Questa è la nostra stessa situazione, la nostra stessa sfida.
Vediamo nel breve racconto dei Re Magi tre reazioni a Cristo che si torneranno a presentare durante la sua vita: odio e paura (Erode), indifferenza (gli scribi) ed adorazione (i Re Magi). Oggi continua ad essere così.
Quello che Erode vede come una minaccia, i Magi lo vedono come un regalo. Quello che gli intellettuali ebrei non vedevano, gli eruditi pagani lo cercarono con fede. I Re Magi erano disposti a fare il viaggio, a lasciare le loro case, a perdere la loro reputazione davanti ai loro colleghi studiosi e a fare quello che fosse necessario per incontrare il Re dei Giudei. Per questo motivo sono un modello da seguire nel nostro Voto di Cattedra.
In questo giorno di oggi, dobbiamo avere la ferma intenzione di essere come i Re Magi, i quali dopo essere stati alla presenza dal Bambino Gesù, cambiarono le loro vite, cercarono giustizia e misericordia, e d’un colpo si trasformarono per il resto dei loro giorni.
Preghiamo Maria, che mostrò ai Re il nuovo Re del mondo (Mt 11), come madre amorosa, affinché porti anche a noi il Cristo e ci aiuti durante il tragitto che conduce a Lui.

Ricordo il nostro padre Fondatore dire che il primo frutto che otteniamo quando ci avviciniamo per ricevere la Sacra Comunione è un frutto apostolico (non sono sue parole testuali): diamo testimonianza della nostra debolezza ed umiltà mostrando la nostra fame e sete per il migliore regalo che Cristo ci ha dato: la sua presenza.
In un modo simile, forse la prima cosa prima che dobbiamo pensare sul Battesimo di Gesù è la sua testimonianza di umiltà ed obbedienza, sottomettendosi ad essere battezzato prima di cominciare il suo ministero pubblico. Gesù fu battezzato in obbedienza al piano di Dio e probabilmente a rischio di perdere la sua reputazione, perché il battesimo di Giovanni era destinato ai peccatori e Gesù essendo il Figlio di Dio non aveva peccato, per cui la sua sottomissione al battesimo significa una manifestazione del suo svuotamento.
Il Papa Benedetto ci ricorda che quello che Giovanni stava amministrando era un atto penitenziale, un gesto di umiltà verso Dio che invitava ad un nuovo principio: immergendosi nell’acqua, i penitenti riconoscevano che avevano peccato, pregavano Dio per la purificazione dei loro peccati ed era chiesto loro che lasciassero la loro vita di peccato, morendo nell’acqua, per così dire, ed alzandosi da essa ad una nuova vita.
Per questa ragione, quando Giovanni Battista vide che Cristo era venuto a battezzarsi coi peccatori, si sorprese; riconoscendolo come il Messia, colui che è senza peccato, Giovanni esprimeva la sua costernazione: egli, il Battista, avrebbe voluto essere battezzato da Gesù.
Dovuto alla sua umiltà ed al suo atto di obbedienza, in quella occasione tanto speciale, il Padre lo rivelò come suo Figlio amato. Teniamo conto che la voce del Padre non parla a Cristo, ma l’identifica come “mio figlio”, il figlio divino conosciuto dal Salmo 2 e dall’ideologia imperiale romana che considerava l’imperatore come divi Filius, il figlio di Dio. Qui, in realtà, fu il vero figlio di Dio che si manifestò. Ancora più, il figlio di Dio si rivela nel contesto del Padre e dello Spirito Santo; si manifesta la gloria della Trinità.
Perché Gesù aveva bisogno di essere battezzato? Questa è una domanda non corretta. Al contrario, dobbiamo domandarci: Perché noi abbiamo bisogno che Gesù sia battezzato? Perché dovevamo sapere queste cose. Come tante volte nella vita di Gesù, l’obbedienza divina, la profonda umiltà, è anche per noi. È un’altra forma che ha di dire: Seguimi! Fu un atto eminentemente pedagogico.
Ricordiamo un esempio commovente di fedeltà a questo atteggiamento di Gesù:
Quando nel secolo XIX esplose la lebbra nelle isole hawaiane, le autorità governative stabilirono una colonia di lebbrosi nella remota isola di Molokai. Le vittime furono strappate con forza dalle loro famiglie ed inviate a questa isola per perire lì. Un giovane sacerdote belga, Damien Di Veuster, chiese permesso ai suoi superiori per servirli. Subito si rese conto che c’era solo un modo effettivo di farlo, e che era andare a vivere tra loro. Al principio, tentò di servire i lebbrosi mantenendo una certa distanza. Ma presto si rese conto che doveva vivere tra loro per guadagnarsi la loro fiducia. Come risultato, egli stesso contrasse la lebbra. La reazione dei lebbrosi fu immediata e sincera. L’abbracciarono e lo portarono nei loro cuori. Egli era ora uno di essi. Non c’era necessità, non aveva senso mantenere una distanza. I lebbrosi avevano qualcuno che poteva parlare con autorità della lebbra, sulla prostrazione, sul rifiuto e la vergogna pubblica. Il vangelo di oggi ci dice come, ricevendo il battesimo di pentimento, Gesù si identificò coi peccatori che era venuto a salvare.
Di nuovo, ci domandiamo Come posso applicare questo atteggiamento nella mia vita? Senza dubbio, la risposta si basa sul concetto di misericordia: il perdono che ho ricevuto e la mia esperienza, benché limitata, di perdono.
Nel suo Battesimo nel Giordano, Cristo rivela se stesso ai peccatori pentiti. Il Battesimo del Signore Gesù è il grande evento celebrato dalle chiese orientali nella festa dell’Epifania perché è l’occasione della prima rivelazione pubblica delle Tre Persone della Santissima Trinità, e la rivelazione al mondo di Gesù come Figlio del Padre.
È necessario insegnare ai bambini ed i giovani a riconoscere Dio come Padre ed a relazionarsi con lui con un atteggiamento filiale. Anche Dio ci dice di loro: questi sono i miei figli nei quali mi sono compiaciuto. L’apertura dei Cieli indica che ci fu (e c’è) un momento del poderoso intervento di Dio nella storia umana e nella vita di suo Figlio e, allo stesso modo, in tutti noi, i suoi figli. Dio non è più molto lontano da noi, non è una realtà da discutere se esista o no, bensì l’importante è che stiamo in Dio e Dio sta in noi. Ci attrae verso se stesso, ci attrae alla vita vera. Egli ci porta attraverso il mare della nostra storia personale, molte volte tanto pieno di nebbia.
Non siamo solo figli di Dio, ma anche i suoi eredi, cioè, godiamo degli stessi privilegi e diritti di Cristo, nostro fratello: E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. (Rm 8, 17).
Egli ci diede il potere di fare le stesse cose: Anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. (Gv 14, 12). Questo potere è lo Spirito Santo che sta vivendo in noi, e che ci è stato dato nel battesimo. Gesù disse ai discepoli: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono… (cf. Mc 16, 15-18).
Nel rito sacramentale del Battesimo, c’è una rinuncia solenne al mondo ed un riconoscimento di Gesù Cristo come Signore. Questa conversione è esattamente quella a cui siamo invitati durante l’Eucaristia quando il celebrante dice: Alziamo i cuori! Pertanto, il Battesimo si estende a tutta la nostra vita.
Non è un atto di un’ora, ma è un viaggio di tutta la vita. In realtà, dietro a questo c’è anche la dottrina delle due forme che fu fondamentale nel cristianesimo primitivo; ci sono solo due forme di vita: una forma alla quale bisogna dire “no” ed un’altra alla quale diciamo “si”. Il cammino della morte e quello della vita.
In questa maniera, la formula positiva del Battesimo è anche un dialogo: non è solo qualcosa per comprendere, è un dialogo di Dio con noi, un’azione di Dio con noi, ed una nostra risposta, come rispondiamo nell’Eucaristia: Li abbiamo alzati verso il Signore; è un viaggio di tutta la vita.
Il battesimo di Gesù ci ricorda la nostra missione: sperimentare la presenza di Dio in noi, riconoscere la nostra dignità come figli di Dio ed apprezzare la presenza divina negli altri onorandoli, amandoli e servendoli con ogni umiltà.