Vangelo secondo San Marco 1,14-20:
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Lasciarono le reti, lasciarono il loro padre…
p. Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes
Roma, 21 gennaio 2024 | III Domenica del Tempo Ordinario
Giona 3, 1-5.10; 1Corinzi 7, 29-31; Marco 1, 14-20
Richiama l’attenzione, nel Vangelo di oggi, l’incontro di Gesù con Simone, con Andrea e con i figli di Zebedeo. Che cosa sarà passato nel cuore di questi uomini per lasciare subito famiglia e lavoro e seguire Cristo? Oltre alla curiosità che sentiamo, oltre al naturale desiderio di sapere che cosa disse loro il Maestro, sta il fatto che seguirono proprio Lui, non una dottrina che non avevano ancora potuto comprendere, o un gruppo che neanche era nato.
Il conoscere Dio faccia a faccia “produce” diligenza. Ci sono altri atteggiamenti come la fretta, l’iperattività o qualche tipo di entusiasmo più o meno volatile, che a volte confondiamo con la diligenza.
La diligenza non implica necessariamente rapidità, ma piuttosto cura e attenzione nel portare a termine un’azione. Ci sono molte persone che si precipitano a realizzare un lavoro (sicuramente perché non li entusiasma) ed i risultati normalmente sono catastrofici: piatti rotti durante il lavaggio; dimenticanze per mancanza di ordine e organizzazione nel lavoro personale; fretta dell’ultima ora per essermi dedicato a quello che mi risulta meno difficile…
In ogni caso, la diligenza, come virtù evangelica, vissuta da Cristo, Maria e Giuseppe, può essere riferita solo ad una persona. Per questo, normalmente si dice classicamente che è una forma o una caratteristica della carità. Un esempio eccellente è la Visitazione di María a sua cugina Elisabetta. O il modo in cui S. Giuseppe risponde a Dio per curare la sua famiglia.
Nei Giochi Olimpici attuali, la Maratona si svolge sempre alla fine dei giochi, ma quando le Olimpiadi cominciarono, la Maratona era spesso la prima prova. Il vincitore della maratona riceveva un mazzo di fiori e poteva sedersi vicino al re durante il resto dei giochi.
In una di quelle antiche maratone greche, vari corridori in buona forma passeggiavano inquieti vicino alla linea di partenza della corsa. Si avvicinava l’ora.
In mezzo a tutto ciò, un giovane sconosciuto si avvicinò alla partenza. Il suo fisico era impressionante. Era più atletico di qualunque altro corridore. Non sembravano esserci dubbi tra i corridori su chi avrebbe vinto il premio. Si dice che fu offerto denaro allo sconosciuto, affinché non corresse. Un’altra persona cercò di comprarlo con dei beni. Rifiutando le offerte, il giovane si preparò ed aspettò il segnale della partenza. Quando il segnale fu dato, egli fu il primo a muoversi. All’arrivo, fu il primo ad arrivare al traguardo, molto prima degli altri.
Quando tutto fu finito, qualcuno domandò al giovane se credeva che i fiori valessero tanto quanto il denaro ed i beni che aveva respinto. Egli rispose: Non ho partecipato alla corsa per i fiori. Ho corso e vinto per poter stare al fianco del mio re.
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La Prima Lettura c’insegna come la nostra mancanza di diligenza può essere rimediata dalla Provvidenza. Giona che riceve un incarico per una difficile missione (predicare il pentimento nella corrotta città di Ninive) dubita e si rifiuta di obbedire, andando verso ovest, in direzione opposta a quella indicata da Dio. Ma, dopo essere stato gettato in mare dai marinai che così speravano di liberarsi dal presunto castigo divino del naufragio, è salvato miracolosamente, si pente ed intraprende, con autentica ed esemplare diligenza, la sua missione, viaggiando e predicando senza più fermarsi per le strade della città e riuscendo ad ottenere la conversione di tutta la città ed il perdono di Jahvè, contro tutti i pronostici e nonostante la propria incredulità.
Se è sorprendente la reazione ed il cambiamento di vita dei pescatori che incontrarono Cristo, lo è anche il pentimento di più di centoventimila persone di Ninive, la città simbolo del male e della perversione (Giona 4, 11). Dentro di te e di me ci sono fango e pietre preziose, tendenze negative ed autentici tesori. Dio sa approfittare di tutto, perfino delle maldestre parole di Giona che neanche finì di percorrere tutta la città di Ninive… secondo il racconto biblico, fece solo un terzo della missione affidatagli, non manifestò “efficacia umana”, ma sì una vera diligenza che ottenne la risposta di Dio.
Condividendo la nostra esperienza mistica, menzioniamo i doni dello Spirito Santo. Uno di essi, la pietà, significa un cambiamento nel nostro modo di amare, di vivere la carità. Senza dubbio, la diligenza è una manifestazione di questo dono, un regalo dello Spirito Santo che va oltre la relativa prontezza o buona disposizione di carattere. Solo Lui è capace di mettere in marcia i nostri talenti, di risvegliare le nostre energie assopite.
Normalmente si fa l’esempio di Davide (1 Sam 24) nell’Antico Testamento. Davide ed i suoi uomini si nascondevano da Saul in una grotta quando, senza saperlo, questi vi entrò. I compagni di Davide gli suggerirono che Dio gli aveva consegnato Saul, e sollecitarono Davide ad ucciderlo, perché era un’opportunità unica. Se Davide uccideva Saul, i suoi uomini pensavano che avrebbero smesso di fuggire e Davide sarebbe diventato re. Ma Davide si rifiutò di fare del male a Saul, perché era “l’unto del Signore”, mostrando non solo compassione, ma anche sapienza e diligenza nel prendere una decisione adeguata, ben oltre la logica del mondo, la sua fretta e le sue passioni. In effetti, la sapienza che viene dall’alto è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia (Gc 3, 17).
È nostra responsabilità accogliere, accettare e mettere in pratica questo dono della diligenza. Non mancano persone veramente spirituali che dicono che quella diligenza nasce quando lo Spirito Santo ci fa veramente coscienti di quello che è importante. E quella è la sapienza. Prendiamo sul serio i doni che riceviamo dunque, come scriveva Herman Hesse nel suo prezioso romanzo Siddhartha (1922): La sapienza non si può trasmettere. La sapienza che un saggio cerca di impartire suona sempre come sciocchezza per l’altra persona…. La conoscenza si può comunicare, ma non la sapienza. Uno può incontrarla, viverla, fare meraviglie attraverso di essa, ma non può comunicarla, né insegnarla.
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La Seconda Lettura ci incoraggia a qualcosa di più che ad approfittare del tempo per fare cose. Piuttosto, è una chiamata affinché NULLA possa trasformarsi nel centro della nostra vita. Niente e nessuno può essere convertito in assoluto, in un idolo. Né il moralmente buono, né ciò che è riprovevole; né la tristezza, né l’allegria; né i beni che sono a nostra disposizione, perfino il meglio della nostra convivenza (colui che abbia moglie, viva come se non l’avesse) perché tutto cambia, tutto sparisce e smette di essere il nostro sostegno.
L’invito di Paolo è quello di una persona che sa cosa vuol dire avere (o avere avuto) capacità intellettuali, buoni contatti, salute sufficiente, energia… ed essere riuscito ad offrire tutto a Dio: il mangiare o il digiunare, il soffrire ed il godere, l’avere buona fama o il ricevere continue critiche e sfiducia. Se siamo coscienti che, in mezzo alla nostra mediocrità, come Giona, siamo stati scelti per essere strumenti di Dio, tutto acquisisce senso, ogni momento diventa prezioso.
Più ancora, notiamo che Gesù comincia il suo messaggio di oggi dicendo che il tempo è compiuto, è facile immaginare che ebbe un impatto enorme sugli ebrei che da anni aspettavano l’arrivo di un Messia capace di guidare il popolo, dopo secoli di re corrotti e viziosi, con poche eccezioni. Questa speranza la proclamano i libri più antichi dell’Antico Testamento: Il Signore regnerà per sempre (Es 15, 18). Cristo dice che quel momento è arrivato e noi sappiamo che in realtà è un processo, un permanente arrivo, che in modo speciale si celebra a Natale, e che ognuno di noi è invitato a vivere con la chiamata di oggi dello stesso Cristo: il tempo si è compiuto.
Questa chiamata alla conversione va unita al credere nella Buona Notizia. Convertirsi non significa semplicemente smettere di fare il male, bensì risvegliarsi all’autentica vita, ad alzare la testa e vedere che ogni incontro con qualunque essere umano è qualcosa di preparato da Dio, una situazione alla quale devo rispondere, un’opportunità che non posso perdere, dunque, benché non senta la presenza di Dio, abbiamo esperienza che ci contempla in ogni istante. Sì; la conversione comincia da un modo nuovo di guardare Dio, il prossimo, il mondo. È cominciare a vedere tutto dalla prospettiva di Dio, del Dio amoroso, paziente, lento alla collera, pieno di bontà ed interesse per le sue creature, del Dio che sa distinguere quello che sembra e quello che è, la cosa effimera dalla cosa duratura.
Una volta, un giornale pubblicò la storia di una donna che una sera stava guidando verso casa, quando si rese conto che un enorme camion era giusto dietro di lei. Pensando che stesse troppo vicino, schiacciò l’acceleratore. Ma anche il camion accelerò. Presto, entrambi andavano a tutta velocità in autostrada. Spaventata, si allontanò dall’autostrada, ma il camion la seguì stando sempre dietro di lei. Il panico la stava soffocando, cosicché arrivò fino ad un distributore di benzina e saltò dall’auto, gridando.
Il camionista si fermò proprio dietro di lei, saltò dal camion, corse verso la sua auto ed aprì la porta posteriore. Lì, rannicchiato dietro il suo sedile, c’era un pericoloso violentatore inseguito dalla giustizia. Il camionista, dalla sua posizione elevata, l’aveva visto. Seguiva la donna, non per danneggiarla, bensì per evitare che la ferissero o l’uccidessero.
La stessa cosa succede con Dio. Egli vede i pericoli che affrontiamo; e conosce il risultato di un corso che abbiamo scelto. Cerca di avvertirci, forse attraverso la coscienza, la voce di un amico, gli avvenimenti, o una persona amata. Dobbiamo semplicemente essere aperti alla sapienza di Dio in ogni situazione.
Diligenza, generosità, decisione nel distacco da quello che è vecchio e incompatibile col mondo futuro, caratterizzano la risposta di coloro che, rispondendo alla chiamata di Gesù, si impegnano nei piani di Dio.
Cominciamo parlando di diligenza. Lorenzo Scupoli (1530-1610), sacerdote e scrittore italiano, scrisse un eccellente libro, Il Combattimento Spirituale, che ebbe influenza su molte persone dell’epoca, compreso San Francisco di Sales. In questo libro possiamo leggere le parole che seguono, molto adeguate per chi si sente ansioso o stanco. Il paragrafo non menziona Dio, ma si indovina che è frutto dell’esperienza di una fedele ed intelligente vita ascetica:
Se ti senti oppresso dalla quantità di lavoro che hai davanti a te e per le difficoltà che nasconde, non permettere che l’indolenza ti scoraggi. Comincia da quello che esiga la tua attenzione immediata e non pensare al resto. Sii molto diligente, perché quando avrai fatto bene quello, il resto verrà con molti meno problemi di quelli che avevi previsto.
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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,
Luis Casasus
Presidente